Cuba. Raul chiude l’era Fidel e L’ Avana spera, ora forse via embargo

Licinio Germini
Pubblicato il 18 Dicembre 2014 - 09:47 OLTRE 6 MESI FA
Raoul Castro

Raoul Castro

CUBA, L’AVANA – Raul archivia l’era Fidel. Lo storico annuncio in contemporanea da Washington e dall’Avana rappresenta un nuovo successo politico per il fratello e successore del lider maximo, 83 anni, impegnato – come lui stesso ha ricordato oggi – nella costruzione di un “un socialismo prospero e sostenibile”, per la quale il rilancio dei rapporti con gli Usa sarà cruciale. Malgrado i dissidenti oscillino fra lo scetticismo esplicito e la prudenza tattica, ora all’Avana si respirava un clima di sollievo, perfino di festa.

Anche se lo stesso Castro ha sottolineato, nel suo breve discorso televisivo, che la liberazione degli ultimi tre agenti dell’intelligence cubano detenuti negli Usa “è una decisione del presidente Obama che merita il rispetto e la riconoscenza del nostro popolo”, ma che i segnali di avvicinamento fra i due paesi “non risolvono la questione principale, cioè l’embargo economico, commerciale e finanziario, che provoca enormi danni economici e umani, e deve cessare”.

Il primo successo mercoledi per il leader cubano è stato senza dubbio l’annuncio del rientro nell’isola dei tre agenti dell’intelligence arrestati nel settembre del 1998 in Florida e condannati per spionaggio negli Usa, “Fidel nel luglio del 2001 disse ‘Volveran’ (torneranno) e oggi sono arrivati”, ha dichiarato con orgoglio, rendendo omaggio al fratello. “Gerardo, Ramon e Antonio”, come li ha chiamati Raul Castro, erano infatti gli ultimi tre membri della “Rete Vespa” dei servizi cubani ancora in prigione negli Stati Uniti, gli ultimi del gruppo dei “Cinque Eroi” che durante più di un decennio sono stati i protagonisti di costanti campagne di opinione, tanto nell’isola come all’estero, fino a diventare un simbolo della “resistenza contro l’imperialismo”.

Incassato questo successo, il leader cubano ha ricordato che da quando ha assunto il suo mandato ha “espresso in varie occasioni la nostra disponibilità a mantenere un dialogo rispettoso, in base ad un’uguaglianza sovrana, con il governo degli Usa”, per “discutere e risolvere le nostre differenze senza rinunciare a uno solo dei nostri principi”. Per l’erede di Fidel, insomma, lo scambio di gesti di buona volontà rappresenta il coronamento di un lungo processo di liberalizzazione economica, la sua personale perestroika, che ha già portato innovazioni inimmaginabili, fino a pochi anni fa, per i cubani: un dinamico settore privato nei servizi e nel trasporto, maggiore facilità per viaggiare all’estero, deregulation della vendita di immobili ed automobili e riforma progressiva del mercato cambiario.

Per Castro questi segnali di disgelo rappresentano un successo personale: qualsiasi beneficio ulteriore che il cubano medio otterrà da questa apertura bilaterale -invio di soldi dagli Usa, estensione dell’accesso ad Internet, ecc- sarà visto come un suo merito, e una normalizzazione a medio termine dei rapporti con Washington potrebbe risultare cruciale se il Venezuela, principale socio e alleato del suo governo, trascinato dal crollo del prezzo del petrolio, entrerà in una fase terminale della sua crisi economica. .

“Ora le cose stanno cambiando davvero”, commenta il tassista Alfonso Molina, precisando che “non ci credevo quasi più”, mentre Karelia Martinez, che nel suo ufficio ha accesso a Internet, sottolinea che “non ha senso che due Paesi si tengano il broncio per tanti anni” e spera che con la nuova situazione “si possa viaggiare di più”.

Crolla quindi un altro muro e comincia una nuova era dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba. “L’isolamento non ha funzionato”, è giunto il momento di “un nuovo approccio” tra i due Paesi che porti anche alla fine dell’embargo”, ha dichiarato il presidente. E sia Obama che Castro hanno affermato che un importante ruolo per giungere a questo risultato lo ha svolto il Pontefice, che negli ultimi mesi aveva scritto ad entrambi, mentre ad ottobre il Vaticano ha ospitato anche un incontro tra le delegazioni dei due Paesi. “Voglio ringraziare Papa Francesco”, ha detto Obama, così come Castro, che ha ringraziato il Vaticano “e in particolare Papa Francesco” per la sua mediazione.