Casaleggio pensiero monastico e magico, gli anti moderni

di Lucio Fero
Pubblicato il 19 Aprile 2016 - 07:30 OLTRE 6 MESI FA
Casaleggio pensiero monastico e magico, gli anti moderni

Casaleggio pensiero monastico e magico, gli anti moderni (foto d’archivio Ansa)

ROMA – Casaleggio Gianroberto, Casaleggio Davide…i giornali debordano di analisi in forma di chiacchiera e chiacchiere in forma di analisi su “eredità”, “testamenti politici”, “dinastie” e correlati, quanto inventati, riequilibri di potere dentro M5S. Va bene tutto e infatti si scrive e si legge di tutto: il figlio come figura trinitaria con il padre ( a Grillo il ruolo dello spirito santo?), oppure l’approssimarsi dello scisma o ancora M5S in eterno conclave per la partenogenesi del leader…Giochi, esercitazioni, invenzioni. Che tutti eludono e in fondo ignorano la qualità e la natura del pensiero e della cultura cui Casaleggio padre e figlio fanno riferimento e che è anche la cultura profonda del Movimento.

Una cultura antica e radicata, quasi una costante del pensare umano, ben prima di internet e della Rete. Prima dei partiti, dei Parlamenti, dei socialismi, della democrazia liberale, prima degli Stati nazionali e prima, prima ancora…Ad ogni latitudine della storia umana, con la robusta ma non totale eccezione in Occidente dell’epoca classica greco romana, milioni e milioni di individui hanno coltivato e condiviso un pensiero monastico e magico. Monastico nel rifiuto e soprattutto disprezzo delle condizioni materiali della produzione di merci e ricchezza (l’altro ieri il “mammona” del denaro e degli affari, ieri il capitalismo, oggi la finanza). Monastico nel suo imperativo etico di letteralmente maledire, dir male e condannare gli assuefatti al male dominante. E magico nella sua certezza di una palingenesi trionfante e a portata di mano e indolore per tutti tranne che per “La Casta”.

Questa profonda cultura, questo umano bisogno di pensare così lo si trova nelle gente comune, nei poeti, nei letterati, nei principi, nei filosofi, negli uomini di potere e in quelli di carità, nei farabutti nei santi dall’alto medioevo fino al Rinascimento e poi nei cinque secoli successivi che portano a noi. Questa cultura ha un mito fondativo: l’età e la natura primigenia dell’uomo puro e incorrotto dalla società (non a caso la piattaforma dei Casaleggio M5S  la battezzano Rousseau). Di un mito fondativo e di una bussola che indichi il polo del bene e quello del male. E la bussola di questo pensiero indica da secoli che il male è la modernità.

Modernità è la scienza empirica e il suo relativismo, modernità è la tolleranza verso il mondo e gli umani “altri” non per bontà ma per consapevolezza che ogni giusta causa è opinabile e relativamente giusta. Modernità in politica è la democrazia parlamentare, la democrazia delegata, la delega, la costruzione di alvei e argini entro i quali scorra la volontà popolare che altrimenti è sciagurata e letale inondazione. Letale per le libertà e la sicurezza che sono gli argini a garantire, la volontà popolare se può e se gli gira le affoga entrambe senza se e senza ma. Modernità è cittadinanza civile intesa come insieme di diritti e doveri, gli uni non separabili dagli altri.

Contro questa modernità hanno combattuto e combattono le Chiese e le religioni. Contro la modernità hanno combattuto le monarchie di tutta Europa. Ma anche popoli, artisti, filosofi, giuristi e brava gente ha fieramente combattuto questa modernità. Perché offende, ferisce e smonta l’autorità delle tradizioni, toglie l’illusione dei messia, manda i frantumi gli alibi soggettivi e di gruppo, accolla sulle spalle il peso delle responsabilità, svela e dimostra il supremo scandalo: la giustizia sociale è equilibrio e non palingenesi e i grandi cambiamenti in cui tutti guadagnano son favola e truffa. Questa modernità è dunque insopportabile.

E lo è oggi, qui, adesso. Infatti è in corso la sua sostituzione con la ben diversa contemporaneità. Dove le lobby del denaro e della politica saranno cancellate (pensiero monastico), ci sarà reddito di cittadinanza in più per tutti senza sia tolto a nessuno ciò che è di suo (pensiero magico) e finalmente si potrà fare a meno del giogo delle competenze che grava sull’uomo comune e dove l’uomo comune sarà giudice, arbitro e anche poliziotto di ogni competenza altrui (il cuore dell’anti modernità in ogni epoca). Qui in questa cultura profonda si trovano e si ritrovano tutti i moltissimi anti moderni d’Italia: i Dario Fo, i Celentano, i parroci e vescovi ieri anti tv e poi anti inceneritori, i no global “rossi” e i nazionalisti “neri”, le Le Pen e i Salvini e i Grillo e i Casaleggio e la brava gente e la cattiva gente.

Un popolo, un grande e variegato popolo stufo della scienza, degli scienziati, delle Caste delle competenze. Stanco e stufo marcio di delegare e ansioso di chiuderla questa fastidiosa parentesi nella e della Storia apertasi in quel del 1789 in Francia e che già neanche due anni dopo, nel nome guarda caso di Rousseau, un certo Robespierre tentava di chiudere da…”sinistra” mentre gli eserciti dei sovrani di Russia, Prussia e Inghilterra con la benedizione de Papa provavano a chiudere da…”destra”. Già allora erano due diverse ma convergenti le vie degli anti moderni.