Grecia, Italia e finanza mondiale: giochi preoccupanti sulle nostre teste

di Marco Benedetto
Pubblicato il 28 Febbraio 2010 - 11:13| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Le notizie pubblicate da giornali americani e tedeschi sono inquietanti, ma né il Governo italiano né l’opposizione sembrano scaldarsi . Forse non sanno che pesci prendere, forse sono paralizzati dalla paura o dall’incompetenza o dalla complicità. 

Lloyd Blankfein, capo di Goldman Sachs, la banca che più di tutti avrebbe aiutato i tarocchi

 

L’impressione però è che la macchina della guerra, non gioiosa ma inesorabile, si sia messa ormai in moto. Colleghiamo i puntini. Per ora sono questi: 

1. La notizia che l’Italia ha taroccato i debiti; 

2. I greci dicono: gli italiani hanno fatto peggio di noi, ma sono stati più bravi di noi nel tarocco; 

3. stesse banche che hanno aiutato a taroccare i conti ora sono convinte che i paesi deboli dell’Europa non riusciranno a mettersi a posto, quindi i loro debiti andranno sempre peggio e porteranno interessi sempre più cari. Ergo, scommettono sul peggioramento della crisi, per guadagnarci cifre da capogiro: viene naturale pensare che prima o poi toccherà alla Spagna e poi all’Italia; 

4. In Spagna Luis Zapatero è convinto si tratti di un complotto internazionale al cui servizio sono i giornali inglesi e americani, usati per diffondere notizie sempre più nere sullo stato dell’economia spagnola, in pratica un declassamento mediatico. Secondo il settimanale tedesco Spiegel, Zapatero ha sguinzagliato i suoi servizi segreti per vederci più chiaro. Ma il premio Nobel per l’economia, l’americano professore-giornalista-divo Paul Krugman, ha bollato la Spagna come paese più a rischio, mettendo comunque nella rosa anche Grecia, Portogallo, Irlanda e Italia; 

5. Grandi finanzieri come George Soros sarebbero in pista contro l’euro, convinti che il cambio euro-dollaro sia destinato a riequilibrarsi a favore del dollaro. 

Il disegno che ne esce fa paura perché non è uno schema nitido, di quelli che piacciono a chi descrive scenari e retroscena. Non c’è un solo nemico in azione, ma tanti, con azioni e con motivazioni diverse. Si va dal desiderio di dire la verità a qualsiasi costo (Krugman) alla voglia di fare tanti soldi con operazioni in grande stile che hanno dentro sempre qualcosa del giustiziere (Soros, banche varie). Poi c’è un nuvolone, là dietro, molto inquietante, e viene da pensare che sotto ci possa essere una manovra studiata a tavolino e non solo crudeltà, spietatezza e cinismo da parte dei banchieri trova sostegno in un ragionamento che chiunque può fare. 

I paesi deboli, quelli del “ventre molle” dell’Europa, tra cui l’Italia, conservano alcune attività tra le più redditizie in società controllate dallo Stato. In Italia le tre principali sono Eni, Enel e Finmeccanica. L’interesse dei partiti che controllano lo Stato perché lo Stato tenga in pugno i cordoni di controllo di quante più industrie possibile è dimostrato abbastanza chiaramente ad ogni scandalo che si abbatte su politica e dintorni. L’ultimo esempio viene dalla Protezione civile. 

L’interesse del grande capitale americano, che domina la finanza mondiale, in una crisi della capacità di indebitamento di un paese come l’Italia sono altrettanto evidenti: se l’Italia non trova più un investitore che voglia rischiare i suoi soldi imprestandoli all’Italia a tassi convenienti, il coro della finanza mondiale e dei suoi sicofanti nazionali sarà: “Privatizzate” che tradotto in latino vuol dire “vendete a buon prezzo per gli stranieri”. E di bocconi buoni, come s’è visto, ce ne sono ancora. 

Alla fine di tutti questi giochi a pagare saremo sempre e solo noi cittadini, la gente comune, ce lo ha detto anche la Corte dei Conti, che sulle privatizzazioni ha fatto uno studio e ha concluso: privatizzare le imprese pubbliche cedendone semplicemente delle azioni a privati, senza aprire effettivamente un mercato dove operasse la libera concorrenza, ha significato solo che i cittadini hanno pagato, in veste di utenti, tariffe più alte. 

Il disegno che alla fine emerge è come un dipinto di una tempesta sul mare. In mezzo c’è una barchina, ma non scommetteresti un soldo sulle sue probabilità di stare a galla.