Egitto. Pressioni da Israele, dal Congresso, acque tempestose per Obama

Licinio Germini
Pubblicato il 13 Luglio 2013 - 15:56 OLTRE 6 MESI FA
Navi Usa verso coste egiziane

Navi Usa verso coste egiziane

WASHINGTON, STATI UNITI – Due navi militari, ovvero unità da guerra, della US Navy di pattuglia nel Mar Rosso si sono avvicinate nei giorni scorsi alle coste dell’Egitto, dopo essere state sin da maggio nelle acque tra il Corno d’Africa, il Golfo Persico e lo stesso Mar Rosso. Lo ha reso noto il comandante dei Marines, generale James Amos, sottolineando che ”attualmente l’Egitto e’ in una crisi”, ma senza entrare nei dettagli.

E’ prassi abbastanza comune per gli Usa avvicinare navi militari alle coste di Paesi in crisi, per essere pronti in caso di necessita’ all’evacuazione di cittadini americani. Si tratta della nave d’assalto anfibio USS Kearsarge e della nave da trasporto anfibio USS San Antonio, ha detto il generale Amos, parlando al Center for Strategic and International Studies, un think tank di Washington.

Intanto quanto sta accadendo in Egito e quanto potrà accadere innervosisce sempre più israele, che ha esortato gli Stati Uniti a non fermare, a causa del colpo di stato i fondi di 1,3 miliardi di dollari che ogni anno inviano all’esercito egiziano. La richiesta – hanno rivelato i media israeliani che citano una fonte Usa – è stata trasmessa attraverso diversi canali, soprattutto conversazioni telefoniche tra le leadership dei due paesi nello scorso fine settimana.

Il primo ministro Benyamin Netanyahu avrebbe cosi’ parlato con il segretario di stato Usa John Kerry, il ministro della difesa Moshe Yaalon con il suo omologo statunitense Chuck Hagel e il responsabile della sicurezza nazionale Yaakov Amidror con la sua controparte alla Casa Bianca Susan Rice. La fonte – citata dai media, in particolare da Haaretz – ha detto che tutti i colloqui sono stati finalizzati a coordinare le posizioni dei due Paesi sulla crisi egiziana.

La leadership israeliana avrebbe messo in guardia che il taglio degli aiuti militari all’Egitto potrebbe comportare un impatto sulla sicurezza di Israele, soprattutto un deterioramento della situazione nel Sinai confinante con lo stato ebraico e da tempo instabile per la presenza di movimenti islamici radicali. Ma anche – ha detto la fonte – sullo stesso Trattato di pace tra Israele e l’Egitto, che pur non coinvolgendo direttamente gli Stati Uniti, tuttavia li vede firmatari dei connessi accordi di sicurezza tra i due paesi.

Inoltre, Amidror avrebbe sottolineato alla Rice e alle sue controparti negli altri paesi occidentali di sperare che la nascita di un nuovo governo in Egitto porti alla formazione di una coalizione la più ampia possibile e che non congeli l’opposizione come fatto dai Fratelli Musulmani, responsabili della caduta del presidente Morsi sostenuto, con vari gradi di esitazione per il suo autoritarismo, dagli stati uniti.

Se Israele auspica il rafforzamento dei militari egiziani con i fondi Usa, a Washington non tutti la pensano così. Tra gli altri l’influente senatore repubbicano John Mcain, ex-candidato presidenziale, il quale chiede che gli Stati Uniti sospendano gli aiuti militari all’Egitto, ”perche’ l’esercito ha annullato il voto degli egiziani”. Ma l’amministrazione Obama continua a tenere un basso profilo sull’Egitto, e a prendere tempo. Il fatto è che i rapporti tra Washington e i generali egiziani sono saldi da anni,

Dietro le quinte l’amministrazione ha sollecitato l’esercito egiziano ad evitare di usare le maniere forti, hanno affermato due funzionari citati in forma anonima dall’agenzia Bloomberg, secondo cui esiste il timore che i militari vogliano regolare una volta per tutte i conti con i Fratelli Musulmani e la cosa potrebbe dare il via ad una nuova stagione di terrorismo internazionale, con l’inevitabile intervento di Al Qaeda. Una eventualita’ di certo da non sottovalutare, considerato che i Fratelli Musulmani hanno inizialmente ispirato il giovane Osama bin Laden e l’attuale capo di al Qaeda, Ayman al Zawahri, che peraltro e’ egiziano.

Nel suo comunicato dopo la destituzione del presidente Morsi, Obama non ha mai citato la parola ”golpe”, pur affermando che, ”tenuto conto degli sviluppi in atto ho dato direttive alle agenzie e ai dipartimenti competenti di valutare le implicazioni di legge rispetto agli aiuti americani al governo egiziano”. Cosa vuole dire? Poco, molto poco.

Negli Stati Uniti la legge pero’ e’ chiarissima nel vietare ”qualsiasi assistenza al governo di qualsiasi Paese il cui capo del governo debitamente eletto venga deposto da un colpo di stato militare” o da un golpe ”in cui i militari svolgano un ruolo decisivo”. Un elemento a cui fa riferimento il senatore McCain, ma non l’unico. ”Sono consapevole che l’esercito e’ l’unica istituzione stabile in Egitto e sospendendo gli aiuti rischiamo di creare altri problemi”, ma gli Stati Uniti, afferma McCain, non possono ”ripetere gli errori del passato sostenendo la destituzione di un governo liberamente eletto”.