Irpef, prelievo cresce. Ma non chiamatele tasse…son “contributi”

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 11 Aprile 2015 - 06:38 OLTRE 6 MESI FA
Irpef, prelievo cresce. Ma non chiamatele tasse...son "contributi"

Foto d’archivio

ROMA – La notizia non è di quelle che sorprendono, tuttavia contribuiscono ad accrescere l’indignazione che ha superato da tempo i livelli di guardia. Apprendiamo, infatti, che per l’anno in corso molte Regioni (tra le quali Lazio, Campania, Piemonte, Lombardia, Liguria, Abruzzo, Emilia Romagna) hanno stabilito aumenti sproporzionati ed ingiustificati delle già “ingiustificabili” addizionali Irpef.

Il prelievo cresce, in media, da 337 euro al 389, con varianti poco significative dall’una all’altra Regione, naturalmente tenendo conto dei redditi, quindi si passa da somme minime a somme da capogiro per chi percepisce stipendi e pensioni medio-alti. La percentuale di aumento, comunque, si aggira, intorno al 3,8%. La platea dei contribuenti chiamati a versare tale bizzarro balzello si dilata enormemente: dalle cifre che circolano, a coloro che subiscono l’iniqua vessazione quasi certamente andranno ad aggiungersi altri cinque milioni e mezzo di italiani. Il tutto per far fronte, viene spiegato, alle stratosferiche spese sanitarie che le Regioni non riescono (da tempo immemorabile) a tenere sotto controllo.

Se all’Irpef regionale si aggiunge poi anche quella comunale, che inevitabilmente sarà ritoccata verso l’alto con l’aggiunta di un piccolo “contributo” (non lo chiamano tassa) di cinque euro destinato alle Città metropolitane per chi viaggia, avremo un quadro ancor più fosco della rapina perpetrata ai danni dei cittadini ai quali Renzi, nello stesso momento, promette alleggerimenti fiscali.

Se si considera, come abbiamo scritto più volte, che le casse degli enti locali sono vuote soprattutto per la faciloneria di amministratori che dedicano risorse al finanziamento di inutili e perfino dannose (per l’ambiente, la vivibilità, la sicurezza) kermesse folcloristiche o pseudo-culturali – ci avete fatto caso quanti Comuni hanno improvvisamente scoperto filosofia, letteratura, psicoanalisi al punto da dedicare queste discipline festival costosissimi affollati da studiosi dei quali alle popolazioni non può fregare di meno? – è innegabile che lo sconcerto monti e la politica venga vista come “nemica”. Le Regioni, inoltre, sono diventate in quarantacinque anni dalla loro istituzione, le strutture più elefantiache della pubblica amministrazione al cui dissesto finanziario siamo costretti a soccorrere da una Stato centrale che non può dare nemmeno un centesimo in più a queste vere e proprie idrovore. Se la Sanità è certamente la maggiore responsabile della voragine, non si può dimenticare che sono molte altre le competenze sottratte alla Stato, anche grazie al dissennato federalismo ed alla riscrittura davvero demenziale del Titolo V della Costituzione, per la cui gestione gli amministratori regionali sono obbligati a prelevare denaro dalle tasche di chi non può sottrarsi.

I festini, la corruzione, gli sperperi di cui quotidianamente apprendiamo, consumati negli ambiti locali dove peraltro si appalta allegramente nella certezza dell’impunità, non sono che il contorno della negligente colpevolezza di quanti sono chiamati a gestire macchine complesse come le Regioni ed i Comuni e che qualcuno deve pur pagare. Ecco l’orrida filosofia delle “addizionali”.

In questo sfacelo affonda l’Italia di Renzi (ma chi lo ha preceduto si è mosso alla stessa maniera) alle cui promesse finora non ha fatto seguito neppure una concreta realizzazione. Ma quel che più lascia stupefatti è che non vi sia uno straccio di opposizione alla pressione fiscale generale, regionale e comunale che sta impoverendo gli italiani ben oltre di quanto dicano le statistiche già abbondantemente allarmanti. Siamo soli, dunque, indifesi ed anche molto incazzati. Ne prendano atto partiti vecchi e nuovi che, di fatto, sono soltanto pateticamente inutili.