Arbitri, un giallo chi protesta e vi detteranno meno “errori”

di Lucio Fero
Pubblicato il 29 Ottobre 2012 - 12:35 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Gianni Petrucci, presidente del Coni, ha fatto la morale a tutti quelli che protestano “dopo” gli errori arbitrali. Indossando i panni di un improbabile Salomone del calcio ha ammonito che “ci vuole umiltà…gli errori vanno accettati…bisogna smetterla di fare i primi della classe…gli arbitri stanno lavorando benissimo…”.

Quattro frasi che Petrucci ha rivolto agli altri, dimentico di rivolgerle a se stesso, al “governo del calcio” e quindi agli stessi arbitri. Arbitri che non stanno “lavorando benissimo”. Anzi, stanno quasi sistematicamente non applicando una parte del regolamento. Quale? Quella che in Italia non attecchisce per consenso quasi unanime. “Non ha protestato, quindi non c’è rigore”: quasi sempre il cronista tv commenta così. In Italia la regola accettata e condivisa è quella di misurare la regolarità o meno delle azioni di gioco dalla intensità delle proteste in campo. Risultato: protestano tutti sempre e comunque, non c’è mai un fischio dell’arbitro che non sia seguito da una faccia incredula e sfottente, da un braccio che manda a quel paese, da sorrisi di scherno, da corsette intimidatorie verso l’arbitro.

E di fronte a questo l’arbitro che fa? Nulla, quasi sempre assorbe e “abbozza”. Eppure il regolamento gli consente e suggerisce di zittire la protesta quando questa diventa metodica e quindi molesta. Ma gli arbitri non lo fanno, non fanno rispettare in campo l’indicazione che “gli errori vanno accettati”. Per i giocatori, i dirigenti, quelli in panchina e in tribuna, gli “errori vanno ribaltati”, anche e soprattutto quando non sono errori. L’aritmetica nella testa di un  giocatore è semplice e intuibile è l’equazione: se protesto sempre non rischio nulla o quasi, se protesto sempre qualche volta ottengo la partita. Pago zero, sempre. Una volta su dieci incasso cento. Chi non protesterebbe sempre?

Simone Pepe, il giocatore juventino più solerte e deciso a protestare contro il gol regolare del Catania sapeva che nulla rischiava. E ha portato a casa l’annullamento del gol. Fosse stato subito ammonito in quella e in cento e mille partite precedenti insieme a cento e mille di tutte le squadre che fanno altrettanto, gli arbitri si vedrebbero dettare meno errori. Ma bisognerebbe diffondere in giro un po’ di cultura, infatti è vero che “se non protesta non c’è rigore”, in Italia. Ma appena fuori dei confini la regola da aurea diventa di pessima latta. Fuori dai confini se fai scena, se molesti l’arbitro con la protesta rischi il giallo e anche il rosso. Da noi sarebbe chiamata “persecuzione”.