La soluzione ai problemi italiani? Riqualificare la spesa pubblica

Pubblicato il 11 Aprile 2012 - 12:12 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La soluzione ai problemi dell’Italia così profondi e strutturali? Alcuni analisti pensano che sia una sola: eliminare la dipendenza strutturale del debito pubblico che è stato veicolo di un consenso costruito su un dualismo tra Nord e Sud che dall’Unità d’Italia ad oggi ha continuato ad aggravarsi. Ed è qui che bisogna partire.

Spiazzamento in economia è un termine che usiamo spesso. Per dire che il settore pubblico spiazza il settore privato, lo taglia fuori dall’economia. Peccato che le attività produttive del privato vengono spiazzate non tanto da come lo Stato compra (se pagando in contante con le tasse o con … la carta di credito del debito) ma da quanto e cosa lo Stato compra, ovvero da quanta spesa pubblica effettua. Come in guerra, quando lo Stato spendendo di più per armamenti chiede alle imprese di riorientare la loro produzione andando via da beni di consumo. O quando lo Stato chiede di costruire ponti inutili che s’interrompono a metà e non vanno da nessuna parte, risorse che sarebbero state meglio impiegate altrove, e che non danno felicità. Oppure quando lo Stato chiede alle imprese di costruire ponti che invece ci permettono di andare in luoghi magici e che senza di esso non avremmo mai conosciuto.

E’ giusto parlare di consenso costruito sul dualismo dall’Unità di Italia in poi, ma certamente era un consenso basato sulla spesa pubblica e non sul debito. Se abbiamo un problema al Sud è proprio quello della cattiva spesa, non del cattivo debito. Lo ha detto Cirino Pomicino qualche mese fa al Messaggero: “Ci riunimmo, col Pci, negli anni Ottanta, e decidemmo di aumentare la spesa pubblica al Sud (banalizzo, Ndr) per salvare l’Italia dal terrorismo”. La crescita del debito fu la conseguenza di quella decisione, non la causa.

Il lettore potrebbe dire: cosa importa, è la stessa cosa debito pubblico o spesa pubblica. Invece assolutamente no. Il debito ci parla di come comprare, la spesa di cosa e quanto comprare. E capirete che quando andate al negozio sì, è abbastanza importante sapere se comprerete in contanti o con la carta di credito, ma molto più importante sapere cosa e quanto comprerete.

E in Italia abbiamo comprato male. Molto male, specie in questi ultimi 30 anni. Abbiamo speso male quando avevamo bisogno invece di spendere, come fanno Francia e Germania per sostenere il proprio settore privato nella sfida globale, di spendere bene. Abbiamo comprato ponti costruiti a metà che non vanno da nessuna parte invece dei ponti magici. Dire tagliamo il debito non rimette a posto in alcun modo il problema strutturale. Anzi lo aggrava ampliando la recessione.

Quindi la questione chiave per questo Paese è ovvia ed è una sola: come riqualificare, e non ridurre, la spesa. Lo dice in parte il ministro Piero Giarda sulla ‘Stampa’ quando dice che non vi sono programmi di riduzione della spesa perché il tagliabile è già stato ampiamente tagliato. Ma lo dice solo in parte, perché – sempre in attesa di vedere tra poche settimane i contenuti della spending review – le parole di Giarda sono deprimenti e non lasciano intravedere grandi ambizioni a breve di rilancio del settore pubblico come volano di crescita del Paese. Sono parole che sanno di già sentito. Parole giuste, ma morte.

Ovviamente il ministro Giarda è realista, conoscendo bene la macchina della Pubblica Amministrazione e il suo recente passato non proprio glorioso. Ma forse è proprio questo il problema. C’è bisogno di una visione nuova, che scommetta su una rottura col passato e che ci creda con l’ottimismo, la spensieratezza e la forza di chi crede che si possa rimettere in gioco questo Paese nello scenario mondiale e non semplicemente farlo sopravvivere. Forse solo un governo più giovane potrà marciare ai ritmi che gli chiedono i suoi giovani.