Interviste tv. “Giornalista è garanzia”. Bruno Tucci: da Venier a D’Urso, così non va

di Bruno Tucci
Pubblicato il 28 Novembre 2014 - 11:35 OLTRE 6 MESI FA
Interviste tv. "Giornalista è garanzia". Bruno Tucci: da Venier a D'Urso, così non va

Berbara D’Urso denunciata dall’ Ordine giornalisti: “Non rispetta privacy e minori”

ROMA – Si colpisce Santa Barbara (D’Urso) e ne nasce un putiferio. Alcuni opinionisti parlano di vergogna, di un’assurda posizione, di iniziative anacronistiche.

Perché? Semplice, lo saprete: il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nella persona del suo presidente Enzo Iacopino, ha denunciato alla magistratura la signora D’Urso per esercizio abusivo della professione.

Per quale ragione si dovrebbe arrossire? Avete mai visto un ingegnere difendere un imputato in tribunale? O un medico presentare un progetto per la costruzione di un palazzo? “Unicuique suum”, ammonivano i nostri padri latini.

Ma i motivi per i quali è bene che i giudici intervengano per fermare questo fenomeno (dilagante) sono altri e ben più seri. Il primo lo definirei di sopravvivenza. Se ne parla ogni giorno della disoccupazione giovanile, della crisi dell’editoria. Sapete quanti bravissimi ragazzi sono a spasso pur essendo già diventati giornalisti professionisti?

E sapete quanti lavorano strappando una collaborazione che spesso viene pagata meno di cinque euro? Ed allora per quale ragione dare spazio ad una persona (bravissima nel suo campo) che non ha nulla a che fare con la nostra professione?

La seconda, assai più delicata. Stiamo parlando di informazione. Nello specifico di informazione che va in onda su una rete e su un programma che viene visto da milioni di telespettatori. Spesso, gli intervistati sono uomini politici di rango, uno degli ultimi è stato Matteo Renzi, il presidente del Consiglio.

Una volta, quando si presentava un’occasione del genere, era il direttore della testata o una grande firma a interloquire con un simile personaggio. Perché? Semplice: tutti noi sappiamo quanto siano bravi gli uomini politici (la maggior parte) a vendere la pelle dell’orso e magari a dare una risposta che non è tale. Ebbene, a questo punto se chi lo intervista non è una persona che “sta dentro alle segrete cose”, passa per buona una informazione falsa.

Ecco la ragione per la quale si affidava un compito così delicato ad un giornalista di razza. Non è una difesa di casta (come sostiene chi denigra l’Ordine), ma soltanto una difesa per chi ci legge, ci vede o ci ascolta.

Più volte, quando ero presidente dell’Ordine del Lazio (lo sono stato per diciotto anni) mi sono battuto contro questa prassi, fin dai tempi in cui era la signora Mara Venier a esibirsi in un programma di grande ascolto che si chiamava “Domenica In”. Ed ho continuato a combattere, qualche volta vincendo, altre perdendo. Ma non mi sono mai tirato indietro, nemmeno adesso che sono un semplice consigliere dello stesso Ordine.

Già prima delle ultime elezioni europee, avevo espresso per iscritto con una lettera a tutti i consiglieri la mia posizione. Mi chiedevo soprattutto dove erano finiti i tre direttori di Mediaset, come mai non protestavano, non richiedevano l’intervento del comitato di redazione, l’organo sindacale interno di una testata.

Già, il sindacato: in queste circostanze non si è mai espresso: né a livello regionale, né a livello nazionale con la Federazione della Stampa. Spesso, nei miei vecchi interventi, avevo chiamato in causa il segretario e il presidente della FNSI. Mai avuto una risposta, mai una parola in difesa dei colleghi e della nostra professione che veniva – lasciatemelo dire – calpestata.

Nell’episodio più recente, ancor prima che intervenisse (a mio avviso giustamente) Iacopino, avevo scritto una lettera aperta ai miei colleghi del Lazio, sostenendo che dovevamo intervenire, che non si poteva lasciar correre o fare spallucce senza affrontare un problema così delicato. Se ne volete una conferma, basterà aprire il sito dell’Ordine del Lazio, cliccare sul blog e quando apparirà la mia foto potrete leggere una lettera del 3 luglio (oltre quattro mesi fa) in cui si spiegavano le ragioni di una immediata protesta e, semmai, di un esposto alla Magistratura per esercizio abusivo della professione.

Il mio scritto è rimasto nei cassetti, ma questo è purtroppo l’handicap di chi è minoranza. Mi auguro, comunque, che i giudici valutino il ricorso del nostro organismo nazionale ed emettano una sentenza in cui il saggio “unicuique suum” venga rispettato.

Vorrei infine rivolgere una preghiera ai tre direttori giornalistici di Mediaset, e cioè di Canale 5, Rete 4 e Studio Aperto. Possibile che non abbiate niente da dire? Possibile che il vostro io non si ribelli dinanzi ad un simile sopruso? Possibile che non sentiate la necessità di rivolgervi all’editore dicendogli semplicemente: “Ma noi che ci stiamo a fare?”