Giustizia ostaggio dei periti, periti ostaggio della pubblica accusa, la distorsione delle Autorità

Giustizia ostaggio dei periti, periti ostaggio della pubblica accusa, la distorsione delle Autorità, un fenomeno mondiale

di Giorgio Oldoini
Pubblicato il 15 Maggio 2022 - 08:56 OLTRE 6 MESI FA
Giustizia ostaggio dei periti, periti ostaggio della pubblica accusa

Giustizia ostaggio dei periti, periti ostaggio della pubblica accusa

Giustizia e verità. Assoluzione degli amministratori del Monte dei Paschi di Siena. Assoluzione dei fratelli Ligresti nel caso Fondiaria-Sai. Annullamento della sentenza di condanna relativa ai vertici di Banca Carige e successivo ”patteggiamento” su basi minimali.

Sono i tre episodi più eclatanti della giustizia in materia economica che hanno fatto gridare allo scandalo i risparmiatori italiani. Cerchiamo di capire come sia possibile che in sede di indagine si configurino reati economici gravissimi e che in sede di giudizio o di successivo appello gli stessi reati siano ritenuti insussistenti. E che ciò accada con una frequenza inaccettabile.

Non ci troviamo dinnanzi a magistrati che ci vanno giù duro. Come nel caso di quel pretore che si occupava di bagatelle ambientali ed arrestava l’indagato in quanto “socialmente pericoloso”. Andava a giudizio. E chiedeva l’assoluzione della persona da lui stesso privata della libertà. Con il tempo si capì che alla base di quel comportamento esistevano ragioni di natura psichiatrica.

Il caso di Siena

Nel caso senese la materia del contendere era la valutazione a bilancio di alcuni prodotti di ingegneria finanziaria (i “derivati”). Nel caso Fondiaria-Sai, si trattava di stimare le riserve sinistri. A Genova, era in gioco la valutazione dei crediti in sofferenza. Le ipotesi di reato formulate dalle tre procure, erano il falso in bilancio e l’aggiotaggio, ricondotte a false rappresentazioni contabili, ossia, a errate valutazioni di beni.

Si deve anzitutto rilevare che un Pm o un giudice non hanno la competenza necessaria per decidere in materia economica e devono ogni volta designare degli esperti. Ciò si verifica perfino nell’ambito delle Sezioni specializzate dei Tribunali.

E’ normale che sia così, perché un magistrato non può possedere nozioni tecniche relative a tutto lo scibile umano. Gli esperti diventano, in un certo senso, giudici della causa, nonostante che il magistrato non sia vincolato al loro giudizio. L’esperto nominato dal Tribunale è considerato di rango superiore a quello designato dal Pm. L’esperto nominato dalla Corte d’Appello potrà sconfessare quello nominato dal Tribunale. Potrà infine accadere che un carneade qualsiasi, in quanto designato da un Organo giudiziario, superi in credibilità accreditati advisor internazionali. Si tratta della cosiddetta “lotteria delle stime” di cui esiste un’ampia letteratura.

Non ci si deve stupire più di tanto nel processo di giustizia

Il bonum della “certezza” si avrà solo con la decisione finale della Cassazione.

Ed allora facciamoci una seconda domanda. Come è possibile che le conclusioni peritali cambino di 360 gradi a seconda del tecnico designato? Considerando che, sulla base dei codici deontologici, il professionista “deve fornire i suoi pareri senza essere influenzato alle aspettative del cliente”.

La giurisprudenza ha da sempre segnalato che le perizie, per essere attendibili, non devono contenere eccessivi spazi di opinioni, ma devono riferirsi a oggettivi criteri tecnici e scientifici. Solo che, per le perizie dei beni aziendali, non esistono principi inoppugnabili. C’è sempre qualcosa di soggettivo. Per stabilire che le valutazioni erano manifestamente errate bisognerà coinvolgere in responsabilità i periti che le hanno effettuate. Per tali ragioni, i processi penali basati su stime, devono essere valutati con molta prudenza.

La specificità dell’attività professionale risiede nell’indipendenza: i pareri pro-veritate a risposta concordata danno conto del degrado della categoria. In questo campo la fanno da padroni i professionisti-docenti che usano il prestigio della cattedra per rilasciare certificati di legittimità all’operato degli amministratori pubblici e privati.

Ci si chiede se i consulenti dei Pm siano veramente indipendenti.

Molti osservatori rilevano che le istruttorie penali sono spesso basate su consulenze di tecnici, ai quali si chiede di dimostrare il fondamento dell’accusa piuttosto che l’attendibilità oggettiva delle conclusioni.

Molti anni fa ero stato incaricato da un Pm romano di svolgere una consulenza relativa all’esistenza di un falso in bilancio a carico degli amministratori di un gruppo bancario. Dopo mesi di lavoro giunsi alla conclusione che il reato non sussisteva.

Quando consegnai l’elaborato, il Pm così mi apostrofò: “Guardi che l’ho nominata per supportare le tesi dell’accusa e non per esprimere le sue opinioni”. Quel Pm designò un altro consulente che concluse per l’esistenza del reato. In sede dibattimentale tutti gli amministratori coinvolti vennero assolti perché il fatto non sussisteva.

Il ruolo della Polizia giudiziaria nella Giustizia

Un altro filone di indagini è quello affidato alle forze di polizia giudiziaria. La tecnica utilizzata è quella delle “intercettazioni” e si dà il caso di istruttorie basate su singole “frasi” degli indagati, che finiscono in prima pagina ma che hanno scarso valore in sede dibattimentale.

Si forma così un’opinione pubblica che dà per scontata la condanna. Numerosi magistrati hanno cercato apertamente nell’opinione pubblica la legittimazione del loro operato. Il capo dei Gip di Palermo aveva sostenuto che il magistrato è parte viva del popolo italiano e dal popolo riceve i necessari impulsi per l’interpretazione delle leggi.

Il fenomeno non è solo italiano. In USA, un giudice è arrivato a condannare un imputato in relazione al numero di fax ricevuti che richiedevano tale condanna.

Si pone poi il problema delle responsabilità della Consob, Bankitalia e Isvap, che esaminano ogni anno i bilanci delle imprese sottoposte a controllo. Quando le stime dei beni a bilancio sono effettuate da periti di primaria credibilità professionale, stime ritenute attendibili (per anni) dalle stesse Autority, è possibile che un magistrato possa chiedere la condanna per falso in bilancio senza coinvolgere i dirigenti di queste stesse Autority? E’ ciò che avviene quasi sempre.

Gli effetti distorsivi delle Autorità sulla Giustizia

Si deve ricordare che il legislatore ha affidato alle Autority il potere di emettere “direttive” vincolanti per gli utenti, e ciò ha causato effetti distorsivi della legge. E’ accaduto che gli scarsi risultati ottenuti dalla Vigilanza nel prevenire i default bancari, ha determinato nella burocrazia “pensante” di questa Autorità una spinta irrefrenabile. Ad esasperare le responsabilità degli amministratori al di là della stessa previsione codicistica. Quando si manifesta l’insolvenza queste Autority intervengono per aggravare il problema invece che risolverlo.

La difficoltà di configurare i reati da “valutazione” che coinvolgono le società di revisione dei bilanci è universale. La Enron Corporation era una multinazionale dell’energia che aveva un fatturato di circa 130 miliardi di dollari. Nel 2001, la Enron, improvvisamente fallì e le sue azioni passarono dal valore di 86 dollari a 26 centesimi e bruciò 60 mil. di dollari in tre mesi.

Tutti i dipendenti vennero licenziati e quelli che avevano ricevuto pagamenti in azioni restarono sul lastrico.

Si scoprì che la Enron manteneva elevato il fatturato con trucchi contabili ed ottenendo agevolazioni dal Governo in cambio di sovvenzioni nelle campagne elettorali di repubblicani e democratici.

Un aiuto in queste attività fu dato dalla Arthur Andersen, specializzata nella certificazione dei bilanci. Nonostante la condanna degli amministratori della multinazionale, la Arthur Andersen venne prosciolta, sulla base di successiva perizia indipendente. Sotto la spinta di questo scandalo vennero introdotte pene severissime. Le norme più severe non bastarono tuttavia ad evitare i titoli spazzatura del 2007 e il fallimento della Lehman Brothers del 2008.

Scandali inglesi

Scandali analoghi si sono verificati in Gran Bretagna e si estendono a tutto il mondo capitalista.

Si può concludere che, in Italia, la tutela dei mercati finanziari non è adeguata e ciò non dipende dalle norme legislative che sono tra le più severe. La responsabilità non è della sola Magistratura, oggi sotto tiro, ma si estende a tutti gli operatori del comparto: amministratori, professionisti, burocrazie, investitori, controllori e controllati. E’ l’organizzazione  economica nel suo complesso ad essere coinvolta nei grandi default, in ragione di un profondo mutamento dell’etica sociale.

Fino a pochi decenni fa, l’imprenditore che falliva si suicidava per sfuggire alla riprovazione generale. Ai nostri giorni il bancarottiere è spesso considerato un individuo astuto che ha saputo raggirare altri che credevano di essere più scaltri di lui.

È comunque l’economia moderna che impone la vorticosa circolazione dei beni, una produzione meno durevole e una sommaria selezione del cliente. L’attitudine a non restituire i prestiti bancari, a rinviare la sistemazione dei propri debiti, a proporre transazioni, a fatturare servizi inesistenti o gonfiati percependo retribuzioni non dovute o non meritate, a evadere il fisco e gli oneri contributivi. Tutto questo rappresenta un prodotto spontaneo del consumismo ormai entrato nel costume di larghe fasce di operatori economici, fino a diventare “sistema”.