Pochi, storti e mascherati: i 45 miliardi di Berlusconi e Bossi

di Lucio Fero
Pubblicato il 12 Agosto 2011 - 15:09 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Un miliardo scarso dalla limatura alla spesa previdenziale, non di più perché Bossi e la Lega hanno detto che “le pensioni non si toccano” e quindi l’età per andare in pensione si allunga sì, ma di un lento passetto. Quattro o cinque miliardi, ma sulla carta, dalla “pulizia” sulla spesa per pensioni di invalidità e di reversibilità: sono scritti sulla carta della “delega assistenziale”, delega al governo di scovare domani i finti invalidi, i “poco” invalidi ed ex coniugi e/o figli che hanno redditi tali da non aver bisogno della pensione-eredità. Verrà fatto valere il principio, domani, che oltre una certa soglia di reddito, l’assistenza, sia nella forma di pensione di invalidità, reversibilità o assegno di accompagnamento, lo Stato non la paga più o non la paga nella misura erogata finora. Fanno appunto quattro o cinque miliardi, forse anche sei. Ma sulla carta, sulla parola, sull’intenzione. Quattro miliardi circa dal contributo di “solidarietà” che pagheranno subito tutti i redditi, stipendi e pensioni e da lavoro autonomo, sopra i 90mila euro. Quelli che in Italia dichiarano redditi sopra questa cifra sono, dichiarazioni fiscali alla mano, circa quattrocentomila. Ad una media di mille euro l’anno ciascuno, le media che si ottiene sottoponendo al taglio del cinque per cento i redditi dichiarati tra 90 e 150mila euro (sopra questa cifra praticamente non dichiara nessuno) fanno appunto circa quattro miliardi, cinque con ottimismo. “Spiccioli”, cioè centinaia di milioni ma nemmeno un miliardo, dalla tassazione delle rendite finanziarie (esclusi i titoli di Stato) che passa dal 12,5 per cento al 20 per cento. Dunque sei miliardi in cassa e altrettanti sulla carta.  Se è questo, se è questo il decreto che alla vigilia di Ferragosto vara il governo, allora è poco, storto, forse inutile, di certo mascherato.

Partiamo dal “mascherato” che c’è e, appunto, è stato messo in maniera tale che non si veda. Alla dozzina di miliardi tra cassa e carta di cui sopra ne vanno aggiunti circa altri dodici in due anni: quelli che saranno sottratti ai governi locali, a Regioni, Comuni e Province. Ma non è risparmio di spesa, è tassa mascherata. Infatti il governo concede a tutte le amministrazioni locali mano libera nell’aumentare le aliquote delle tasse locali. Finora c’erano limiti alle aliquote possibili, non ci saranno più. I contribuenti pagheranno quei miliardi ai governi locali, quei miliardi che lo Stato centrale non darà più a Regioni, Comuni e Province. E’ tassa, sono tasse: addizionali Irpef, Irap, Imu. Ma “mascherate”. La strategia del mascheramento è quella cui maggiormente ha tenuto Berlusconi in persona. E’ la sua “vittoria”, Bossi ha ottenuto quella sulle pensioni. Ma mettiamo anche questo nel conto totale per i prossimi due anni: un miliardo dalla previdenza, otto dal contributo di solidarietà, dodici da spesa locale girata direttamente nelle tasche dei cittadini. E siamo a 21 miliardi, massimo 22 di cassa vera, insomma di tasse per il 95% per cento. Poi, sulla carta, i cinque per minore o meno larga assistenza e gli otto annunciati di minor spesa “politica”, cioè ministeri e istituzioni: 13 miliardi da realizzare. Siamo intorno ai 45 miliardi. Quelli annunciati da Berlusconi come conto totale.

E allora perchè “pochi”? Perchè almeno un terzo è appunto sulla carta e non in cassa e perché di quello che è in cassa il 95% è tassa, soprattutto tassa tra quella evidente e quella mascherata. Pochi perché non è detto che così si arriva al pareggio di bilancio nel 2013 che è l’obiettivo. Pochi perchè non è detto che i mercati si fidino della quota dei miliardi su carta. Pochi perchè non è certo che basti alla Bce per continuare a comprare Btp italiani fino a che non si passa dalla carta alla casa.

Forse pochi, ma soprattutto “storti”. Storti perché è maxi prelievo fiscale e mini taglio alla spesa. E allora è più di sempre ma come sempre: con il fisco si mette una “pezza”, stavolta grande “pezza”. Ma la ruota bucata della spesa continua a perdere aria e a sgonfiare bilancio e credibilità finanziaria. Non fermare l’emorragia di denaro pubblico sulla previdenza e sulla sanità non promette che a medio termine il deficit non rinasca e non garantisce abbattimento del debito. E il problema finanziario dell’Italia non è essere solvibile oggi ma garantire domani di poter pagare il suo debito. Alla riforma della spesa pubblica il governo ha rinunciato, il suo obiettivo non è tanto quello del pareggio del deficit nel 2013 quanto la sopravvivenza elettorale nello stesso anno. Cambiare davvero l’età pensionabile, dare addio alle pensioni di anzianità, portare quella delle donne a 65 anni, introdurre il contributo sulle prestazioni sanitarie, andare ad esplicite patrimoniali è apparso al governo, a Bossi e Berlusconi, nocivo e letale per altro bilancio, quello elettorale. E così hanno deciso di governare come Andreotti e Craxi, e Rumor e Forlani: tasse sì, più o meno mascherate, riforme della spesa mai. I sondaggi d’opinione sono con loro: la gente si ribella più a tagli di spesa che a nuove tasse. In particolare in Italia dove le tasse…Il nuovo contributo di solidarietà colpirà ci il reddito medio alto lo dichiara, quindi una netta minoranza rispetto a chi il reddito medio alto lo percepisce. E’ una tassa sul benessere, sull’essere benestanti più che una tassa sulla ricchezza e sui ricchi. Tassa sul benessere emerso e dichiarato che lascia intatta la ricchezza sommersa e nascosta al fisco.

Quindi, forse pochi nonostante la mole del prelievo fiscale. Mascherati per esigenze “berlusconiane” che vietano tassazione esplicita sul patrimonio e che impongono una pioggia di prelievi sparsi piuttosto che un colpo franco e secco. Forse drammaticamente inutili, o meglio utili e necessari solo per l’immediato, ma che non cambiano la macchina e la fabbrica del debito. Se è questo, se è davvero questo, molto “sangue” ossessionati dal non causare “lacrime” e poco “sudore” governativo. Una mediazione sì, e non al miglior livello possibile, tra gli interessi elettorali di chi governa e gli interessi “lunghi” del paese. Mano furtiva e lunga nelle tasche e occhio, sguardo corto. Al costo di 45 miliardi da sborsare gli italiani potevano pretendere di meglio.