Pdl, il partito dove nessuno sa niente. Azzerare, ma azzerare cosa?

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 6 Ottobre 2012 - 11:33 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Azzerare. D’accordo. Ma come? Ripartendo da che punto? Per arrivare dove? Con quali idee, progetti, prospettive, visioni? Temo – e dovrebbero temerlo tutti coloro che hanno a cuore i destini del Paese, indipendentemente dalle appartenenze politiche – che nel Pdl, a cominciare da Berlusconi, nessuno ha la più pallida idea di che cosa dovrebbe diventare il cumulo di macerie che non ha più neppure le sembianze di un partito, semmai le ha avute.

Perciò sentir cantare tutti un motivo diverso dall’altro fa una certa impressione ed ingenera un fastidio quasi fisico. Chi proviene da Forza Italia manifesta il proprio disagio ed auspica un ritorno allo “spirito del ’94” come se si potessero mettere indietro le lancette dell’orologio, per di più sono divisi tra di loro da barriere insormontabili: c’è chi vorrebbe un Monti bis e chi lo avversa, altri sognano ancora il Cavaliere al comando e si scontrano con quelli che immaginano una rivoluzione generazionale, ci sono poi i sostenitori di una ricomposizione con la Lega e quelli che vorrebbero fuori dalle scatole gli ex-postmissini, in tanti aspirano alla costruzione di un grande Centro con Casini (ma dovrebbero prendersi pure Fini) ed immaginano che Montezemolo (ultima infatuazione del Capo) possa essere il ricucitore delle anime moderate (e agonizzanti) ignorando che il presidente della Ferrari non ne vuol sapere di mettersi con i perdenti di oggi e di domani.

Coloro che che da An provengono, invece, sono tentati (non tutti a dire la verità: Matteoli, per esempio, non ne vuol sentir parlare) di ricostruire una piccola formazione di destra, forse alleata con Storace e partecipata anche da qualche elemento di Fli che ha capito con ritardo che al leader scissionista del partitino fondato nell’estate di due anni fa non è mai importato molto, diversamente si sarebbe dimesso da presidente della Camera ed avrebbe guidato quella che, agli esordi, faceva apparire come una sorta di “nuova destra”, senza peraltro precisarne mai i contenuti ed i valori di riferimento.

Una destra sarebbe auspicabile, comunque. Ma che forma dovrebbe prendere, chi dovrebbe guidarla, con quali risorse organizzarla perché si possa adeguatamente presentare alle elezioni politiche in aprile? Nessuno sa dirlo. Soprattutto, nessuno di coloro che fin qui sembrano utilizzare la prospettiva della sua rinascita, ha abbozzato delle linee-guida intorno alle quali far nascere un partito credibile che pure una sua base elettorale non trascurabile ce l’ha certamente. Oltretutto il tempo stringe e le manovre degli ex-colonnelli non sembrano particolarmente incisive. Resta, tuttavia, sullo sfondo la prospettiva e chissà che per vie traverse, bypassando cioè le vecchie nomenklature e mettendo da parte antiche idiosincrasie, non prenda consistenza.

Ci sono poi i cosiddetti “formattatori” del Pdl, l’ultima generazione di un partito mai nato. Sono perlopiù amministratori locali giovani e rampanti, da quel che mi par di capire vogliosi di proporsi come protagonisti di una rinascita dai contorni al momento imprecisati. Non saprei dire dove intendono andare, né quali idee vorrebbero portare avanti. Ho l’impressione che trascurino la cultura politica ritenendo che l’azione amministrativa basti e avanzi per costruire un soggetto politico. È bene che ci siano: se qualcuno avesse saputo sfruttare una tale risorsa forse il Pdl non sarebbe a questo punto.

Difficile dire il ruolo che intendono giocare i gruppi e gruppetti lib-lab, cattolici, liberisti duri e puri. Ma sono in movimento. Non amano Monti eppure lo subiscono; hanno in uggia la corte del Cavaliere, ma non disdegnano di frequentarla; guardano in cagnesco tutti gli altri, ma disciplinatamente non creano problemi ai gruppi parlamentari.

Sul territorio è tutta un’altra musica. Le fazioni contrapposte se le danno di santa ragione. È tutto un rivangare incomprensioni e risentimenti. Nessuno dal vertice del partito ha cercato di mettere un po’ d’ordine in un casino dalle proporzioni inimmaginabili.
Se questo è il quadro – al netto degli scandali, delle camarille, delle faide di cui si sa tutto – chi, come e quando riuscirà a ricomporre le tessere di un mosaico confuso, finito in mille pezzi? Un federatore, insomma, per ridare vita ad un nuovo centrodestra dove lo si trova?

Su questi interrogativi s’infrangono le migliori intenzioni. Una federazione era possibile ancora fino ad un anno fa, dopo aver fatto pulizia e aver ridato decoro ad una formazione politica improvvisata, raccogliticcia, senz’anima. Adesso è tardi. Chi si vuol fare un partito lo faccia, consapevole però che i tempi sono lunghi e la pazienza della gente è finita.