Si torna a votare, già ma per cosa? La tana o la fuga o le mani nude

di Lucio Fero
Pubblicato il 29 Marzo 2013 - 16:40| Aggiornato il 28 Novembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Prima o poi un qualche governo si farà ma, per come si sono messe e per come hanno e abbiamo voluto mettere le cose, sarà una più o meno corta parentesi tra due elezioni, quella del 24/25 febbraio 2013 e quella di giugno-luglio oppure ottobre, sempre 2013.

Si torna a votare perché l’elettorato di febbraio non ha voluto dare alla sinistra di Bersani e Vendola i voti e i numeri parlamentari per governare. Si torna a votare perché Grillo e M5S di quei voti e di quei numeri ne hanno ricevuto e dispongono ancora meno. Si torna a votare perché l’elettorato alla destra di Berlusconi e Maroni non ha dato i voti e i numeri per comandare come prima ma neanche ha dato loro lo sfratto dal comando. Si torna a votare perché le “tre minoranze di blocco”, ciascuna che esiste o crede di esistere solo perché blocca l’altra, sono nel paese, tra la gente, nell’elettorato, tra noi, prima ancora che in Pd, Pdl e M5S. Si torna a votare perché a febbraio abbiamo votato come abbiamo votato.

Si torna a votare anche perché delle indicazioni e volontà degli elettori Grillo, Berlusconi e Bersani, insieme a tutti gli altri, hanno fatto alibi e pretesto. Rifiutando di farne opportunità, fosse anche la minima opportunità del buon viso a cattivo gioco. Grillo è stato votato per mandare tutti a casa e a “vaffa…”. Bene, adesso che il 25% ha detto vaffa a tutti gli altri, tolta la soddisfazione, che si fa? Si aspetta cinque anni per un altro “vaffa” più grande? No, Grillo e M5S sono come in un gran pedalare in bicicletta: devono sempre aumentare o almeno sostenere la velocità, il loro equilibrio è la corsa. Se si fermano, anche solo per governare, affrontare, risolvere un problema…Se smettono di pedalare la bici s’inclina e loro cascano. Quindi M5S fa alibi e pretesto del mandato ricevuto, fa della demolizione il suo programma, demolizione che deve essere eterna e mai pienamente compiuta. Altrimenti, come una Biancaneve a rovescio, la bellissima demolizione si trasforma in orrido sfascio.

Bersani e Vendola sono stati votati perché dio ci scampi da Berlusconi e ci liberi da Monti. Bene, ora che Berlusconi è rimasto lì e dio di è distratto ed ha omesso di scamparci, ora che si fa? Ci si inventa che Grillo è un Bertinotti al cubo e gli si offre un programma di sinistra-sinistra-sinistra. Altrimenti? Altrimenti niente. Il Pds si è dissanguato elettoralmente con Monti, ora non vuole bissare con altri tecnici et similia. Con Berlusconi non si governa, con Grillo non si può. Quindi il mandato dei suoi elettori come alibi e pretesto per non essere, almeno stavolta, quello che canta e porta la croce.

Berlusconi e Maroni sono stati votati per non far governare Bersani e per togliere l’Imu. Siccome possono riuscire al massimo nella prima impresa e non nella seconda, il mandato ricevuto è alibi e pretesto per chiederne un altro più forte di mandato. Con l’aggiunta, tutt’altro che indifferente, che al capo, padre-padrone-guida-mente e portafoglio della baracca serve quel che né Bersani né Napolitano gli possono dare, cioè un amico al Quirinale o se stesso al Quirinale. La garanzia di non essere processato mai più. Non si può avere? Ci sono altri modi per averla, ad esempio un’altra campagna elettorale, magari un po’ di voti in più, vai a sapere…

Quindi si torna a votare, ma per cosa si tornerà a votare? Gira con gran successo l’illusione che la prossima, imminente volta che si vota sarà tutt’altra storia e musica perché si voterà con una nuova legge elettorale e non con questa che è fatta apposta per creare “minoranze di blocco”. Sarà…Prima osservazione: ma se non ci si è messi d’accordo neanche sull’esigenza minima e ovvia di un governo di un paio di anni per non imbarcare altra acqua sotto forma di debito e disoccupazione, perché mai i tre dovrebbero mettersi d’accordo su una nuova legge elettorale che inevitabilmente non favorirà tutti e tre? Dice: lo faranno per interesse generale. Ah, ecco, appunto quel che si è visto finora prevalere in M5S, Pdl e Pd.

Seconda osservazione: ma chi l’ha detto, dove sta scritto che una nuova legge elettorale risolve? Quale legge? Una legge proporzionale ripropone il fatto che dopo il voto qualcuno si deve alleare con qualcun altro. E questo in Italia è ormai considerato peccato mortale. L’unica legge elettorale che “risolverebbe” sarebbe quella dell’asso pigliatutto: la maggioranza ampia e sicuro a chi arriva prima anche per un solo voto, il 60 e passa per cento del Parlamento a chi raccoglie magari scarso il 30% dei voti. Sai che democrazia e che tenuta sociale del governo…

Qualunque sia la legge elettorale è l’elettorato che deve decidere se e come vuole cambiare l’esito nullo del voto di febbraio. E qui torniamo, non solo a votare ma anche alla questione: per cosa si torna a votare? Se torniamo a votare, se la domanda resta quella di febbraio, cioè come vuoi protestare o a chi ti vuoi raccomandare o qual è il meno peggio, allora i risultati dei partiti e delle liste potranno variare ma il risultato sarà ancora una volta inconcludente, non risolutivo, tanto democratico quanto omissivo. Occorrerebbe invece che ci dicessero e ci dicessimo la verità sulle domande vere e sulle opzioni davvero, come si dice, “in campo”.

La prossima volta torneremo a votare per rifugiarci nella tana. È una opzione concreta. Una scelta possibile. Una tana che ci ripari da molte cose che stanno in superficie, alla superficie di questo mondo e di tutte le cose del mondo che camminano fuori della tana. Chi vuol stare in tana voterà per la destra italiana, la destra di Berlusconi. Berlusconi che al di là delle risibili promesse di fare della tana una suite per tutti offre però la concreta idea e possibilità di stare in grotta e aspettare che il mondo passi.

Oppure la prossima volta potremo, volendo, votare per la fuga. Il capo fuga, anche dalla realtà, è Grillo. Idea della fuga che si avvale e ingrossa della circostanza reale per cui la realtà fa abbastanza schifo. Fuggire, rifiutare, negare, rimuovere. La politica, la democrazia delegata, la complessità, la competenza, la mediazione, l’accordo, il debito, all’occorrenza la scienza. La fuga, una scelta che spesso è degli spaventati, talvolta anche dei coraggiosi.

Terza opzione, la prossima volta si potrà votare per affrontare quel che c’è con la debole forza delle mani nude. Quel che c’è davvero e quel che davvero abbiamo di sicuro. Quale il partito e la lista delle mani nude e della realtà? Da costruire: una sorta di lista civica nazionale dei raziocinanti da opporre ai rintanati e ai fuggenti. Queste le opzioni reali, a condizione che all’elettorato la prossima, imminente, volta sia posta la domanda principe e cioè: sì, va bene tutto, la Casta da cacciare, le tasse da abbassare, il lavoro da creare ma, domani, dentro o fuori? Dentro o fuori dall’euro e dall’Europa? Per essere più chiari: domani il tuo conto corrente in banca in euro o no? Barattare la fine di ogni austerità con il taglio di un quarto almeno del valore del tuo patrimonio e risparmi. Forse conviene e forse no, scegli. E’ questa la domanda. Una domanda che, fatta davvero come la vera domanda, indurrebbe nell’elettorato un brivido e una riflessione entrambi nuovi, nella testa e nella schiena. E allora il risultato di nuove elezioni, qualunque fosse, sarebbe davvero nuovo e risolutivo.