Shutdown. Guerra al Congresso. Duro colpo per economia Usa e mondiale

Licinio Germini
Pubblicato il 1 Ottobre 2013 - 10:16 OLTRE 6 MESI FA
Il Congresso degli Stati Uniti

Il Congresso degli Stati Uniti

WASHINGTON, STATI UNITI – Chiude lo Stato federale americano. Alla fine di una giornata febbrile, il Congresso non ha trovato un’intesa sul finanziamento della macchina statale della prima potenza mondiale. Subito dopo la mezzanotte e’ scattato cosi’ il cosiddetto shutdown. E subito dopo, a caldo, il presidente Barack Obama si e’ rivolto alle truppe con un video messaggio dal fortissimo significato simbolico. A chi rischia la vita per difendere la pace e la sicurezza d’America, il commander in chief ha voluto parlare chiaro, prendendo le distanze dai politicanti di Washington: ”Voi e le vostre famiglie meritate molto meglio delle disfunzioni viste al Congresso”, ha detto Obama.

Un modo per mettere ancora piu’ in crisi il partito repubblicano, sempre piu’ ostaggio dell’ala estremista del Tea Party, anche di fronte alle Forze armate, tradizionalmente vicine al partito conservatore. Ad ogni modo, la ‘chiusura’ sara’ un durissimo colpo per l’economia Usa e mondiale che rischia di minacciare i timidi segnali di ripresa dall’ultima crisi finanziaria, la peggiore da tempi della Grande recessione. Il precedente shutdown risaliva a 17 anni fa, duro’ oltre quasi un mese e costo’ 2 miliardi di dollari alle casse dello Zio Sam.

Stavolta mettera’ in pericolo il lavoro di circa 800mila lavoratori statali. La fine del finanziamento dello Stato federale e’ scattato un minuto dopo la mezzanotte del 1 ottobre, ora di Washington, quando in Italia erano appena passate le sei di mattina. In seguito al blocco dei fondi, ci sara’ la chiusura dei musei, degli sportelli ministeriali e persino dei parchi naturali in tutti gli States, con conseguenze drammatiche per settori cruciali, soprattutto a Washington, come ad esempio il turismo.

Il blocco e’ stato provocato dal durissimo muro contro muro tra Casa Bianca e Grand Old Party sul budget. Ma il vero scontro e’ sulla riforma sanitaria: il partito repubblicano, che ha la maggioranza alla Camera, ha deciso di bloccare ogni finanziamento alla controversa Obamacare, proponendo un via libera ai fondi a patto che si ritardasse di un anno l’entrata in vigore della riforma, prevista proprio oggi, martedi’ 1 ottobre. Di contro, Barack Obama e il partito democratico, non si sono piegati, tenendo il punto e difendendo l’immediata applicazione di una legge approvata anni fa al termine di una battaglia campale e che da subito avra’ effetti concreti cambiando la vita di circa 35 milioni di americani.

I deputati repubblicani avevano proposto al Senato, in mano ai democratici, una Conference Commitee, una sorta di commissione speciale dove dare il via a un negoziato formale sul Budget. Tuttavia, questa ipotesi, avanzata a circa un’ora dalla mezzanotte, è apparsa quanto meno beffarda, visto che era arrivata molto in ritardo e tutti pensavano che non sarebbe riuscita ad evitare lo shutdown. Lo stesso influente senatore democratico Harry Reid aveva appena bocciato ogni mediazione attaccando frontalmente i Tea Party e il Grand Old Party. ”Domani per colpa loro sara’ una brutta giornata per l’America e gli americani”, ha detto con tono solenne.

Con lo shutdown a scattare sarebbe innanzitutto la fine del finanziamento di tante attività statali considerate “non essenziali”. Una mazzata incredibile al Pil americano, si stima un meno 1,4 se la ‘chiusura’ dovesse durare un mese, e che gia’ lunedi ha provocato un calo a Wall Street di quasi un punto percentuale. Probabile anche un aumento del debito di circa 2 miliardi di dollari e durissimi effetti sulla disoccupazione: sono circa 800 mila le persone che potrebbero perdere il loro posto di lavoro nelle prossime settimane. Una crisi che colpirà soprattutto la capitale, Washington, l’area dove c’è la più alta concentrazione di uffici federali.

Gli osservatori sono concordi che per Washington sarà uno ‘tsunami’. Qui lo shutdown potrebbe provocare a partire da martedi’ una perdita secca di 200 milioni di dollari al giorno per le casse dello Stato, e una crisi occupazionale per il 60% dei 377 mila ministeriali che lavorano nei palazzi a due passi dalla Casa Bianca, il celebre Federal Triangle. Per non parlare delle conseguenze macroeconomiche al livello mondiale, come ha segnalato esplicitamente Obama, in un momento in cui tutte le economie del pianeta seguivano con speranza i segnali di ripresa che sono venuti dagli States negli ultimi mesi. Ma il clima di lotta all’ultimo sangue sulla riforma sanitaria, la controversa Obamacare, non lascia scampo.

La destra repubblicana aveva approvato alla Camera, dove ha la maggioranza, una norma per rinviare l’entrata in vigore di un anno della Obamacare, già prevista per il primo ottobre. Legge su cui Obama ha annunciato il suo veto. A quel punto, a mo’ di rappresaglia, il Grand Old Party ha provocato lo shutdown. Intanto la Cnn ha già fatto un sondaggio su chi sarà incolpato dagli americani per questo disastro, su chi perderà il cosiddetto ‘blaming game’. E il responso appare univoco: la maggioranza dei cittadini Usa ritiene che sono i parlamentari repubblicani i principali responsabili del blocco, tanto che arriva a definirli ”bambini viziati”.

Dopo la ‘chiusura’ del governo, l’attenzione di tutti sarà rivolta alla prossima data cerchiata in rosso su tutti i calendari degli operatori economici: quel 14 ottobre entro il quale, senza un accordo bipartisan sull’innalzamento del tetto del debito, gli Stati Uniti rischiano addirittura il default, un ‘fallimento tecnico’, le cui conseguenze sarebbero decisamente molto più gravi di quelle provocate dallo shutdown