Pdl con Monti e con Berlusconi e anche Santanché: obiettivo disastro

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 17 Dicembre 2012 - 11:35 OLTRE 6 MESI FA
Mario Monti (LaPresse)

ROMA – Con Monti, ma anche con Berlusconi. Con il Pdl, ma anche con i secessionisti. Con il governo dei tecnici, ma è stato meglio averlo fatto cadere. C’era da restare sbalorditi domenica mattina ascoltando i pensierini che i promotori di “Italia popolare” hanno offerto alla platea per chiamare il premier a ricoprire il ruolo di “federatore” di un nuovo centrodestra.

Dubitiamo che dopo cotanta confusa perorazione Monti risponda all’appello di Alfano e soci. Oltretutto, il segretario del partito che il 7 dicembre ha solennemente sfiduciato Monti in Parlamento con la formuletta tartufesca della “non sfiducia”, non ha ritenuto che sarebbe stato quantomeno opportuno riconoscere di aver esagerato nella sua intemerata contro il governo, i cui provvedimenti fino a quel momento aveva appoggiato, sostenuto, emendato e votato, e ritornare sui suoi passi.

Come se nulla fosse accaduto, ha appunto invitato Monti ad assumere la guida dei “moderati”. Qualcuno, non discostandosi dalla realtà, ha commentato: “È come se Mussolini avesse organizzato una festa per Badoglio”. Alfano, inoltre, non ha rinunciato a Berlusconi cui si affiderà nella compilazione delle liste che potrebbero non andare bene al “federatore” qualora accettasse di essere comprimario nella diarchia che i “montiani” immaginano non senza sprezzo del ridicolo.

Altro sarebbe stato se avessero rotto con Berlusconi, come hanno invece promesso di fare Giorgia Meloni e Guido Crosetto, in una parallela manifestazione all’insegna del “né con Monti, né con Berlusconi”. Invece quelli di “Italia popolare” vogliono tenersi stretti tutti, anche Bondi e la Santanché, incuranti delle differenze e delle antipatie, ritenendo che tutto comunque prima o poi cambierà. L’appello finale di Alfano all’unità del Pdl, partito irrimediabilmente frantumato, scomposto ormai in almeno quattro tronconi, non so se sia stato più patetico o esilarante. A testimonianza che il vagheggiato “soggetto unitario” non è mai nato e ciò che delle sue macerie rimane sopravviverà precariamente in altre forze politiche, in aggregazioni eterogenee, in gruppuscoli scarsamente rilevanti.

Scomporre per ricomporre dovrebbe essere la soluzione in questi frangenti. Non per vincere le elezioni, ma quantomeno per porre le premesse per la ricostruzione di un centrodestra de-berlusconizzato. E, possibilmente, affrancato dall’ipoteca antieuropeista che elementi destabilizzanti hanno sparso a piene mani nelle ultime settimane sul gracile corpo del Pdl. Ci si attendeva almeno questo da Alfano che, al contrario, si è limitato ad una innocua mozione degli affetti, dando quasi l’impressione di non credere a ciò che diceva. Non è così che si può sperare non dico di convincere Monti, ma almeno di avere un ruolo nella vita politica italiana.

I voti del Pdl saranno di chi se li prenderà. Se Alfano e tutti gli altri se li volevano tenere e “giocarli” nella partita elettorale dovevano pensaci prima dell’improvvida uscita di dieci giorni fa. Ma anche domenica scorsa qualcosa poteva essere rimediato: bastava che rompessero definitivamente e chiaramente con l’agonizzante berlusconismo per sperare in un nuovo inizio. Non è accaduto. La palude si allarga.