Bersani, il governo vorrei ma non posso. Finisce a urne di giugno (2013 o 2014?)

di Lucio Fero
Pubblicato il 6 Marzo 2013 - 16:25| Aggiornato il 6 Settembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pierluigi Bersani, candidato premier della coalizione che, per dirla con parole sue “è arrivata prima ma non ha vinto”. Bersani che ha 340 deputati che bastano e avanzano ma che non  ha i senatori che servono, neanche se  aggiunge ai suoi quelli di Monti. Il che non è neanche detto…Bersani che non vuole e non può fare patti di governo con Berlusconi. Bersani che proprio non deve farli altrimenti disintegra il Pd e, sempre per dirla con parole sue, “anche il paese finito in questa tempesta perché è Berlusconi che ha seminato il più del pessimo vento”. Bersani che farebbe patti di governo con Grillo e da M5S accetterebbe anche un permesso temporaneo e limitato di governare. Bersani che però da Grillo non avrà nulla. Bersani che quindi dice, insiste: “Proporrò a chi ci sta un governo in otto punti”. Bersani che sa che nessuno ci sta. Bersani che attende da Napolitano l’incarico di tentare almeno di formare un governo. Bersani che quell’incarico con tutta probabilità non lo avrà. Bersani che con Berlusconi non vuole, con Grillo non può e allora addio presidenza del Consiglio dei ministri.

Addio allora a scadenza più o meno breve anche a Bersani leader e segretario del Pd? Al Pd riunito in tranquilla quanto drammatica riunione di Direzione sanno che magari la questione fosse addio o no a Bersani. La questione, urgente e pressante è: addio o no al Pd? Se come appare ormai quasi ovvio Bersani non avrà l’incarico di formarlo e mai nascerà il “governo di scopo in otto punti” modello Pd. Se si andrà per mancanza di alternative e impossibilità di fare altrimenti ad un governo “del presidente della Repubblica”, cioè di Napolitano che incarica l’attuale ministro degli Interni Cancellieri o una figura di Bankitalia quale Saccomanni  o altri di questa tipologia. Se questo unico governo possibile sarà come è ovvio corto nel tempo, debole nel sostegno parlamentare, limitato nel mandato. Se sarà più che un “governo del presidente” un “governo di nessuno”. Allora, dopo tutti questi “se” che presto diventeranno altrettanti “quando”, l’Italia si avvierà inevitabilmente verso nuove elezioni anticipate.

Finirà ad urne di giugno. Giugno 2013? Può essere. Per molti motivi può essere, il primo anche se non il più importante è che il “governo del presidente”, cioè di Napolitano, che dovesse nascere ad aprile già un mese dopo avrà come tutore un altro presidente della Repubblica. Già questo scombina un po’: quel poco o quel tanto di intese parlamentari e politiche che Napolitano avrà garantito spariranno appena un mese dopo. A maggio si ricomincia, qualunque cosa si sia fatta ad aprile. E verso elezioni anticipate “tira” Grillo e o dice con chiarezza, per dare il colpo di  grazia ai partiti cui invece negherà ogni collaborazione e sponda. Verso elezioni anticipate “tira” Silvio Berlusconi. Un po’ perché campagna elettorale è l’unica cosa che sa fare, un po’ perché che altro fare? Berlusconi ha già dichiarato “la campagna elettorale continua”, anzi è permanente. Verso elezioni anticipate “tirerà” anche il Pd che non potrà, non vorrà reggere il peso di un “governo del presidente” da cui tutti si terranno lontani ma sarà più facile mostrarsi lontano a Grillo e Berlusconi, molto più facile di quanto non lo sarà per Bersani.

Quindi giugno 2013? In fondo in fondo anche i famosi mercati “tirano” non tanto per elezioni anticipate quanto perché si sappia e decida chi comanda in Italia. Se l’unica è altre elezioni…Una sola controindicazione per le elezioni a giugno 2013: si rischierebbe di votare con la stessa legge elettorale di febbraio, ancora una volta di ottenere un risultato in cui non vince nessuno o almeno nessuno vince i numeri necessari in Parlamento, qualcosa capace di fiaccare, sfinire anche il baldanzoso elettorato “grillino”. E allora portarla un po’ più a lungo, finirla a urne giugno 2014?

Ci sarebbe in questo caso un gran vantaggio: un anno di “governo di nessuno” e un anno in cui i mercati finanziari, quelli che ci prestano un miliardo al giorno altrimenti non campiamo, e i governi europei, quelli che fanno da garanzia ai nostri debiti ci misurano e pesano e prezzano, un anno così e si arriverebbe alle elezioni giugno 2014 con la vera domanda: dentro o fuori? Dentro o fuori dall’Europa e dall’euro? Sarebbero elezioni chiare e definitive. Altro che le domande a facilissima risposta tipo: vuoi più o meno tasse, più o meno lavorto, più o meno Casta? Vantaggio rinforzato dal fatto che a settembre 2013 avrebbero già votato i tedeschi e che quindi chi governerà la Germania avrà già deciso se e per che cosa in Italia sostenere costi e garanzie. A inizio 2013 la Germania parlerà chiaro all’Europa, a giugno 2014 l’Italia potrebbe rispondere chiaro se dentro o fuori.

Ma, l’unico grande ma, grande come un grattacielo, è un anno di “governo di nessuno” quanto ci costa? Un anno in cui le tasse non calano, i posti di lavoro non tornano, le pensioni non si sbloccano, le banche hanno sempre più “incagli”, cioè gente che non paga e quindi sempre meno prestano. Un governo di qualcuno o di tanti o di chiunque non cambierebbe l’anno di ferro e fuoco che già c’è in un anno di velluto e unguenti. Però il “governo di nessuno” potrà fare meno di tutti e soprattutto sotto il “governo di nessuno” l’elettorato, gli elettorati diventeranno rabbiosi e pieni di rancore appunto verso tutti e nessuno. Come ne usciremmo da un anno così?

Ah, Bersani: finisca a urne giugno 2013 o a giugno 2014, comunque non “toccherà” a Bersani. Se il Pd fa questa scelta per giugno 2013 la partita elettorale sarà allora tra Grillo e Berlusconi. A giugno 2014 per il Pd toccherà di sicuro a qualcun altro correre, essere appunto in partita. Qualcuno di nome Matteo Renzi? Probabile e non perché Renzi sia un portento e un toccasana e perché Bersani sia inadeguato e pieno di difetti. Deve toccare a qualcun altro, qualunque giugno sia, a qualcuno tipo Renzi e non tipo Bersani perché il Pd che si ripresenta tal quale all’elettorato che non ha voluto mandarlo al governo non potrà essere il Pd tal quale. Dovrà essere una sorta di Lista Civica Nazionale, che non abbia paura qualcuno voti più a sinistra, che vada a cercare e convincere i voti non di sinistra, che rischi di avere il 20 per cento ma anche il 40 per cento, che non abbia in lista nessuno di quelli noti, che accerchi Berlusconi nella fortificazione della destra estrema, che resista all’assedio di Grillo con i voti di tutti quelli che all’indomani non sarebbero proprio felici di trovarsi nel portafoglio euro tramutati in lire. Presente la battaglia di Arles, Cesare assediato e assediante? Beh, una cosetta così. Il Pd tal qual è neanche se la sogna una cosetta così, ma una cosetta così o si fa lì o non si fa e vincono quindi non i “romani” ma gli “altri”. Nelle urne di giugno, 2013 o 2014?!