Ha ragione Silvio. La crisi vada in scena in Parlamento

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 8 Novembre 2010 - 14:37 OLTRE 6 MESI FA

Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi

Per una volta siamo d’accordo con Berlusconi, la crisi non può essere aperta a Bastia, ma si deve consumare alla luce del sole, nell’unico luogo possibile: il Parlamento.

Comprendiamo tutte le ragioni, di ordine tattico e politico, che hanno indotto Fini a chiedere a Berlusconi di rassegnare le dimissioni e di recarsi al Quirinale, ma il passaggio parlamentare non può e non deve essere evitato.

La rottura che si è consumata ha poco a che vedere con le escort e con il tinello di Montecarlo, ma riguardano la politica, le prospettive future, due idee distanti e distinti del ruolo di una destra moderna, anzi forse il progetto di Futuro e Libertà non guarda più ad una destra tradizionale, ma pensa ad uno schieramento moderato, capace di sparigliare e di scompaginare gli assetti e le categorie che hanno segnato una lunga fase storica. Che poi ci riescano è tutt’ altro discorso

Chiunque abbia ascoltato il discorso di Fini a Bastia Umbra avrà colto quali e quante differenze separino ormai i duellanti, e non si tratta più di scatti umorali o di insofferenze passeggere.

Le distanze riguardano la collocazione internazionale della destra. Fini pensa ad una formazione che difende l’Europa unita, l’integrazione sociale, l’ apertura delle frontiere e si opponga ad ogni fenomeno di xenofobia eversiva. Su questo punto il riferimento alle camice verdi è stato esplicito. Il presidente della Camera vuole una Italia unita, solidale, lontana mille miglia dal progetto leghista che ormai ha preso in ostaggio la Pdl.

Fini, ironia della sorte, difende la Costituzione, non sopporta più oltraggi nei confronti della magistratura, cita Falcone e Borsellino e detesta i Mangano di turno, rimpiange la sobrietà dei Berlinguer, dei Moro, degli Almirante, e lo contrappone alla repubblica del “bunga bunga”. Non contento sferra un duro attacco anche al conflitto di interesse, ai media usati come manganelli, all’interesse privato che si fa Stato. Che altro avrebbe dovuto dire per rendere più esplicito lo scontro politico, per l’oggi e per il futuro?

Certo sarebbe facile, anzi facilissimo, ricordare a Fini che tutto questo avrebbe dovuto essergli noto da anni, che Berlusconi non è mai stato diverso, che le sue pulsioni eversive sono sempre state trasparenti e percepibili anche ad occhio nudo., ma è altrettanto vero che, in questi ultimi mesi, il presidente del Consiglio ha dato segni di una inarrestabile decadenza, pubblica e privata, una decadenza che ormai rischia di travolgere le istituzioni e il Paese. Le stesse parole che Fini ha usato dal palco di Bastia, sono ormai usate persino dai fedelissimi berlusconiani, quando hanno la certezza di non essere ascoltati.

Per tutte queste ragioni meglio, molto meglio, che l’ultimo duello si consumi in Parlamento, con un voto di fiducia o di sfiducia palese, motivato dalle ragioni della politica ,senza dossier, senza pestaggi, senza bisogno di tirarsi addosso i testi dell’ultima intercettazione, o l’ultima ricevuta rubata ad Antigua o a Santo Domingo. Quello che è accaduto sul piano istituzionale, economico, sociale, il tracollo dell’immagine dell’Italia all’estero, sono questioni così gravi da non aver bisogno di ulteriori condimenti che avrebbero il solo effetto di rendere la pietanza ancora più disgustosa.

Accettiamo tutti la sfida di Berlusconi, apriamo la crisi in Parlamento, votiamo secondo coscienza davanti agli italiani, rendiamo trasparenti i comportamenti di ciascuno di noi, assumiamoci la responsabilità, come parlamentari, di staccare la spina oppure di prorogare una farsa che rischia di diventare tragedia.

C’è infine un’altra ragione per accogliere l’appello di Berlusconi affinché tutto si consumi nelle aule della Camera e del Senato; proprio lui infatti che ha più volte manifestato la sua insofferenza per i riti romani, per i giochi della politica, per le istituzioni democratiche, dovrà ora sottoporsi alle regole dell’odiato teatrino e, probabilmente, dovrà assistere a quella che,comunque vadano le cose, è già stata una grave sconfitta politica. Questa volta non ha potuto piegare i dissidenti né con i dossier, né con i pestaggi mediatici, né con le lusinghe. Non c’è che dire una lunga fase della nostra storia recente si è davvero conclusa.

Bisognerà stare attenti che i colpi di coda non procurino ferite mortali!