ROMA – Draghi, stavolta il bazooka ha sparato a salve. Eppure era caricato con fior di munizioni: i tassi, il costo del denaro più basso di sempre, i soldi di fatto gratis a chi vuole prestarli. E poi le punizioni ripetute e ovunque a chi tiene i soldi fermi: le banche soprattutto ma anche i piccoli investitori. Munizioni pesanti. Eppure il bazooka ha sparato a salve: un botto, il fumo…poi svaniti entrambi e nessun danno apparente alle mura in cui è imprigionata l’intera economia europea.
Strana storia, può confondere le idee. Non solo al cittadino comune ma anche ai governi. Quando qualche anno fa Draghi imbracciò il bazooka neanche sparò. Fece solo la mossa di sparare e ottenne la resa del nemico. Lui disse che la Bce avrebbe fatto “tutto il possibile” per impedire il crollo dell’euro e l’attacco all’euro svanì sui mercati. Se la Bce diceva che in ultima istanza c’era la Banca Centrale Europea a garantire sui soldi in euro non era il caso di andare a vedere se fosse un bluff. Si rischiava di farsi molto male non prendendo sul serio la Bce. Quindi allora il bazooka bastò mostrarlo e funzionò. Funzionò subito, al primo giorno.
Stavolta no, stavolta il bazooka ha sparato davvero: montagne di denaro stampato, montagne di denaro gratis (80 miliardi al mese). E incentivi e punizioni perché quel denaro venga prestato, investito, trasformato in prodotti, consumi, redditi, occupazione, profitti…Ma stavolta almeno il primo giorno non ha funzionato. Perché diverso è il nemico: allora era il rischio euro. Piccolo e in fondo dominabile nemico. Oggi il nemico è altro, mastodontico, planetario. Oggi il nemico è il nocciolo duro e maligno per cui le economie del pianeta non ce la fanno a realizzare tutto quello che il pianeta chiede.
Dalle parti della Federal Reserve americana spuntò un giorno l’immagine degli elicotteri di Stato che buttano giù dal cielo banconote alla gente per far ripartire l’economia. Ecco, siamo quasi lì, agli elicotteri. Però, come usa dire tra economisti, “il cavallo non beve”. Neanche il denaro gratis fa ripresa economica.
La scarsa produttività nelle aziende italiane, gli alti costi del welfare in Francia, il crampo produttivo indotto perfino in Germania dal rallentare dei mercati di sbocco asiatici, la demografia che rema contro l’Europa, la saturazione dei consumi interni, il ritardato e contrastato aggiornamento tecnologico, la tecnologia che soppianta occupazione…dieci, cento buoni motivi che non fanno una spiegazione però completa.
Il fatto è che, per dirla molto alla buona, per sostenere i costi della qualità della vita in Europa, i nuovi consumi in servizi e utilità sociali in Cina, le aspirazioni espansive dell’India e del Sud Est asiatico, per mantenere i livelli salariali negli Usa, compensare i deficit dalla Grecia al Brasile alla Russia…il Pil mondiale dovrebbe crescere almeno intorno al 4/5 per cento annuo. Nelle previsioni per il 2016 non è al tre.
Peggio va per l’Europa che si prevede cresca a ritmi appena superiori all’un per cento. Con questo ritmo di creazione della ricchezza non si pagano le pensioni europee, non si creano nuovi posti di lavoro, non si limano i debiti pubblici enormi.
Ma come aumentare quel ritmo di creazione della ricchezza in realtà nessuno lo sa. Qualcuno parla da tempo di “stagnazione secolare”, cioè restare fermi per decenni e quindi dover rivedere tutto il nostro sistema di vita basato sulla ineluttabilità della crescita. Come aumentare il ritmo nessuno lo sa, il cavallo non beve l’acqua che Bce gli porge a secchiate. Ieri le Borse europee hanno raccontato questa parabola. Magari oggi ci ripensano o forse no. Ma non è la Borsa né la malattia né la cura. In fondo non è neanche la realtà. La Borsa è uno specchio alquanto deformato della realtà. Magari un giorno si spezza, l’altro si lucida. Ieri nello specchio dei mercati si è visto il fumo a salve del bazooka Draghi.