Giornali di carta, morte imminente? Bruno Tucci: Meno ricchi ma vivranno anche senza i Bocca e i Corradi e i Valli
Pubblicato il 21 Febbraio 2021 - 08:02 OLTRE 6 MESI FA

Giornali di carta, morte imminente? Bruno Tucci: Meno ricchi ma vivranno anche senza i Bocca e i Corradi e i Valli
Gornali di carta prossimi alla fine? Lo si legge almeno un paio di volte la settimana. Che i giornali di carta sono in agonia o meglio stanno per morire. In un paio di anni o forse più non ce ne sarà più traccia. Qualche giorno fa lo stesso direttore di Blitz è voluto intervenire sull’argomento dando per scontata questa previsione. Si dice che ormai i social hanno preso il sopravvento, arrivano prima all’utente che, inoltre, non ha più voglia di andare in edicola il giorno dopo per comprare un prodotto già vecchio e superato. E’ la teoria sostenuta soprattutto da un collega di grande spessore come Enrico Mentana, direttore del tg de La7.
Non solo, ma dello scottante problema si sono anche interessati quotidiani autorevoli d’oltreoceano. Essi ritengono che questo tipo di giornalismo scomparirà nel giro di qualche anno.
E’ chiaro che questa opinione non può piacere a gente come il sottoscritto che ha passato oltre 45 anni nella redazione di un giornale. Un tempo si respirava in tipografia l’aria del piombo, ci si lambiccava il cervello perché un titolo aveva troppe battute e bisognava ridurlo. O perché ogni riga (di un titolo) doveva avere un senso compiuto. Oggi queste difficoltà non esistono più. Diventa tutto più facile. A discapito dei contenuti? Spetta ai lettori rispondere. Perché la maggioranza ha sempre ragione anche quando si ritine l’esatto contrario.
Scompariranno dunque i giornali? Dovremo dire addio ad un’abitudine con cui chi ha i capelli bianchi ha convissuto? Però, non è questo l’interrogativo di fondo. Ci si interroga sul fatto che i giornali non hanno più nessun motivo di esistere.
Non la penso così: i giornali vivranno
Chi scrive non la pensa così e tenta in tutti i modi di dimostrare il contrario. Cominciamo dalle opinioni. Quando al mattino andiamo in edicola a comprare il nostro quotidiano leggiamo il più delle volte qual è il convincimento dell’autore. Per verificare se coincide con il nostro oppure no.
E ci rallegriamo con noi stessi quando la nostra opinione e quella dell’articolista coincidono. Se c’è disparità di vedute va bene lo stesso perché cercheremo di comprendere perché sul medesimo argomento non ci si trova d’accordo. Nasce in ognuno di noi il desiderio del dibattito che solo un giornale può darti. I twitter, facebook saranno certamente più veloci. Ma a volte la semplice notizia non soddisfa la nostra curiosità. E vorremmo saperne di più. Dunque, a chi ritiene che il cartaceo sia ormai sul viale del tramonto, si potrebbe obiettare che l’utente spesso e volentieri non si accontenta di conoscere un fatto. Ma vuole analizzarlo, ne vuol discutere e vedere se quel che lui pensa sia giusto o sbagliato.
Alberto Moravia diceva
Alberto Moravia diceva che il giornale è come il cappuccino del mattino. Si prende e basta. Potrebbe sembrare un’affermazione superficiale. Ma non lo è, perché con la tecnologia si ha sicuramente una informazione più veloce, però essa è scarna, non approfondisce nulla e lascia chi ascolta o chi legge insoddisfatto.
C’è poi l’importanza della carta e della possibilità di un archivio anche per chi non ha dimestichezza con un computer. Si ritagliano gli articoli, si raccolgono in un album. E quando con la memoria vai indietro nel tempo e vuoi ricordare come e perché successe quel determinato avvenimento ti viene in soccorso l’articolo che hai ritagliato e l’opinione di chi lo ha scritto.
Vogliamo rammentare i giornalisti del tempo che fu? L’elenco riempirebbe due o tre quotidiani. Montanelli, Bocca, Biagi, Fallaci, Corradi e tanti altri che hanno scritto reportage che non moriranno mai nel tempo. No, i giornali di carta sopravviveranno ed avranno una vita felice anche se i loro bilanci non saranno più come quelli di una volta.