ROMA – Il voto è incerto, l’esito delle elezioni a due settimane scarse dalla due giorni del seggio nessuno può dirlo. Ed è questa “la” notizia, quella più grossa di tutte. Il resto di ciò che leggiamo e sentiamo della campagna elettorale è al confronto di “questa” notizia pura e semplice fuffa, frittissima aria. Risultato delle elezioni incero come non accadeva da almeno 20 anni. Dal 1994 chi per lavoro o passione o materiale interesse di elezioni si occupava “sapeva” con mesi di anticipo chi avrebbe vinto. Il “come” della vittoria, non quello no, era impossibile saperlo. Ma il “chi” era chiaramente leggibile. Stavolta no, stavolta nessuno che non imbrogli per primo se stesso può dire, e siamo quasi agli sgoccioli del tempo rimasto, che vincerà. Figurarsi il come.
“La” notizia è così clamorosa che nessuno riesce a titolarla, “la” notizia è che che queste elezioni possono vincerle in due, anzi in tre. Due di questi possono arrivare primi al traguardo. Il terzo no, al traguardo non può arrivare, ma può far segatura del podio dove saliranno gli altri due. Due mesi fa, appena due mesi fa non era così: le elezioni poteva vincerle solo uno, gli altri correvano per i “piazzamenti”. Bersani, solo Bersani poteva vincere le elezioni due mesi fa. Ora è ancora il più probabile che arrivi primo. Ma primo può arrivare anche Berlusconi. E Grillo può salire così in alto da rendere di pasta frolla la vittoria dell’uno o dell’altro.
Perché è diventato incerto il voto e il suo esito? Perché siamo fatti così come siamo fatti. In qualsiasi altro paese del mondo chi ha governato per tanto tempo prima del voto e per come ha governato Berlusconi avrebbe indotto nell’elettorato una reazione sicura: 60 e passa per cento all’opposizione, qualunque essa sia. Noi non siamo così lineari e sempliciotti come gli altri elettorati europei o americani, ci è piaciuto raccontarci e farci raccontare che fino al 2011 tutto andava più o meno bene e che quindi Berlusconi era l’opposizione che si può anche premiare con il voto. O era il governo Berlusconi? E Bersani e il Pd erano al governo o all’opposizione? Beh…, insomma, dipende. Sta di fatto che il riflesso elettorale europeo comune ad anglosassoni e latini, il punire chi ha governato, da noi non scatta stavolta. Quindi il voto è incerto, a parte Monti siamo tutti all’opposizione. E’ questa la “madre dell’incertezza”, la mamma del voto incerto.
Il papà e il Pd, il papà del voto incerto è lui. Recentissima intervista di Rosy Bindi, presidente del partito a La Stampa, domanda sulla campagna elettorale del Pd che appare afona e timida. Risposta: “Sono accadute cose non prevedibili: chi poteva mai immaginare Berlusconi tornasse in campo? Chi poteva mai prevedere tornassero ad allearsi lui e la Lega? Chi poteva prevedere una campagna di berlusconi con effetti choc come la restituzione dell’Imu?”. Già, chi poteva prevedere questa triplice e molteplice sequenza? Tutti, onorevole Bindi. Tutti in Italia potevano prevederla. Tutti quelli che leggono distrattamente un giornale. Tutti tranne la presidente del Pd che invoca sorpresa e stupore a spiegazione ed alibi della tattica elettorale Pd. Qual è questa tattica? Alberto Sordi l’avrebbe definita quella del “Come stamo…stamo”. E anche i non romani possono capire. Eccolo il papà del voto diventato incerto: il Pd. E non consola sapere, capire che sta fermo e sostanzialmente immobile per natura e caratteri profondi e non per contingente e cervellotica tattica. Sta fermo perché come si muove, appena si muove cigolano i raccordi, si tendono gli agganci che legano insieme la sua coalizione e il suo elettorato.
Se il voto e soprattutto il suo esito sono incerti, se il 25 febbraio sera i numeri definitivi si confermeranno figli di questa incertezza, il governo che ne verrà fuori sarà un governo frollo, di pasta frolla se non proprio di cartapesta. Nell’ipotesi più improbabile un governo di Berlusconi con…se stesso. Un Berlusconi senza alleati, miracolosamente, trionfalmente arrivato primo. Ma che resta solo. Solo con Maroni, La Russa e Miccichè in Italia. Solo e basta in Europa e nel mondo, Putin a parte. Un governo frollo e debole che dichiarerebbe “tre volte Natale” in patria e mimerebbe la grande sfida all’Europa, alla finanza. Tempo sei/nove mesi sarebbe con le pezze al culo e non esiste altro termine più realistico per definire l’esito del governo frollo di destra.
E nel caso più probabile, quello del governo Bersani, Vendola, Tabacci? Dice: ti sei dimenticato di aggiungere Monti. No, non è distrazione: Monti a un governo così non lo aggiungono e lui non si aggiunge. Monti non farà il ministro in un governo di Bersani e Vendola. Perché Bersani e Vendola non ce lo vogliono e perché lui proprio non lo vuole. Se serviranno voti al Senato per quel governo, allora Monti li darà questi voti. Ma sarà appoggio esterno e di “responsabilità nazionale”. Il governo Bersani-Monti-Vendola è una delle poche cose su cui si può scommettere non ci sarà mai. Tirniamo quindi al governo più probabile: Bersani, Vendola, Tabacci…Governo di sinistra e governo frollo anche lui. Sta in piedi con i voti di Monti e Casini al Senato, deve dare soddisfazione alla Cgil che vuole assunzioni nel pubblico impiego, deve dare soddisfazione a Regioni, Comuni e Province, deve spendere. E deve tenere a bada la Bce, i mercati, la finanza, e pure l’aritmetica che dice che se spendi allora le tasse non le abbassi. Governo frollo perché ha in parlamento e nel paese nutrite dande di fieri e assatanati oppositori: i berlusconiani, quelli di Grillo, quelli di Ingroia. Fanno il 50 e passa per cento dei paese, dei parlamentari magari no, ma del paese sì. Governo frollo che per esistere deve assolutamente deve non rispettare gli impegni di bilancio europei. Governo frollo il cui destino sarà deciso da chi vince le elezioni tedesche di settembre. Chi governerà a Berlino a fine 2013 vorrà o no pagare, investire in soldi e politica su un governo frollo di sinistra in Italia? Forse sì, o anche no.
Voto incerto e governo frollo che discendono diritti dai lombi di elezioni oggi senza padrone. Dei sondaggi possiamo fidarci fino a un certo punto. Quel punto però dice che alla fine Bersani e Vendola uniti staranno sotto il 35 per cento, magari intorno alla cifra ma quello è il loro limite. E che Berlusconi e alleati staranno intorno al 30 per cento, magari sopra di qualcosa, sotto non di certo. E che Grillo starà tra il 15 e il 20 per cento e non tra il 10 e il 15 come sembrava e che Ingroia starà tra il 4 e il 6 per cento. E Monti tra il 10 e il 15 e non tra il 15 e il 20 come sperava.
Basta guardarle queste percentuali: con tutti gli aggiustamenti possibili descrivono appunto elezioni senza padrone. Ingroia impedisce che il “padrone” del risultato elettorale possa essere l’alleanza Bersani-Vendola. Grillo stronca, strozza in culla la peraltro alquanto improbabile “scelta civica” di massa a favore di Monti e soprattutto del “montismo”. Bersani e Vendola si tengono i “loro” voti basta, non avendone in realtà mai cercato altri, troppo grande era il rischio di perdere quelli di casa e di famiglia . Berlusconi…Berlusconi che aveva il 37 per cento 5 anni fa lo mollano alla fine poco più di uno su tre dei suoi ex elettori. Berlusconi paga un prezzo bassissimo parametrato alla lunghezza e qualità del suo governare. Ed è questo l’ultimo ma non ultimo dei motivi per cui le elezioni 2013 sono al 7 di febbraio (si vota il 24 e 25) come un “bau-fido” incerto e disorientato senza padrone. Sperando che non diventi via via randagio e rabbioso. Sperandolo molto ma temendolo molto di più.
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