2012: Grecia euro addio a furor di voto e Francia socialista non firma

di Lucio Fero
Pubblicato il 14 Febbraio 2012 - 13:32 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Gli imperscrutabili e irrazionali mercati e le arcane, sospette e maligne agenzie di rating una ne combinano e cento ne pensano, adesso infatti le Borse non festeggiano il sì di Atene all’Europa e Moody’s declassa ancora l’affidabilità finanziaria di Italia, Spagna, Portogallo e vede “grigio” anche il futuro dei bilanci pubblici inglesi, francesi ed austriaci. Sono pazzi, maligni e incontentabili questi mercati e queste agenzie, così almeno nella narrazione che quotidianamente ne facciamo. Ci torna in qualche modo utile e consolatorio considerarli poteri ed entità “misteriche”, utile e consolatorio forse proprio perché sono poteri ed entità guidati e mossi invece dalla più semplice ovvietà. Vedono l’invisibile e l’occulto i mercati finanziari e le agenzie di rating? Tutt’altro, vedono e basta. E neanche con sguardo particolarmente “lungo” o “corto”, si limitano a guardare. Al massimo non distolgono lo sguardo.

Guardando, senza particolare sforzo vedono l’alta possibilità, la quasi certezza che la Grecia esca dall’euro entro l’anno, e ne esca a furor di voto. In Grecia si vota ad aprile: i due partiti che hanno dato in Parlamento il loro sì all’accordo con Europa, Fmi e Bce e quindi alle misure fortemente impopolari “valgono” nei sondaggi ad oggi non più del 40 per cento dei consensi, 40 per cento in erosione. Il partito socialista che aveva da solo il 40 per cento è accreditato di un faticoso dieci per cento, Nuova Democrazia, il partito di destra, di un calante 30 per cento. Se queste cifre saranno confermate i due partiti insieme non faranno maggioranza nel voto di aprile. E non sta scritto da nessuna parte che vogliano stare insieme in un governo, che le loro percentuali di voto si possano sommare. L’altro partito di destra, quello che è già uscito dal governo che c’è e non ha votato l’accordo “vale” oggi in dieci per cento in crescita e a circa il 30 per cento dei consensi ammonta la quota dei molti partiti di sinistra che vanno a chiedere voti contro l’accordo con l’Europa. Non ci vuol molto a immaginare, a “vedere” che nelle elezioni greche di aprile la maggioranza dei votanti sarà a vario modo e titolo “contro” l’Europa. Quindi in Grecia o governi troppo deboli per sostenerlo e attuarlo quell’accordo o governi che a quell’accordo si sottrarranno  dopo averlo denunciato.

Lo sanno in Grecia e lo sanno in Europa. Anche chi ha votato oggi sì all’accordo lo ha fatto, e lo ha detto in Parlamento, per impedire che subito, “il 16 febbraio” in Grecia fossero bloccati pagamenti, banche, commercio. La Grecia ha bisogno di tempo per prepararsi al possibile addio all’euro e l’Europa ha bisogno degli stessi mesi di tempo per minimizzare l’impatto. Ma tutti sanno che con tutta probabilità l’elettorato greco dirà no e quindi la Grecia se ne andrà verso la dracma. Quindi, ovviamente, banalmente i mercati finanziari e le agenzie di rating vedono che i titoli di Stato dei paesi europei sono “sicuri” a breve termine, ma, come dicono loro, l’outlook, le previsioni sono “negative”. Dalla Grecia verrà una scossa tellurica, tutti si stanno preparando, nessuno lo dice esplicitamente, i mercati invece sì. Senza panico ma con consapevolezza, la consapevolezza di chi i soldi ce li mette.

La Grecia quasi sicuramente fuori dall’euro a furor di voto…e si vota anche in Francia. Dove il candidato socialista alla presidenza della Repubblica, Francois Hollande, fa campagna elettorale giurando che, se eletto, non firmerà il “fiscal compact”, il patto di bilancio europeo sottoscritto dalla Merkel e da Sarkozy. Sono buone le possibilità che Hollande vinca, quindi sono buone le possibilità che la Francia nella seconda metà del 2012 si tiri fuori non dall’euro ma dalla cintura di sicurezza e di economica “castità” che la Germania e soprattutto l’elettorato tedesco giudicano indispensabili. La Francia socialista di Hollande vuole patto di bilancio più dolce, cioè nessun obbligo stringente a tenere il deficit annuale di ciascun paese entro i limiti dello 0,5 per cento del Pil. D’accordo con Hollande su questo punto è il Pd italiano di Bersani e tutta la sinistra italiana. Nel 2013 in Italia si vota e la sinistra queste elezioni può anche vincerle. Quindi, ovviamente, banalmente i mercati finanziari e le agenzie di rating vedono un’Europa che ci riprova a scommettere, a rischiare deficit e debito per finanziare la crescita economica. E anche questo a furor di votanti. Sono davvero “misteriche” le reazioni dei mercati e delle agenzie? Forse sono sbagliate ma non certo imperscrutabili o irrazionali. L’Europa che uscirà dal biennio elettorale 2012/2013 proverà ad allentare il rigore di bilancio per non soffocare e per non essere travolta dagli elettorati continentali. Chi ci mette i soldi sui titoli di debito europeo semplicemente si regola di conseguenza.