Poletti, le lauree, gli anni..e la coda di paglia dei somari

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Novembre 2015 - 16:11 OLTRE 6 MESI FA
Giuliano Poletti

Giuliano Poletti (foto LaPresse)

Giuliano Poletti, ministro del lavoro e del welfare, ha detto una banalità, una ovvietà, qualcosa che in un paese (e in una informazione) meno isterici e pettegoli sarebbe stata salutata da un corale…embè?! Invece c’è stato stupore e ovviamente sdegno e certamente polemica e sicuramente protesta. Perché Poletti ha detto niente meno che…una cosa che al tempo di Quelli della notte di Renzo Arbore sarebbe stata puro “catalan-pensiero”, ha detto niente meno che…laurearsi a 28 anni con 110 e lode serve meno sul mercato del lavoro che laurearsi a 22 anni con 97!

Ovviamente stupore e sdegno verso questa insopportabile e maleducata e insensibile e offensiva cosa che è la realtà. Affacciarsi sul mercato del lavoro, soprattutto quello qualificato, a 29/30 è un handicap pesante, una palla al piede, un ritardo che non recuperi soprattutto se ti confronti con il mondo oltre le frontiere del cortile di casa. Ma come si permette mai la realtà di offendere le aspettative e l’orgoglio di italiani mamma e papà che vogliono il figlio/figlia con il “pezzo di carta” arrivi quando arrivi? E come si permette mai la realtà di insolentire, disturbare il ragazzo/ragazza che sta facendo l’Università prendendosi i…suoi tempi? Lo vogliamo stressare questo lavoratore della mente imponendogli niente meno che un calendario degli esami? Vogliamo soffocare la sua autonomia? Non sia mai!

Quindi Poletti stia molto attento a maneggiare, esporre, mostrare quell’impudica cosa che è la realtà. Perché la realtà, lui che è ministro dovrebbe saperlo, offende il comune senso del coprirsi l’un l’altro e accomodarsi tutti. All’incauto Poletti la sarcastica replica: zitto tu che neanche ti sei laureato. E al reale, alla realtà una pernacchia formulata tra gli applausi di universitari, laureandi (con calma), sindacati studenteschi, famiglie sindacalisti dei figli…e del web ovviamente. E d’inerzia gli applausi alla pernacchia a Poletti anche di molti giornali: Poletti come Fornero e Padoa Schioppa, la terza puntata di gaffes governative sui giovani: i bamboccioni, i choosy…

Nessuno stupisce né sdegna né si preoccupa o occupa invece della vera colossale gaffe che una generazione sta perpetrando ai danni dell’altra. Anzi, altro che gaffe, è truffa. Si racconta, stiamo raccontando, lasciamo che se lo raccontino come normale e ovvio che solo tre su dieci arrivino alla laurea nei tre anni del corso triennale. Lasciamo che fili via liscio come fosse un diritto quello ad estenuare nel tempo i propri studi, arrancare al ritmo di un paio di esami all’anno. Lasciamo che ci senta orgogliosi e gelosi di un percorso formativo fatto di singhiozzi, pause, brodi allungati. E alla fine anche il laureato che verrà da simile percorso avrà preparazione e competenze a canguro, sarà anche lui necessariamente un “brodo allungato”.

L’ignoranza e il fastidio per il mondo reale, la faciloneria e la superficialità, la teatralità da cortile…tutto questo c’è nella reazione alla frase banale di Poletti. E, ultimo ma non ultima, la coda di paglia si staglia. La coda di paglia dei somari. Perché (e non si faccia la retorica improbabile dello studente che lavora e studia solo di notte, esistono ma non sono il 70 per cento di quelli che studiano e studiano lenti come tartarughe)…perché se uno ci mette otto/nove/dieci anni a conseguire una laurea è un po’ somaro. Anche questa è una banalità, una ovvietà e quindi merita stupore, sdegni, polemica e serrata e vibrata protesta.