La riforma di Francesco non si fa incarcerando giornalisti

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 12 Novembre 2015 - 12:25 OLTRE 6 MESI FA
La riforma di Francesco non si fa incarcerando giornalisti

Papa Francesco. Giuseppe Giulietti distingue tra la riforma della Chiesa e la persecuzione dei giornalisti. La riforma è giusta, incriminare i giornalisti è un grave errore

Siamo tra quelli che apprezzano le parole e i gesti di Papa Francesco.

Non abbiamo dubbio alcuno che contro di lui saranno usati tutti i mezzi possibili, leciti ed illeciti, pur di frenare la spinta riformatrice e soprattutto il suo desiderio di riportare la Chiesa sulla strada del Vangelo, dell’attenzione agli ultimi e alle periferie dimenticate.

Lungo questa strada, inevitabilmente, il Papa ha incontrato e si sta scontrado con interessi corposi, talvolta di tipo malavitoso e comunque con intrecci che hanno rappresentato una delle facce della gerarchica vaticana e non solo negli ultimi anni.

Al di là del gossip e delle terrazze romane, quello in atto è uno scontro reale, senza esclusione di colpi, anche perché Francesco ha osato sfidare gli assetti poltici e finanziari dominanti, ha puntato il dito contro la privatizzazione delle risorse, ha denunciato il traffico di esseri umani e di armi, ha tagliato le unghie alle vecchie gerarchie italiane, le piú coinvolte in ogni tipo di traffico e di alleanza.

Gli interessi lesi hanno reagito e reagiranno, utilizzando anche l’arma della diffamazione, delle notizie false, dei dossier prefabbricati.

A queste campagne si può rispondere solo con le armi della trasparenza e della testimonianza quotidiana, realizzando modelli di vita e di azione alternativi a quelli esibiti dai cardinali con attico annesso, esattamente come sta tentando di fare il Papa.

Assolutamente sbagliata invece è la strada intrapresa dal giudice vaticano di aprire un’inchiesta a carico degli autori dei due libri sul cosiddetto Vatileaks, Emiliano Fittipaldii e Gianluigi Nuzzi, per diffusione non autorizzata di documenti riservati.

Qualsiasi giornalista, in qualsiasi modo, fosse pervenuto in possesso di quel materiale lo avrebbe dovuto pubblicare perché si tratta di notizie di assoluto interesse e di indubbia rilevanza sociale, unici requisiti che giustificano la scelta di pubblicare.

Per altro l’eventuale decisione contraria, avrebbe ottenuto il solo effetto di favorire una sorta di mercato nero dei dossier, usati a fini ricattori e magari pubblicati a puntate su qualche sito specializzato in ricatti e depistaggi.

I libri di Nuzzi e Fittipaldi, ” Via Crucis” e ” Avarizia”, potranno piacere o meno, essere apprezzati o rifiutati, ma si fondano su una documentazione autentica e su una contestualizzazione efficace, per altro dichiaratamente a favore dell’azione di Francesco.

In ogni caso la decisione di procedere contro di loro è sbagliata e persino in contrasto con la via tracciata da Francesco, che si fonda sulla trasparenza e sulla illuminazione delle oscurità.

Vogliamo sperare che l’annuncio del giudice vaticano sia stato solo un espediente, per altro non condivisibile, per mettere con le spalle al muro chi davvero ha intercettato, pedinato, ordito trame e nascosto denaro, magari sotto le mattonelle del terrazzo.

Per raggiungere l’obiettivo, tuttavia, non serve incriminare il diritto di cronaca, ma basterà seguire il flusso di quei “30 denari” che porterà il magistrato davanti al ricco uscio del Giuda contemporaneo.