Irpef e Irap, dipende da loro il futuro del governo? Conte si o Conte no? La politica si interroga sul futuro del premier e sfoglia la margherita. Un giorno non ha dubbi sul domani del presidente del Consiglio, un altro ha qualche incertezza e non prende una posizione netta. Certo se il premier riuscisse ad ammorbidire l’opposizione (specialmente Forza Italia) non incontrerebbe altri ostacoli sul suo cammino. Anche se Renzi dovesse lanciare ultimatum e tenere la maggioranza appesa ad un filo.
L’ex ministro Giulio Tremonti (una stella ai tempi di Berlusconi) è lapidario: “Per la Lega e Fratelli d’Italia, la grande coalizione è una occasione storica. Nel dopoguerra anche l’insuperabile Churchill fece entrare al governo i laburisti di Attlee. Quando il Paese è con l’acqua alla gola non ci si deve dividere. Altrimenti la crisi ti travolge”.
La verità è che i dubbi sul futuro di Conte dipendono spesso dalla incertezza degli uomini che abitano i Palazzi romani. Nella maggioranza sarebbe inutile nascondere qualche crepa. Che però viene ridimensionata dalla diplomazia del premier che si dimostra giorno dopo giorno un ottimo mediatore. “Sembra un democristiano d’altri tempi”, sostiene una vecchia volpe di Montecitorio.
Sia come sia mentre Giorgia Meloni e Matteo Salvini non cambiano atteggiamento e non arretrano di un centimetro, i berlusconiani non sono così sicuri di essere sempre intransigenti. Ad esempio Maria Stella Gelmini, capogruppo alla Camera, che nutre qualche perplessità.
“Per il bene dell’Italia noi non siamo contrari “tout-court” al piano di Conte. Senza essere per questo favorevoli al Governo”. Tipica affermazione della lingua politichese che si barcamena quando ci si trova al bivio di un problema così importante. Meglio non dire né si, né no. Le poltrone vanno salvate!
Non aiuta la navigazione della maggioranza questa acredine che c’e fra i due schieramenti. Per essere più concreti Pier Luigi Bersani, esponente storico della sinistra, se la poteva risparmiare quella frase pronunciata giorni fa: “Con la destra alla guida del Paese non sarebbero bastati i cimiteri”.
Apriti cielo: è successo il finimondo e un uomo scaltro come il rappresentante di Liberi e Uguali l’avrebbe dovuto prevedere. Ha preferito la battuta ad effetto e subito la Meloni gli ha puntato il dito contro: “E’ il solito odio ideologico della sinistra”, ha esclamato. Punto e basta.
Sul futuro del premier l’ostacolo più insidioso è senza dubbio quello dell’economia. E’ la grande paura dell’autunno dove insieme ai bilanci che non tornano c’è anche il timore di una ripresa del virus. L’Europa – non si deve negare- sta venendo incontro all’Italia e agli altri Paesi che non vivono tranquilli.
Christine Lagarde, numero uno della BCE, ha messo sul piatto un super bazooka di 600 miliardi che, uniti ai precedenti, diventano complessivamente 1350. Non è poco, diciamolo. Con questi danari, se arrivano presto, si potrebbero dimezzare l’Irap e l’Irpef risparmiando un miliardo nel 2020 e due nel 2021.
La rinascita non è stata per il momento strangolata solo dal Covid19, ma anche dalla burocrazia che non si riesce a combattere e a vincere. L’allarme è che la mafia e gli estremisti possano cavalcare la rabbia. Ecco perché, seguendo le parole del capo dello Stato, questo non è il tempo delle polemiche, ma del lavoro comune. Lo sappiano a Montecitorio e a Palazzo Madama.