I’am a drink, l’ultima goccia di Totò Cuffaro: “Parlavo a piede libero”

Totò Cuffaro scenetta comica: "drink" invece che "dream", bevuta invece che sogno. Solo e soltanto comica? Scimmiottava l'inglese Cuffaro, ma la lingua che noi tutti pubblicamente parliamo e ascoltiamo troppo spesso scimmiotta l'italiano.

di Riccardo Galli
Pubblicato il 23 Maggio 2023 - 09:28 OLTRE 6 MESI FA
totò cuffaro

Foto Ansa

Io sono una bevuta…noi siamo una bevuta…E’ la traduzione, letterale, dell’inglese, diciamo colloquiale, di Totò Cuffaro. Sta comiziando e parlando a microfoni e telecamere. Quindi, per definizione e convenzione accettata, sta dicendo frasi fatte e aria fritta. Esattamente come le interviste (?) ai calciatori. Quel dire ossessivo e ripetitivo di “pensiamo una partita per volta…ci mettiamo il 150 per cento…l’importante è il lavoro…non rinunciamo ai nostri sogni…”. Esattamente sovrapponibile per contenuti e modalità il dichiarare pubblico di politici (e sindacalisti e rappresentanti di categorie e presidenti e testimonial di qualsiasi e della qualunque).

E Totò Cuffaro politico era e vuole restare ed essere. Quindi, come dire, ci sta che dica cose e frasi piene di nulla che sono solo allusivi rumori fonetici. Lui come tutti. Ci sta che ripeta stancamente per la milionesima (miliardesima) volta la formula “ho un sogno” di Martin Luther King. Che la ripeta come una giaculatoria vuota, dal significato estinto dal suo stesso abuso. Solo che al posto di “dream” a Cuffaro viene da dire (due volte, mica una) “drink”. E allora la scenetta diventa comica. Comica? Solo comica, davvero solo comica?

Le pezza peggio del buco

Poche ore dopo Totò Cuffaro si corregge, anzi spiega: “Parlavo a piede libero”. Forse vuol essere ironico, ironico sulle sue stesse disavventure giudiziarie. O forse ancora una volta il suo parlare è il parlar pubblico dove si emettono e si ascoltano suoni e non concetti. E dove in fondo parlare a piede libero vale per assonanza il parlare a ruota libera. L’ultima goccia del drink comiziale, rivolo dalla grandissima vigna e grandissima cantina del parlar pubblico che imbottiglia e stappa stereotipi frasi senza senso, rumori, assonanze, non di rado gutturalità. Parlavo a piede libero forse la pezza peggio del buco linguistico di Totò Cuffaro. Ma davvero c’è solo da sorridere?

Davvero Totò Cuffaro è così solo nel parlare per rumori e fonetici rimandi e non per concetti? Davvero è solo la solita e diffusa Italia che l’inglese non lo sa e lo scimmiotta? Ogni giorno, ad ogni ora, di ogni settimana, mese e anno in ogni televisione, radio, su ogni social, anche in ogni giornale, anche in ogni aula scolastica e in ogni bar o bus o ufficio viene parlata una lingua che l’italiano lo scimmiotta. E non c’è nulla da ridere. Magari un sorriso di compatimento, questo sì. Compassione verso noi stessi: lo sapete che una delle difficoltà, uno degli intoppi, uno dei rallentamenti strutturali al Pnrr è che tra i funzionari e gli addetti “apicali” alla sua attuazione vallo a trovare uno che parla inglese “fluently”?