Non chiamatele morti bianche

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 12 Settembre 2010 - 13:54 OLTRE 6 MESI FA

“Almeno, per favore, non chiamatele più morti bianche”, questo il cuore di una lettera che Marco Bazzoni, un delegato sindacale che ha dedicato la sua vita alla lotta contro gli incidenti sul lavoro, ha scritto a noi e ai responsabili di tante emittenti e giornali.

L’espressione “morti bianche”, infatti, evoca quasi una morte dolce, simile a quella dei neonati in culla, una morte dovuta, al fato, senza mandanti, senza cause, contro la quale ci sarebbe ben poco da fare, se non piangere e, appunto, imprecare contro un destino cinico e baro.

Purtroppo così non è, dietro quelle morti, spesso, ci sono negligenze, mancato rispetto delle norme, anche da parte di chi lavora, sub appalti, sfruttamento del personale, taglio dei tempi per fare prima, uso spregiudicato degli extra comunitari e dei clandestini trattati come carne da macello.

Gli ultimi tre morti si sono registrati a Capua. Gli inquirenti accerteranno eventuali responsabilità penali, ma noi vogliamo unirci alle parole del presidente Giorgio Napolitano che, senza aspettare giudici e poliziotti, ha sentito il bisogno di far sentire ancora una volta la sua voce contro una strage continua che non sembra suscitare particolari emozioni,se non nel giorno dei funerali, e non sempre, solo se i morti sono tanti,altrimenti se li piangano la famiglia e i compagni di lavoro.

Del resto il paese è impegnato a dare la caccia alle escort, o a rintracciare il tinello del presidente della Camera Gianfranco Fini figuriamoci se c’è tempo di occuparsi di anticaglie come il diritto al lavoro, le vite precarie,lo sfruttamento, le morti sul lavoro.

Non a caso la espressione”tolleranza zero” viene usata per lanciare le campagne contro i clandestini ,mica per andare a scovare i responsabili di tante morti dentro i cantieri dell’edilizia. Le guardie padane perlustrano i giardinetti, mica vanno a mettere il naso dove riischiano la vita i senza diritti,magari al soldo di civilissimi imprenditori padani. Facciamo nostro, dunque l’appello di Marco Bazzoni e ci impegniamo, almeno noi, a non parlare più né di morti bianche, né di tragiche fatalità.

Ci auguriamo,infine,che almeno una delle grandi trasmissioni giornalistiche delle principali tv nazionali voglia dedicare finalmente una prima serata anche al morire di lavoro sul lavoro, magari, almeno per una volta, facendoci ssentire e vedere le voci e i volti di chi rischia ogni giorno,di chi si batte contro questa strage e soprattutto andando a indagare le cause reali e profonde di un triste primato italiano, dal momento che siamo la maglia nera in Europa.

Nei giorni scorsi il polo Rai set ha dedicato decine di ore di trasmissione e qualche diretta alla visita del colonnello libico in Italia,con appena un decimo di quei tempi sarebbe possibile realizzare una straodinaria campagna di informazione e di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. Si può sperare in una risposta?