Egitto. Gli Usa vogliono i militari a potere, gli europei non contano nulla

Licinio Germini
Pubblicato il 18 Agosto 2013 - 13:07 OLTRE 6 MESI FA
Disordini in Egitto

Disordini in Egitto

WASHINGTON, STATI UNITI – Al Congresso di Washington la incerta e traballante politica verso l’Egitto in fiamme del presidente Barack Obama non piace quasi più a nessuno: non piace ai repubblicani, e questo è naturale, e non entusiasma i democratici inorriditi dal bagno di sangue in atto da parte dei militari al potere contro i Fratelli Musulmani fedeli al deposto presidente Mohammed Morsi, regolarmente eletto e in un primo tempo sostenuto da Washington prima che cominciasse ad approfittare dei suoi poteri.

Le bordate più dirompenti contro Obama, che a detta di certi ossevatori sulla questione egiziana non sa a che santo voltarsi non avendo fatto abbastanza per rispondere all’inferno in atto in quel Paese è il senatore repubblicano John McCain, ex candidato alla Casa Bianca. ”Non ha fatto abbastanza – va dicendo in Congresso ed a chiunque disposto ad ascoltarlo –  abbiamo violato le nostre stesse regole non chiamando quanto successo in Egitto per quello che e’, perchè se avessimo detto che si e’ trattato di un colpo di stato allora gli aiuti sarebbero stati tagliati. Abbiamo violato i nostri valori e questo e’ una perdita di credibilita”.

A criticare Obama per la mancata sospensione degli aiuti militari pari a 1,3 miliardi di dollari l’anno, e’ anche un altro senatore repubblicano, Rand Paul. ”Il presidente condanna la violenza in Egitto, ma la sua amministrazione continua a inviare miliardi di dollari per aiutare a finanziarla. La legge degli Stati Uniti e’ chiara: quando c’e’ un colpo di stato gli aiuti esteri vanno fermati, a prescindere dalle circostanze”, afferma.

Si tratta di un miliardo e 300 milioni di dollari l’anno che in gran pare vanno ai militari capaci così facilmente di sterminare i loro oppositori. Qualcuno rimpiange l’ex-rais Horni Mubarak, deposto a furor di popolo, anche lui un tiranno, certamente, intimo amico degli americani, che però per tutta la durata della sua lunga permanenza al potere ha mantenuto l’Egitto stabile.

Il fatto è che anche dopo la caduta di Mubarak nell’appassita primavera araba gli americani hanno mantenuto stretti rapporti con i militari egiziani, che li hanno sempre aiutati in operazioni contro il terrorismo, incluso quello di marca Al Qaeda. Un legame che difficilmente potrà essere interrotto. Gli europei, che in Egitto contano meno di niente si sbracciano per for fine agli eccidi. Ma come? Se i militari egiziani non ascoltano gli americani e continuano a sterminare i Fratelli Msulmani – anche loro a onor del vero non certo delle margherite – cosa può fare l’Europa? La risposta è: niente. Come in Siria, dove gli stessi americani hanno paura di armare tra i ribelli futuri membri combattenti di Al Qaeda.

In Egitto le flebili voci dell’Europa non le ascolta nessuno. ”La responsbailità per questa tragedia ricade pesantemente sul governo ad interim così come sulla più ampia leadership politica nel paese”. Così l’Alto Rappresentante Ue Catherine Ashton in una nota sulla situazione in Egitto. ”Faccio di nuovo appello a tutte le parti a fermare la violenza e alle forze di sicurezza a dar prova di moderazione”, ha dichiarato Ashton, invitando ”le forze politiche a esprimere il loro punto di vista pacificamente” in modo da ”lasciare aperta la possibilità per un processo politico che riporti l’Egitto su un percorso democratico e guarisca le ferite inflitte alla società egiziana”.

La rappresentante della diplomazia Ue ha quindi sottolineato di aver seguito gli eventi degli ultimi giorni ”con sgomento e grande preoccupazione”, di fronte a un numero di vittime e feriti definito ”scioccante”. Ma sono solo parole, che non ascolteranno nè i militari nè i Fratelli Musulmani.