I problemi di Renzi e di Tsipras

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 8 Luglio 2015 - 12:38| Aggiornato il 10 Luglio 2015 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi (foto Ansa)

Matteo Renzi (foto Ansa)

ROMA – Giuseppe Turani ha pubblicato questo articolo anche sulla rivista Uomini & Business col titolo: “I problemi di Renzi e di Tsipras”.

Per la prima volta, sembra, a Bruxelles è stata usata l’espressione Grexit, sempre bandita. Voci giornalistiche molto precise dicono che intanto la Ue sta predisponendo una “macchina” per aiuti umanitari nel caso in cui si dovesse arrivare al default della Grecia. La stessa Atene peraltro fa sapere che senza 7 miliardi urgentissimi, fra due giorni va in fallimento.

A nemmeno 48 ore dal travolgente voto di domenica scorsa in Grecia, Atene raccoglie le scarse simpatie che questa vicenda ha sollevato. Tsipras ha fatto la sua prova di forza e adesso i creditori sono diventati, se possibile, ancora più severi, poco propensi a mettere mano al portafoglio.

Questo per dire che a questo punto il default della Grecia non è più solo un’ipotesi teorica. E la vicenda, per bocca dello stesso Fondo monetario internazionale, riguarda anche noi. Il Fondo ci cita a proposito di due cose. La prima è che, se dovessimo arrivare davvero alla Grexit, l’Italia ne avrebbe qualche colpo non irrilevante. E’ vero che ci sono Draghi e tutto l’armamentario messo in piedi a Bruxelles, ma l’eventuale default greco non passerebbe di qui come un venticello.

La seconda cosa su cui si sofferma il Fondo monetario internazionale è ancora più seria. La vostra crescita, ci manda a dire, è piccola e fragile. Grosso modo lo 0,7 per cento quest’anno e poco più dell’1 per cento l’anno prossimo. E’ troppo poco.

Impossibile non dare ragione al Fondo.

E infatti Renzi, di quando in quando, chiede alla Ue una politica più espansiva, meno austerity e più crescita. Le parole volano, ma non succede niente. E si avverte che c’è qualcosa che non funziona. Che cosa? Probabilmente il fatto che non abbiamo fatto i compiti a casa fino in fondo. La Spagna li ha fatti e corre più della stessa Germania.

D’altra parte non serve aver vinto un Nobel per capire che con una pressione fiscale vicino al 50 per cento è vano sperare in un dinamismo maggiore dell’economia. Se poi a questo sui aggiungono una burocrazia spaventosa, una rete di corporazioni imbattibile, un potere politico che molto spesso dà la sensazione di essere fuori di testa e che comunque non fa cose di rilancio, si capiscono i rimproveri dell’Fmi. E l’urgenza di riprendere con moltissima forza il tema delle riforme. Niente vacanze quest’anno.