Le Pen o Macron? La Francia si chiede: chi sarà presidente nel ’22, analisi di partiti e candidati

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 25 Aprile 2021 - 12:36 OLTRE 6 MESI FA
Le Pen o Macron? La Francia si chiede: chi sarà presidente nel '22, analisi di partiti e candidati

Le Pen o Macron? La Francia si chiede: chi sarà presidente nel ’22, analisi di partiti e candidati

I francesi non vogliono un nuovo duello Macron-Le Pen alle presidenziali del prossimo anno. Ma tutti i sondaggi dicono che saranno proprio loro due a disputarsi, per la seconda volta, l’Eliseo. Non perché siano considerati due giganti, ma perché i loro avversari, in confronto, sembrano nani.

Le inchieste di opinione registrano lo stato d’animo attuale del Paese, destinato a cambiare nel tempo. Ma mettono a nudo l’inconsistenza di repubblicani e socialisti, i due partiti tradizionali spazzati via nel 2017. E ancora oggi incapaci di indicare una linea politica alternativa. Ragionare oggi sulle presidenziali, il cui primo turno dovrebbe svolgersi il 21 aprile 2022, è certamente un esercizio astratto.

Eppure, il mondo politico transalpino non pensa ad altro, anche se nessuno, in piena pandemia, osa parlarne troppo.

   La situazione non aiuta certo il dibattito, ma il Paese non è tenero con i suoi esponenti politici. L’ultima grande inchiesta di opinione di Le Monde, affiancato da due grandi centri di studi politici, conferma la scarsa stima dei francesi per i loro rappresentanti, di governo come di opposizione. Ma conferma anche la disillusione: nessuno pensa che la crisi sanitaria sarebbe stata gestita meglio da altri, nessuno vede una vera alternativa. Per ora, Macron e Le Pen sono largamente in testa.

   Per quanto molto criticato, la popolarità del presidente è molto più alta dei suoi due immediati predecessori (François Hollande e Nicolas Sarkozy) dopo quattro anni all’Eliseo. Conta naturalmente il ruolo protettivo del capo dello Stato nei momenti di crisi. E contano anche i tanti soldi sborsati per la disoccupazione e il sostegno alle aziende in questi tredici mesi abbondanti di pandemia.

Per Emmanuel Macron il vero rischio sarà la virata di fine anno, quando si spera che il virus non condizioni più la vita quotidiana e che la ripresa economica diventi una realtà. Indicare una prospettiva, liberarsi dal bilancio di un primo mandato e far di nuovo sognare il Paese non sarà semplice. La tradizione, del resto, è contro di lui: solo due presidenti in carica sono stati rieletti, François Mitterrand e Jacques Chirac, entrambi quando erano in ‘coabitazione’ con un governo di segno politico opposto. Nessun altro è riuscito a riconquistare il favore popolare. De Gaulle fu un caso a parte: la prima volta, nel 1958, fu eletto da un collegio di grandi elettori e non a suffragio universale.

Marine Le Pen unica minaccia per Macron

   L’unica vera oppositrice di Macron, allo stato attuale, è Marine Le Pen. In quattro anni è riuscita a far dimenticare una parte delle sue debolezze. Ha messo da parte la sua proposta di abbandonare l’euro, relegato in qualche polveroso armadio l’idea di un referendum per l’uscita dall’Europa. Ha cercato di darsi un’immagine di leader di una destra dura ma dentro il gioco democratico. Una strategia che sembra funzionare, se non altro perché nel mondo politico francese è stata l’unica a non aver mai fatto parte di una maggioranza parlamentare. Ciò le permette di presentarsi come la sola alternativa.

   Macron e Le Pen raccolgono nei sondaggi tra il 24 e il 28 per cento dei suffragi ciascuno, almeno per il momento. Sono in largo vantaggio anche perché non emerge nessun altro candidato carismatico, né a destra, né a sinistra. I repubblicani sono incastrati fra un Macron che ha sedotto l’opinione moderata di centro-destra e una Le Pen che sorride alla frangia più conservatrice. Sono incapaci di trovare una linea politica credibile e irriducibilmente orfani di un Sarkozy impelagato in più di un guaio giudiziario. Almeno quattro personalità sperano di conquistarsi la candidatura, ma solo Xavier Bertrand, peraltro fuori dal partito, sembra avere un certo peso nei sondaggi.

   La sinistra non sta meglio. Considerando anche l’ala radicale, raccoglie meno del 30 per cento delle intenzioni di voto. E i candidati sono almeno quattro, di cui nessuno è per il momento in grado di superare il 10 per cento. Nemmeno la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo. Ci vorrebbe un candidato unico, almeno tra socialisti ed ecologisti, ma le beghe sono tante e le ambizioni personali pure.

   Tutto ciò, naturalmente, va preso con le molle. Compresi i sondaggi per il ballottaggio presidenziale, ancor più astratti di quelli per il primo turno. Certo, quasi la metà degli elettori di sinistra dice di volersi astenere di fronte a una scelta tra Macron e Le Pen.

Ma allo stato attuale dei fatti è ragionevole pensare che alla fine l’idea di una Le Pen all’Eliseo sarà sufficiente per spingere una parte consistente del popolo di sinistra a sbarrare il passo alla leader di estrema destra.

In ogni caso, c’è ancora tempo e le elezioni regionali e provinciali di giugno daranno forse un’idea dei rapporti di forza, perlomeno all’interno di destra e sinistra. Poi, in autunno, entreremo davvero nel vivo della battaglia. A condizione che il virus non torni a dominare le nostre vite dopo la probabile pausa estiva.