Mitterrand presidente della Francia, 10 maggio 1981: cosa è cambiato per l’Europa in questi 40 anni

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 10 Maggio 2021 - 11:59 OLTRE 6 MESI FA
Mitterrand presidente della Francia, 10 maggio 1981: cosa è cambiato per l'Europa in questi 40 anni

Mitterrand presidente della Francia, 10 maggio 1981: cosa è cambiato per l’Europa in questi 40 anni

La data del 10 maggio 1981 dice poco fuori dei confini francesi. Di primo acchito, ben pochi sanno che quel giorno François Mitterrand è stato eletto presidente della Repubblica. E’ una data non solo francese, perché ha solidificato in Europa un ciclo di alternanze tra destra e sinistra, indispensabile a una democrazia normale.

Era stata la Germania ad aprire la strada, il 28 settembre 1969. Vent’anni dopo la creazione della Repubblica federale tedesca, il socialdemocratico Willy Brandt conquista la cancelleria, fino ad allora detenuta esclusivamente dai cristiano-democratici.

Mitterrand compie la stessa impresa. 23 anni dopo la creazione della V Repubblica, costruita su misura per il generale de Gaulle, la sinistra arriva all’Eliseo con una vittoria impensabile appena pochi mesi prima.

Nel dicembre 1982, a Madrid, il socialista Felipe Gonzalez, chiamato da Juan Carlos a presiedere il governo spagnolo, dà un volto compiuto alla neonata democrazia iberica. Sette anni dopo la morte di Franco e la lunghissima notte della dittatura seguita alla guerra civile (1936-39).

Solo l’Italia, tra i grandi paesi dell’Europa continentale, resterà fuori da quella sequenza. La guerra fredda e l’esistenza di un forte Partito comunista, riformista ma pur sempre legato a Mosca, impedirà la normalizzazione della democrazia italiana. Un’assenza di alternanza che il Paese pagherà duramente con il terrorismo, la corruzione, l’indebitamento alle stelle.

   L’arrivo di Mitterrand all’Eliseo, quarant’anni fa, non è dunque un fatto solo francese. All’inizio, è addirittura un fatto dirompente. Il leader socialista vince con il sostegno della sinistra e soprattutto del Partito comunista francese, ancora legatissimo a Mosca. E che ciononostante ottiene quattro discasteri nel governo guidato da Pierre Mauroy.

Il programma  iniziale di Mitterrand

Il suo programma è basata su un rilancio della domanda e sulle nazionalizzazioni delle grandi industrie e di quasi tutte le banche. Una strada a controcorrente in un Occidente in cui dominano le teorie monetariste difese da Margaret Thatcher e Ronald Reagan.

Luigi Spaventa, uno dei nostri maggiori economisti di quell’epoca, trovò una formula geniale per definire quella stagione mitterrandiana: « L’espansione in un solo paese ». Riferimento alla contraddizione tra una politica espansiva in una fase mondiale di rigore. E allusione alla celebre formula stalinista del «socialismo in un solo Paese».

   Quella fase durò poco. All’inizio, Mitterrand mantenne le promesse. Nazionalizzazioni, 39 ore settimanali pagate 40, la quinta settimana di ferie pagate, lo statuto dei lavoratori. (In gran ritardo rispetto all’Italia).

La sinistra socialista emarginata

Ma nel 1983, messo alle strette dalle svalutazioni a ripetizione e dall’insostenibilità della sua politica economica, prese una decisione storica per tutto il continente. Emarginò l’ala sinistra del Ps. Scelse di restare nel Sistema monetario europeo. E diede vita a quella politica che culminò, dopo la riunificazione tedesca, nell’euro e nell’Unione europea.

L’invenzione francese del tetto del deficit

Non fu sempre una politica senza errori (il 3 % di limite ai deficit pubblici fu inventato dai francesi senza basi razionali). Ma quella scelta, drammatica sul piano interno perché metteva fine a tutte le illusioni su un qualche modello socialista, fu determinante per tutti gli europei.

L’errore più grave fu un altro. Mitterrand non ammise mai di aver cambiato strada e rifiutò qualsiasi aggiornamento ideologico. Una mossa costata cara ai socialisti, ancora oggi incapaci di assumere fino in fondo le scelte pragmatiche e riformiste dei loro Governi.

   François Mitterrand fu per tutta la sua vita un personaggio zigzagante e non è questa la sede per ripercorrere la sua vita e le sue contraddizioni. Basterà dire che sul fronte interno legittimò definitivamente la Quinta Repubblica. Lui nel 1964 bollò il sistema istituzionale creato da de Gaulle come un « colpo di Stato permanente ». Eppure seppe talmente bene vestire i panni di quel sistema da restare 14 anni all’Eliseo. Un record ineguagliato, malgrado due coabitazioni con governi di destra.

Sul fronte estero, fece della costruzione europea e dell’amicizia franco-tedesca la sua bussola. Malgrado molti tentennamenti al momento della riunificazione, Mitterrand riuscì a dare un indirizzo omogeneo a quel susseguirsi di scosse provocate dalla caduta del Muro. L’unità tedesca in cambio della moneta unica. La prospettiva di una maggiore integrazione politica europea (ancora da realizzare), l’idea di un’Europa come protagonista politica sullo scacchiere planetario.

Il sogno dell’Europa di Mitterrand

   Non tutto è andato come aveva previsto o sperato, la costruzione europea è piena di spine. Ma il suo lascito è stato decisivo su questo fronte. Detestato o idolatrato, è senza dubbio il presidente che ha segnato l’ultimo cinquantennio francese.

Per i pochi socialisti di oggi (il Ps vale solo il 5-6%) rappresenta la nostalgia di un’epopea ormai lontana. Per la destra la fine, mai veramente digerita, di un monopolio del potere. Se il generale de Gaulle è diventato col tempo una figura consensuale, Mitterrand resta l’uomo più discusso della Quinta Repubblica.