Caro Grillo, prima di vendere canali Rai facciamo il conflitto d’interessi

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 5 Aprile 2013 - 13:02 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Beppe Grillo ha annunciato la sua intenzione di proporre la vendita di due reti della Rai e di mantenerne una sola senza pubblicità e autonoma dei partiti.

Dal momento che persino il dogma trinitario é oggi in discussione, figuriamoci se l’esistenza della Rai e della presenza pubblica, non possa essere messa in questione, anzi meglio la sua provocazione che il silenzio complice o imbarazzato degli altri.

La sua proposta, per altro non nuova nel panorama politico italiano, ha il solito difetto di essere tanto spettacolare, quanto decontestualizzata.

Se, oggi, nelle condizioni di mercato date, si procedesse alla vendita di due reti, gli acquirenti potrebbero essere solo Murdoch o Berlusconi, direttamente o attraverso intermediari, magari il solito tunisino.

Prima di vendere alcunchè bisogna procedere alla risoluzione del conflitto di interessi e alla separazione netta tra funzioni politiche e di governo e la proprietà dei media.

Bisognerà anche risolvere un problema fondamentale di concorrenza: se le due reti Rai vendute andassero a un solo proprietario, bisognerebbe che Berlusconi passasse a due reti. Se invece le due reti fossero vendute a due distinti acquirenti, bisognerebbe che Berlusconi passasse a una sola rete, in base al principio rovesciato per cui Berlusconi aveva tre reti per competere con la Rai che aveva tre reti.

Contestualmente bisognerà reintrodurre le normative antitrust ridefinendo il sistema integrato delle comunicazioni e indicando il numero massimo dei canali ( e non delle sole reti) che ciascuno soggetto potrá controllare, in forma diretta o attraverso le partecipazioni incrociate.

Dal momento che tali norme dovranno essere poi fatte rispettare dalle Autorità di controllo, sará poi necessario ,odi ficcare I criteri della loro nomina che oggi as segnano in esclusiva ai governi e ai partiti il potere di nomina.

Questo metodo, in particolare per quanto riguarda l’Autorita di garanzia delle comunicazioni, ha finita per favorire la stabilizzazione e la conservazione dei conflitti di interesse e delle posizioni consolidate.

L’Italia, per altro, deve ancora recepire alcune indicazioni della commissione europea e del Consiglio d’Europa in ordine alle politiche di liberalizzazione del mercato dei media e di riduzione del controllo politico sulle Autorità e sulla medesima Rai.

Prima di vendere un bene pubblico, inoltre, sará il caso di favorire il processo di autoriforma e di rivalorizzazione del patrimonio in atto, altrimenti non si procederebbe ad una vendita, bensi ad una svendita al peggior offerente.

Invece di partire dal numero delle reti, si parta, invece,dalla necessità di adeguare il modello italiano a quello europeo e di levare l’Italia dall’ultima posizione nella graduatoria europea in materia di libertà del mercato dell’informazione.

Non c’é molto da inventare, basterà decidere a quale modello fare riferimento e si scoprirà che, ovunque, dalla Gran Bretagna alla Germania, dalla Francia alla Spagna, esistono forti e qualificati servizi pubblici ( nessuno con una sola rete), una pluralità di soggetti privati.

Ovunque sono in vigore rigorose normative antitrust, e non sanno neppure cosa sia il conflitto di interessi.

Questa é la strada da seguire,se davvero si vuole cominciare sbaraccare un piccolo mondo antico che, sino ad oggi, é riuscito a bloccare qualsiasi ipotesi di riforma e di innovazione, altrimenti tutto resterà congelato, con buona pace di Grillo e delle sue provocazioni.

Quando si spara alla luna, o comunque troppo in alto, si rischia, magari involontariamente, di non centrare mai il bersaglio.

Chi davvero vuole cominciare a cambiare qualcosa, e non solo alla Rai, dovrebbe oggi preoccuparsi di concorrere alla scelta di un presidente della repubblica che abbia nel cuore la Costituzione e voglia, sempre e comunque, anteporre l’interesse generale alla tutela degli interessi privati e del conflitti di interesse.

Tutto il resto é noia, come avrebbe cantato Franco Califano!