Concordia, si son fregati la campana. Nave Italia, prodigi in Parlamento

di Lucio Fero
Pubblicato il 15 Marzo 2012 - 14:11 OLTRE 6 MESI FA

La Costa Concordia (Lapresse)

ROMA – Si son fregati pure la campana, non una campana qualsiasi ma quella della Concordia. Sì, proprio quella, quella della enorme nave di Costa Crociere spiaggiata a poche decine di metri dall’isola del Giglio. Quella intorno alla quale sono pontoni, motovedette, pescatori, abitanti dell’isola, imbarcazioni di recupero, elicotteri, residui turisti e curiosi. Se ne sono andate solo le televisioni, mezzo mondo è ancora intorno al relitto. Eppur se la sono fregata. E dire che pesava decine di chili e che era a circa otto metri di profondità. Eppur se la sono fregata, un prodigio, un gioco di prestigio. Non l’unico di questi giorni, non l’unico di questi tempi.

Prodigi analoghi avvengono ogni giorno in Parlamento. Parlamento che sostiene il governo che più governo del rigore non c’è. E il Parlamento lo “sostiene”. Infatti in una sola mattinata a maggioranza vota per impegnare il governo a rendere legali e quindi a mantenere in commercio non solo i sacchetti porta spesa e raccogli immondizia in regola con la norma europea ma anche tutti gli altri alla condizione che siano “biodegradabili“. La norma europea stabiliva le condizioni, i parametri della biodegradabilità, il Parlamento italiano impegna il governo alla libera circolazione dei sacchetti su cui biodegradabile ci sia scritto ma che in nessun luogo sia mai scritto cosa è e cosa non è biodegradabile. Potenza della lobby che produce e smercia sacchetti, prodigio della legislazione all’italiana che impone di rispettare le regole avendo cura di cancellare le regole.

Nella stessa mattinata altro prodigio in Parlamento: a maggioranza si boccia un ordine del giorno che impegna il governo a “convincere” le amministrazioni locali della Campania, Comuni e Province, a far pagare la tassa sui rifiuti. Pretesa bocciata: vuoi far pagare la tassa sui rifiuti in tutta la Campania? Allora sei pazzo, vuoi svegliare il can che dorme? Per fortuna il Parlamento vigila e a gran maggioranza boccia l’idea. Prodigio del governare all’italiana come piace al Parlamento: metti la tassa, la tassa c’è ma mica la si fa pagare davvero. Altrimenti la gene si innervosisce e in Campania, con quel che vivono sull’immondizia, non è proprio il caso.

E ci sono prodigi più grandi, giochi di prestigio più elaborati e fini. Stamane 15 marzo è tutta una festa sui giornali e in tv a salutare l’avvento prossimo venturo del grande accordo sulla riforma del mercato del lavoro. Grande accordo che, se sono vere le anticipazione stampate, annunciate e festeggiate, è invece accordo piccolo piccolo. Probabilmente il massimo che si può fare, ma sempre piccolo rimane: i nuovi ammortizzatori sociali arrivano nel 2017, il che in Italia significa l’anno del mai e il giorno del poi. Dicono a Roma: beato chi ci arriva… E i nuovi ammortizzatori sociali altro non erano che l’idea di sostituire il sussidio a chi ha perso il lavoro con il sussidio a chi senza lavoro ne cerca un altro. Non si può fare, le aziende non vogliono pagare, i sindacati non vogliono rischiare. Si farà con calma, nel 2017 e nel 2017 perché per allora, lo dice chi sta per firmare l’accordo, la crisi sarà andata via e sarà tornata la ripresa economica. Prodigioso: si sposta uno degli strumenti per affrontare la crisi dell’occupazione a quando si scommette che la crisi dell’occupazione non ci sarà più.

E la grande riforma, il grande accordo sull’articolo 18? Se è quello descritto, l’accordo è un piccolo approdo nella poco frequentata baia del buon senso. Se un’azienda licenzia, il lavoratore licenziato può andare dal giudice, può andare in causa. Se il giudice accerta che il licenziamento deriva dalla crisi economica dell’azienda, allora l’azienda paga un’indennità al lavoratore. Se invece l’azienda in crisi non è e ha “barato” sulle motivazioni del licenziamento, se voleva disfarsi non di uno stipendio che non ce la fa più a pagare ma solo di Tizio o Caio, allora il giudice dispone il reintegro sul posto di lavoro. Sperando e sollecitando il giudice a non metterci anni per decidere.

Semplice, ovvio e qui il prodigio sta nel fatto che finora non era così. Finora, anzi ancora quando c’è un licenziamento partecipano tutti al gioco di prestigio: gli avvocati, i magistrati, i sindacati, i datori di lavoro. Scuotono il bussolotto, gettano i dadi sul tavolo e vedono cosa esce fuori: magari un reintegro non giustificato che poi il reintegrato monetizza trattando con l’azienda l’indennità per andarsene (succede nel 90 e passa per cento dei casi). Magari un’indennità minima e duramente contrattata anche quando il licenziamento proprio di natura e ragione economiche non era. Dipende da chi sei, che avvocato hai e in che giudice ti imbatti. Dunque l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori riportato a ragione e in qualche modo legato al buon senso e alla realtà e il nuovo Welfare sul lavoro fissato tra cinque anni. Il maggior accordo possibile, il minore accordo necessario. Ma si riesce a presentarlo come una sorta di miracolo ed è questo il prodigio. E vuoi che in questo prodigioso paese qualcuno non riesca a fregarsi la campana della nave Concordia?