Par condicio e campagna elettorale anomale, ma l’Agcom che fa?

di Giuseppe Giiulietti
Pubblicato il 17 Febbraio 2013 - 13:44 OLTRE 6 MESI FA

Di cosa si occupa l’Agcom, Autoritá di garanzia delle comunicazioni? O meglio di cosa dovrebbe occuparsi? In questi caldi giorni della campagna elettorale il presidente Cardani, nominato da Monti e considerato un fedelissimo, dovrebbe dedicare le sue attenzioni alla cosiddetta par condicio, cioè alla equa distribuzione dei tempi mediatici tra tutte le forze politiche.

Naturalmente non si tratta di un compito facile, perché uno dei giocatori è anche il proprietario e ha persino indicato due dei 5 commissari che compongono il consiglio dell’Autoritá; mai come in questo caso controllore e controllato coincidono, con tutto quello che ne consegue sul piano della legalità e della possibilità stessa di applicare le norme in vigore.

Infatti, anche in questa occasione, le regole sono state stracciate e l’Agcom si è limitata a qualche multa e a qualche richiamo generico. Non riuscendo a svolgere il ruolo di arbitro il o residente ha pensato bene di dare la colpa alla legge “confusa e sbagliata” dunque non applicabile.

Probabilmente ha  qualche ragione, ma allora perché non dirlo prima della campagna elettorale? Perché non rinunciare all’incarico e passare la mano alle Autorita europee? Perché buttare la palla in tribuna, pur di non prendere posizione sul conflitto di interessi?

Non contenta di aver alzato bandiera bianca, ora la medesima Autoritá ha pensato bene di farci sapere, dalle colonne del Corriere della Sera, che, nei prossimi mesi, saranno assunti provvedimenti per imporre la par condicio anche alla rete.

Non vi è dubbio che la rete sia una realtà entrata prepotentemente nella campagna elettorale e che nessuno puó fingere di non vedere e di non sapere, ma perché mai indicare questa come la priorità?

Se il presidente Cardani ha davvero intenzione di scrivere una agenda per il futuro potrebbe partire dal conflitto di interessi, dagli intrecci proprietari, dalla revisione della legge Gasparri, dalla definizione di una normativa antitrust, dalla ridefinizione dei poteri di vigilanza e di controllo e non certo dalla urgenza di “Mettere le brache alla rete”, che, per altro, a differenza delle tv, presenta una molteplicità di punti di vista e di opinioni in perenne e palese contrasto tra di loro.

Naturalmente ci auguriamo di sbagliare, ma, nel frattempo, sarà bene non abbassare la guardia, perché la voglia di bavaglio non è ancora passata e continuerà a riproporsi, a prescindere da chi vincerà le prossime elezioni…

Del resto, e sarà bene non dimenticarlo, quando Blitz lanciò il primo allarme sui bavagli in arrivo, da più parti si levarono infastiditi mormorii e imbarazzate smentite, poi gli allarmi trovarono conferma.

Questa volta sarà il caso di disattivarli prima che possano disturbare la quiete pubblica e l’articolo 21 della Costituzione.