Fillon ovvero la Caporetto dei gollisti: faceva il moralista, ora il Berlusconi antigiudici

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 1 Marzo 2017 - 14:05 OLTRE 6 MESI FA

PARIGI – Fillon ovvero la Caporetto dei gollisti: faceva il moralista, ora il Berlusconi antigiudici”. Chi immagina un solo istante il generale de Gaulle sotto inchiesta?“. Lo scorso 28 agosto, François Fillon aveva trovato la frase a effetto per attaccare Nicolas Sarkozy, impelagato in diverse inchieste giudiziarie. Il 15 marzo sarà lui a ricevere un avviso di garanzia per lo stipendio, pagato con soldi pubblici, a moglie e figli, assunti come assistenti parlamentari. Il 18 toccherà alla moglie.

Dopo una mattinata di consultazioni con gli altri leader della destra, Fillon ha deciso di resistere, di appellarsi al suffragio universale contro i giudici. E’ un vecchio vizio dei politici, basti pensare a Silvio Berlusconi. Ma al di là del diritto e delle polemiche sul comportamento dei magistrati, è stato lo stesso Fillon a portare la campagna delle primarie della destra sul piano della morale: adesso, quelle somme versate a mogli e figli (attorno a 900 mila euro) pesano come un macigno sulla sua campagna.

Il primo turno delle presidenziali è fissato per il 23 aprile e tutti i sondaggi dell’ultima settimana danno in testa la leader dell’estrema destra, Marine Le Pen, e l’ex ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, che chiama a raccolta i « progressisti » di destra e di sinistra. Fillon arranca in terza posizione, i candidati della sinistra sembrano senza speranza. Il leader della destra cattolica aveva detto un mese fa di essere pronto a ritirarsi se fosse stato incriminato, da alcune settimane ha cambiato parere. La sua campagna è però diventata un calvario. Nessuno ascolta più le sue proposte, i suoi stessi militanti sono scoraggiati, la destra comincia a temere una Caporetto.

In questa folle campagna presidenziale, in cui niente è come previsto, può capitare ancora di tutto. La stessa Marine Le Pen è circondata dai giudici per finanziamenti illegali al suo partito, alcuni suoi stretti collaboratori (e amici) hanno ricevuto un avviso di garanzia, ma lei disprezza i giudici, rifiuta di rispondere alle loro convocazioni, protetta dall’immunità di parlamentare europea. E nei sondaggi resta stabile al 25-27 per cento, il suo elettorato le è fedele. Non è così per Fillon, crollato nelle ultime cinque settimane.

In questo momento, l’unico candidato in grado di difendere la bandiera della democrazia, dell’Europa e delle frontiere aperte sembra Macron, su cui nessuno avrebbe scommesso appena pochi mesi fa. Un candidato fragile, con un programma ancora vago e senza una vera struttura politica. Tutto può ancora accadere, Fillon ha ancora un piccolo margine per rimontare. Certo, lo spettacolo è sconfortante, anche la democrazia francese è malata: la sinistra è a pezzi, la destra democratica è costretta a tenersi un candidato sotto inchiesta e all’orizzonte si staglia il profilo della Donna Nera. C’è poco tempo per fermarla.