Gran Casino al Gran Casinò art.18. Meglio se: “d’ora in poi e di corsa”

di Lucio Fero
Pubblicato il 26 Marzo 2012 - 14:50 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Elsa Fornero dice a La Repubblica che “non sarà fatta a polpette”: motivata certezza o scongiuro di ministro su quel che alla fine sarà del nuovo articolo 18? Più il secondo che la prima, più scongiuro che certezza. Pierferdinando Casini avverte: a furia di tirarlo di qua e di là il nuovo articolo 18 finisce che si strappa non tanto l’articolo quanto il governo. Crisi di governo temuta davvero dal leader del Terzo Polo o avviso, avvertimento, come quei segnali stradali che annunciano: attenzione, uscita automezzi? Più il secondo che la prima, la crisi di governo non se la può permettere né il Pd né il Pdl. Però possono giocare a chi ci va più vicino, a chi “stacca” per primo come in Formula 1, a chi “frena” un attimo dopo l’altro ed entra in curva più veloce del concorrente. Angelino Alfano dice che se la riforma del lavoro, nuovo articolo 18 compreso e per nulla cambiato, non è legge entro l’estate “il governo ci perde la faccia”. Bluff di segretario del Pdl o “dead line” della pazienza politica del Pdl? Diciamo metà e metà.

Susanna Camusso dice che “il governo ha sbagliato e deve fare marcia indietro”. Ora è il segretario della Cgil a dare “pagelle”, dopo la “professoressa” Fornero ecco la Camusso nel ruolo della “preside” di istituto vecchio stampo che spiega come l’unica vera e utile novità sia non fare nulla e tenersi il vecchio e caro regolamento. Raffaele Bonanni e Pier Luigi Bersani dicono che alla fine tutto potrebbe aggiustarsi e risolversi, in Parlamento e nei luoghi di lavoro, mandando ogni licenziamento e licenziato dal giudice e che poi se la veda la magistratura. Dal Pdl ribattono che no, di fare così non se ne parla ma, se proprio se ne dovesse parlare, allora vanno cancellati o quasi gli aggravi di costo per le aziende sui contratti a tempo determinato. Insomma uno “scambio”: si toglie dalla nuova legge un po’, anzi tanto, di quanto non piace alla sinistra e contemporaneamente si toglie dalla nuova legge un po’, anzi tanto, di quanto non piace alla destra. Con l’effetto collaterale, non si sa quanto spiacevole per i partiti che sostengono il governo Monti, di amputare emntrambe le braccia alla riforma Monti-Fornero lasciandone in vita un tronco sostanzialmente immobile e inutile.

Insomma è un bel e grande “casino” il nuovo articolo 18. Un “casino” che sembra proprio destinato a peggiorare. Allo stato dei fatti, anzi dei quasi fatti perché la riforma è tutt’altro che legge vigente ma solo un disegno di legge e perché lo stesso disegno di legge non è ancora inchiostro su carta, il “vecchio” articolo 18 appena “cancellato” è vivo e “lotta”, eccome se lotta. Non è morto ma neanche vivo, non è risorto ma non è seppellito, diciamo che è un moribondo che cammina piuttosto arzillo. L’ultima che si è saputa del disegno di legge e la “conciliazione” obbligatoria e preventiva in caso di licenziamento per motivi economici. Si tenta la “conciliazione”, se non riesce il licenziamento “economico” può essere contestato in quanto tale dal lavoratore licenziato davanti al giudice. Il lavoratore può reclamare: dicono licenziamento economico ma in realtà è licenziamento di altra natura mascherato da economico. La previsione è che tutti o quasi i licenziati faranno così, denunciando il trucco vero o presunto del datore di lavoro che licenzia. Lo faranno anche i dipendenti davvero licenziati solo per motivi “oggettivi”, cioè economici. E parallela previsione prevede appunto che molti datori di lavoro proveranno a vestire e travestire i licenziamenti altrimenti decisi in licenziamenti economici. Insomma il datore di lavoro proverà a “truccare” e altrettanto farà il lavoratore: ai magistrati sciogliere la matassa del doppio trucco incrociato. In tempi che, per quanto promessi “brevi” saranno nei fatti lunghi, molto lunghi. Insomma e appunto un “gran casino” già adesso e poi il Parlamento ci aggiungerà del suo, un prevedibile robusto incremento di “casino” con il taglia, cuci, cancella, compensa, emenda.

Eppure una via se non proprio una soluzione ci sarebbe. Non la migliore possibile ma la possibile in un mondo politico-sindacale che è quello che è e non è dei migliori. Cosa vogliono in fondo la Cgil e il Pd? Salvare la condizione attuale dei cosiddetti “insiders”, insomma dei lavoratori attualmente coperti dall’articolo 18 così come è. Si dia dunque alla Cgil e al Pd ciò che vogliono, si stabilisca che il nuovo articolo 18, qualunque esso sia, vale solo per i nuovi assunti. Giusto, sbagliato? Praticabile: si mantiene la protezione totale dal licenziamento  e il diritto al reintegro per chi già ce l’ha, una robustissima minoranza di lavoratori. Una robustissima minoranza che è la “ragione sociale ed elettorale” della Cgil e del Pd.

Cosa vogliono le imprese? Sapere che se investono in nuove assunzioni non se le portano appresso per tutta la vita, che non “sposano” in un matrimonio indissolubile per la vita appunto il nuovo assunto. Si dia dunque alle imprese quello che vogliono: la possibilità chiara e vera e non contorta e sbocconcellata di licenziare la forza lavoro di cui non hanno più bisogno e che non riescono a mantenere. Si dia loro questa certezza “d’ora in poi”, in modo che possano aver certezza dell’investimento e dei costi in “risorse umane” d’ora in poi.

Cosa vogliono quelli che un lavoro non ce l’hanno e lo cercano? Non il “vecchio” articolo 18 di cui allo stato attuale non potrebbero mai godere visto che non riescono ad avere un contratto che ne prevede l’applicazione. Con il vecchio articolo 18 i giovani, e anche quelli non tanto giovani, precari ci fanno la birra. Quindi soffriranno poco o nulla di quel “d’ora in poi” alla condizione che “in ingresso al lavoro” sia più facile per loro ottenere un contratto non totalmente precario.

E dal “Gran Casino” o “Gran Casinò” in cui la roulette sempre rimanda la pallina del licenziamento che gira sul tavolo del giudice come si esce? Cambiando il gioco: nessun licenziamento dovrebbe essere tale se non è stato esaminato da una “autorità terza”, autorità composta da rappresentanze sindacali di fabbrica e imprenditoriali, proprio come si fa in Germania. Autorità terza obbligata ad emettere parere di congruità o meno del licenziamento entro un tempo dato, un mese, al massimo due. Solo i licenziamenti non approvati e non composti dopo l’esame di questa autorità vanno dal giudice: in Germania una piccolissima minoranza e in fondo anche in Italia dove la gran parte delle lunghissime cause di lavoro finiscono in accordo economico tra le parti.

Una via ci sarebbe…ma la Cgil dovrebbe finirla di raccontare che il vecchio articolo 18 è “principio di civiltà” e “principio non negoziabile” e quindi la Camusso dovrebbe finirla di parlare come il più importante Vescovo e Cardinale del Vaticano del lavoro. Il Pdl dovrebbe finirla di giocare allo sgambetto al Pd e di lavorare giulivo perché il Pd inciampi sul proprio elettorato. Il Pd dovrebbe finirla di essere il partito del Sì, No, Ma Anche No… La chiarissima, si fa per dire, posizione del Pd è quella favorevole a “una manutenzione dell’articolo 18”. Cosa sia questa “manutenzione” il Pd se lo tiene segreto, un segreto così ben custodito da far pensare che nessuno sappia cosa è, nemmeno ovviamente il Pd. Di Pietro dovrebbe finirla di gridare al colpo di Stato a colazione e a cena, la Lega dovrebbe ricordarsi di quando era la Lega a voler cambiare l’articolo 18, Vendola dovrebbe finirla di raccontare che tutti possono essere assunti a vita e mai licenziabili se non fosse che esiste niente meno che il capitalismo. E Monti e la Fornero dovrebbero finirla di non dire ciò che pure va detto: abbiamo ascoltato e ascoltato le parti sociali e i partiti ma da nessuno abbiamo sentito nulla di concreto e di praticabile.

Nuovo articolo 18, davvero nuovo e diverso solo per i nuovi assunti e licenziamento valido o respinto entro un mese, al massimo due, da parte di un’autorità figlia legittima di patto sociale. Sarebbe una via, non la più giusta e neanche la migliore, ma almeno una via che non porta al “Gran Casino” o “Gran Casinò” dell’articolo 18.