Renzi: Partito della nazione? No: Nazione senza partiti

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 24 Maggio 2015 - 10:52 OLTRE 6 MESI FA
Renzi: Partito della nazione? No: Nazione senza partiti

Renzi: Partito della nazione? No: Nazione senza partiti

Non siamo tra quelli che pensano che l’Italia sia alla vigilia di un nuovo ventennio e tanto meno che Matteo Renzi sia l’erede di Benito Mussolini, anzi pensiamo che l’uso continuato ed ossessivo di questo tipo di argomentazioni non consenta neppure di comprendere i limiti ed i rischi della attuale fase politica.

Non vi è dubbio, infatti, che sia in atto una transizione verso un modello di segno presidenzialista sudamericano, con una legge elettorale di tipo maggioritario ed una rinnovata pulsione a mettere sotto tutela la Corte Costituzionale ed i cosiddetti poteri di controllo.

Per altro spinte di questa natura sono in atto in molti altri paesi europei che ritengono di poter rispondere alla crisi accentuando il momento del comando e riducendo la dialettica parlamentare, politica e sociale.

Chi contesta e contrasta questo progetto, per altro ancora ambiguo e ricco di contraddizioni, non può limitarsi a “Demonizzare Renzi” e tanto meno a rappresentarlo con il fez e l’orbace.

Il partito della nazione, per altro contrastato anche da una parte del Pd, discende anche dalla mancanza di alternative a destra e a sinistra.

Chi vuole bloccare il progetto di Renzi deve cominciare a fare il suo mestiere di oppositore, abbandonando tentazioni consociative e rischiando, all’inizio, pesanti sconfitte.

Paradossalmente l’Italia ha bisogno, ora e subito, di una destra popolare, europea, unificata, capace di conquistare la sua parte di “Nazione”.

Prima o poi Berlusconi e Salvini saranno costretti a questa scelta, e questo contribuirà a modificare la dialettica politica, più di qualsiasi invettiva e di qualsiasi comparsata televisiva.

La stessa strada dovrà essere imboccata da chi vorrà dar vita ad una forza politica socialista, libertaria, solidaristica, magari promuovendo una leva di giovani donne e uomini, liberi dai rancori del passato e del presente.

Nel frattempo sarebbe auspicabile che anche tra i “Renziani” si aprisse un dibattito piú vivace, critico e autocritico.

È mai possibile che il capo non sbagli mai?

È obbligatorio consentire sempre e comunque, dalla legge elettorale alla cosiddetta riforma della Rai? E quando Renzi arriva ad esprimere la sua preferenza per il “Sindacato unico”, possibile che non si possa alzare almeno una flebile voce a ricordare al Capo le differenze tra sindacato unico ed unitario?

Il primo si impone, il secondo si sceglie.

Le prossime elezioni regionali, al di là della conta dei presidenti, potrebbe consegnarci una fotografia più mossa del previsto e un nuovo incremento dell’astensionismo, a quel punto il problema non sarà più il Partito della nazione, ma una Nazione senza partiti.