Berlusconi 2011: una casa brucia, i pompieri si parlano: complotto anti fuoco!

di Lucio Fero
Pubblicato il 14 Maggio 2014 - 11:48 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi 2011: una casa brucia, i pompieri si parlano: complotto anti fuoco!ROMA – Eppur abbocchiamo sempre, più o meno tutti: l’amo del complotto per far cadere Berlusconi nel 2011 non resta mai privo di abbondante pescato. Alan Friedman prima, Tim Geithner poi: prima un giornalista e poi un ex ministro delle Finanze statunitense hanno raccontato quello che hanno visto e vissuto in quel 2011. Il giornalista tenendosi a cavallo tra ricostruzione documentaristica e romanzata sceneggiatura, l’ex ministro attingendo alla sola asciuttezza dei suoi ricordi. Due libri che in Italia, nella narrazione casalinga che facciamo di noi stessi, hanno un solo titolo: Il complotto per far cadere Berlusconi.

Il complotto…complotto è tale se è qualcosa di segreto, qualcosa ordito da poche persone e qualcosa di illegale. Se non è segreto, se non è fatto nell’oscurità e se non è oscuro perché illegale, semplicemente non è complotto. Eppure abbocchiamo sempre, più o meno tutti. Sia quelli che credono il complotto sia stata infamia e tradimento, sia quelli che pensano il complotto sia stato ristoro e salvezza per il paese e in fondo pure giustizia.

Abbocchiamo come cittadini, giornali e televisioni. Abbocchiamo al non plausibile, abbocchiamo tradendo e negando l’evidenza. Il complotto 2011 per far cadere Berlusconi lo si può efficacemente raccontare così: c’era una casa che bruciava, i pompieri si parlarono tra loro e qualcuno telefonò pure ai pompieri, complotto dunque anti fuoco!

Nell’estate del 2011 e poi per i mesi fino a novembre di quell’anno migliaia e migliaia e migliaia di investitori e risparmiatori piccoli, medi e grandi ritirarono dall’Italia circa duecento miliardi di euro. Non si fidavano, diffidavano eccome dell’esser rimborsati. Non si fidavano del governo italiano, del governo di Berlusconi, e ritiravano, portavano via i soldi dall’Italia. Chi prestava soldi all’Italia in quell’autunno voleva interessi maggiori se il prestito era a breve, minore se era a più lungo termine. Si chiama “inversione della curva dei tassi” e vuol dire che chi ci mette i soldi crede che il paese in questione farà default, cioè non pagherà il debito, presto, nei prossimi mesi.

Nel 2011 i soldi scappavano dall’Italia e l’Italia poteva fare bancarotta e conoscere una crisi di liquidità, cioè restare senza soldi per pagare stipendi, pensioni, interessi…Lo sapevano e si regolavano di conseguenze centinaia di migliaia di persone sul pianeta, l’intera struttura dei mercati finanziari, dai grandi Fondi all’omino dei Bot. Lo sapevano e lo pensavano a milioni in Europa, tutti quelli che leggevano i giornali o guardavano la tv che l’Italia rischiava il fallimento. Mai “complotto” fu più planetario.

Lo sapevano i governanti di tutta Europa e anche di America e Asia che il governo italiano di allora si rifiutava di fare quel che garantiva e che perciò sempre più nessuno si fidava a mettere un euro, un dollaro o uno yuan sull’Italia. Lo sapevano i governati e i governati che Berlusconi prendeva impegni, otteneva aiuti, disattendeva gli impegni e nessuno voleva aiutare più. La fine non di Berlusconi ma di questo modo di governare fu nel 2011 una pubblica, manifesta, acclarata e dichiarata questione di salute pubblica a livello planetario e non solo europeo. Appunto, il complotto anti fuoco dei pompieri. Peraltro con gran risuono di sirene, allarmi da tutti udibili.

Eppure abbocchiamo sempre all’amo del complotto. Perché? Perché siamo berlusconiani, oppure ingenui, oppure superficiali, oppure innamorati delle dietrologie, oppure inguaribili favolisti? Abbocchiamo sempre perché in fondo alla nostra testolina sappiamo che non è mica finita, sappiamo che la voglia di governare come governava Berlusconi, con il debito sposato alla irresponsabilità finanziaria è in fondo maggioritaria nella pubblica opinione e tra i partiti politici (Forza Italia, M5S, Lega, Sel, Fratelli d’Italia…).

Sappiamo dunque che vogliamo tornare a fare come si faceva prima del 2011 e che quindi di nuovo il mondo potrebbe tornare a non fidarsi di noi. Meglio allora chiamarlo “complotto”, a scanso qualcuno e qualcosa dovesse rinfacciarci le nostre responsabilità. Un complotto esterno al giorno leva di torno la responsabilità e la fatica di cambiare i connotati interni. Un vero affare per la coscienza nazionale, ecco perché basta un amo di cartone per tirare su più o meno tutto l’acquario nazionale.