Jacques Chirac, trasformista ma con principi forti: no a Le Pen e ai nazisti

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 26 Settembre 2019 - 18:44 OLTRE 6 MESI FA
Jacques Chirac, trasformista ma con principi forti: no a Le Pen e ai nazisti

Jacques Chirac in una foto d’archivio ANSA

PARIGI – Jacques Chirac era nato troppo tardi. Sarebbe stato un politico perfetto per il parlamentarismo della III Repubblica, fatto di colpi bassi, tradimenti e trasformismo. Sotto la V Repubblica, invece, ha dovuto obbedire al rigido bipolarismo destra-sinistra imposto dal sistema semi-presidenziale.

Per lui era come un vestito stretto. Non a caso è stato un po’ di tutto : gollista sociale alla fine degli anni Sessanta e poi traditore del suo partito nel decennio successivo, quando favorì l’elezione del liberale Giscard d’Estaing ; liberista reganian-thatcheriano a metà anni Ottanta ; fautore di una politica di sinistra nella vittoriosa campagna elettorale del 1995, subito rinnegata in nome delle regole europee ; anti-europeista a un’epoca e poi fortemente europeista. Senza dimenticare che da giovane aveva perfino venduto per strada l’Humanité, organo del Partito comunista. Come i radical-socialisti della Terza Repubblica, Chirac è stato tutto e il suo contrario pur di restare fedele al suo unico obiettivo : occupare le stanze del potere.

Più volte ministro, due volte capo del governo sotto Giscard e Mitterrand, diciotto anni di regno assoluto come sindaco della capitale, dodici anni all’Eliseo : Renzi e Grillo avrebbero avuto un bel daffare per riuscire a cacciarlo dalla scena politica. Ha tradito ed è stato tradito senza mai batter ciglio. Non a caso lo avevano soprannominato il bulldozer. Era disinvolto come pochi altri. Lo era con le donne e i suoi amori fugaci (“cinque minuti, doccia compresa”, era la battuta che circolava su di lui). E lo era con il denaro : una volta uscito dall’Eliseo, è stato l’unico presidente ad essere stato condannato a due anni di carcere con la condizionale per i finanziamenti illeciti procurati al suo partito quando guidava il municipio parigino. Ciò nonostante, è sempre piaciuto. Aveva carisma ed empatia. Stringeva la mano a tutti e si comportava come se conoscesse benissimo tutti. Non lesinava le pacche sulle spalle a destra e a manca. E i francesi gli erano affezionati. François Mitterrand, il grande avversario che lo aveva sempre battuto, ammirava la sua tenacia, il suo fiuto politico, il suo rapporto quasi carnale con il Paese: “Quell’uomo ha preso la Francia in braccio”, disse di lui.

Eppure, è difficile dire cosa resti della sua azione politica. I suoi dodici anni all’Eliseo sono stati un lungo regno senza una vera bussola. Certo, nel 1995 fu il primo capo dello Stato a riconoscere la responsabilità del Paese nella deportazione degli ebrei durante l’Occupazione, in particolare con la tragica retata del 16 luglio 1942: “La Francia, patria dei Lumi e dei diritti dell’uomo, terra di accoglienza e di asilo, la Francia, quel giorno, commise l’irreparabile. Mancando alla sua parola, consegnò i suoi protetti ai loro boia”. Parole che nessuno dei suoi predecessori aveva mai osato pronunciare. Poi, nel 2003, si oppose con lucidità alla guerra in Iraq voluta George Bush, impedendo così la benedizione dell’Onu a quella sciagurata impresa.

Per il resto, c’è ben poco da segnalare. Costretto a una coabitazione di cinque anni con il governo del socialista Lionel Jospin, fu rieletto nel 2002 grazie a un ballottaggio con Jean-Marie Le Pen, leader dell’estrema destra e suo intimo nemico. Anche se almeno in un’occasione fu tentato dall’idea di scendere a patti, va dato atto a Chirac di non aver mai teso la mano al Fronte nazionale. Tentennò, invece, su tutto il resto. Anche il suo europeismo era confuso, mai veramente spiegato e razionalizzato : non a caso perse il referendum del 2005, che mise una pietra tombale sulla Costituzione europea.

In fondo, Jacques Chirac è stato prigioniero delle contraddizioni del suo Paese, incapace di scegliere tra dirigismo e liberalismo, apertura al mondo e ripiegamento nazionale, contrasto tra le grandi città dinamiche e i territori desindustrializzati abbandonati al loro destino, libero nei costumi e a volte tradizionalista. Ma ha superato le contraddizioni grazie alla simpatia e alla sua umanità. Può sembrar strano dirlo : abituato a tutti colpi bassi, era sinceramente colpito dalle disgrazie umane, non faceva mai mancare la sua partecipazione al dolore altrui, pubblico o privato che fosse. Per questo, forse, i francesi gli hanno sempre perdonato tutto e in queste ore lo ricordano con grande simpatia.