Che c’entra Equitalia con Finmeccanica e Tav? Sono target perché sono demoni

di Lucio Fero
Pubblicato il 14 Maggio 2012 - 16:25 OLTRE 6 MESI FA

ROMA- Equitalia e Finmeccanica sono i due target, i due bersagli. Prova ne sia che il governo mobilita Polizia, Carabinieri e forse anche le Forze Armate per proteggerne le sedi e gli uomini e le donne che vi lavorano. Target e bersagli non solo di qualche decina di terroristi, target e bersagli non solo di criminali. Equitalia e Finmeccanica sono oggi i target e i bersagli più “frequentati” e additati da un sacco di gente. Un sacco di gente diversa. Contro Equitalia quel che c’è della sinistra anti sistema, proprio nulla a vedere con quella extra parlamentare che c’era. A nessun rivoluzionario od “eversore” degli anni sessanta, settanta e ottanta e anche dopo sarebbe, è venuto mai in mente di individuare il cuore dello Stato nelle tasse e la rivoluzione nel punire chi le tasse le fa pagare. Di certo è un’idea nuova: nessuno, né il Sessantotto, né l’Autonomia, né le Br, né il Pci e neanche i marxisti leninisti alla cinese ci avevano mai pensato, questa via ad un mondo migliore, questo “sol dell’avvenire”, questa “Internazionale futura umanità” in cui le tasse non si pagano e per questo sono tutti liberi, felici e uguali era sfuggita a generazioni e generazioni di comunisti di tutti i tipi. Oggi è stato posto riparo alla distrazione con i drappi rossi che assediano Equitalia.

Contro Equitalia i “padani” che tanto “rossi” non sono, anzi per nulla. Ma anche i pastori sardi e mica solo i pastori e anche un sacco di “terroni”, a partire dai “disoccupati organizzati” di Napoli. Talmente organizzati che hanno fatto della loro condizione un mestiere, un mestiere non senza reddito. Soprattutto contro Equitalia non sono solo i pur tanti manifestanti, contro Equitalia sono anche i passanti. La gente comune, la gente qualsiasi, chiunque. Dagli studenti di Napoli che rispondendo ad apposito questionario giudicano Equitalia più pericolosa della camorra, a Confindustria che non firma un testo delle Cooperative in cui si dichiara solidarietà alla istituzione Equitalia. Al corteo contro Equitalia più o meno si accoda gran parte degli italiani, se non proprio tutti.

Contro Finmeccanica, se la chiami così come si chiama, sarebbero invece in pochi e dei peggiori. Però se invece di Finmeccanica dici: treno ad alta velocità, centrale energetica, energia nucleare e armi, elicotteri e radar, allora anche qui il corteo si affolla. Meno che contro Equitalia, mancano i passanti ma i manifestanti abbondano. E quando la parola Finmeccanica sarà passata di moda sarà sostituita da altra sigla od acronimo, altra impresa o marchio, con la stessa funzione: essere un target, un bersaglio.

Ma che c’entrano tra loro Equitalia e Finmeccanica? Nulla, nulla ha in comune e neanche di riconducibile ad una somiglianza, ad un’analogia, almeno secondo senso comune. Eppure in questi giorni, diciamo pure settimane e mesi, qualcosa che accomuna Equitalia e Finmeccanica nella testa e nella percezione di chi cerca target e bersagli c’è. Quel qualcosa lo troviamo in una foto che apparentemente c’entra meno ancora, una foto che ritrae un manifestante l’altro giorno a Roma, nel corteo “per la vita” e “contro l’aborto”. Quell’uomo marcia con in spalla una croce e alla croce, ad ogni braccio della croce sono appesi, inchiodati, incollati pupazzetti supponiamo di plastica delle dimensioni e delle fattezze di feti umani. Quell’uomo porta un messaggio che così suona: io penso di essere talmente nel giusto, di essere talmente giusto che questa mia ferma convinzione mi autorizza, anzi mi chiama a dichiarare assassino e inumano chi si pone fuori del mio giusto, l’unico e assoluto giusto. Io uomo, tu demone, questo il messaggio.

Io uomo, tu demone: lo stesso messaggio da tempo son tanti i “movimenti” che lo inviano alla scienza. Laboratori e cibo Frankenstein, inceneritori che spargono “neoplasie”, Big Farma asservita, opere pubbliche nefaste se “grandi”…Non importa chi abbia torto o ragione perché torto e ragione non possono essere distribuiti e neanche assegnati, torto e ragione sono addirittura questioni troppo complesse e comunque alimentano il dubbio e il dubbio porta con sé il germe della complicità e del tradimento. Io uomo tu demone: è demonio la Tav, è demonio chi ti porta l’acqua a casa con la tubatura, è demonio la sua pretesa di volerci guadagnare, è demonio la banca e la finanza, la globalizzazione, il Fmi, la Commissione Europea, è demonio lo Stato. Ora lo Stato, la finanza, le banche, il capitalismo e perfino la democrazia hanno le spalle cariche di errori, ingiustizie, incapacità e talvolta anche misfatti. Ma non sono demoni. E soprattutto chi ad essi si oppone non è “santo”.

La fabbrica dei target e dei bersagli è in questa convinzione di popolo, in questa cultura diffusa secondo la quale se quel che vuoi lo senti “giusto”, allora non esiste altra regola da rispettare che il perseguimento e l’imposizione di quel “giusto”. E’ “giusto” andare in pensione a 62 anni, quindi è demonio il governo che non mi ci manda. E’ “giusto” non rischiare il reddito acquisito, quindi demonio sono i cinesi,  gli indiani e pure Wall Street e anche le banche. E come si estirpa il demonio? Con preghiere e giaculatorie ma anche con l’esorcismo e anche, come storia degli umani insegna, con il fuoco. Fuoco metaforico ma anche no. Così Equitalia non è quella che chiede aggio sulle riscossioni troppo alto (tra l’altro questo avvenne e avviene per mantenere il posto di lavoro, i lavoratori in eccedenza delle precedenti agenzie di riscossione). Non è quella cui chiedere dilazione e rateizzazione nei pagamenti. Non è quella cui imporre l’obbligo di inviare cartelle comprensibili e verificabili. Non è quella che può commettere errori da cui il contribuente deve potersi difendere facilmente. Al contrario, Equitalia è il demone da scacciare con dei falò se prende paura o con un  rogo se insiste.

C’è molto, c’è tutto dell’Italia contemporanea in questo diventare Equitalia il target, il bersaglio di massa. C’è l’insopprimibile voglia di condono, la voglia matta che le tasse non pagate, almeno quelle vecchie, ci vengano abbonate. Sì, certo: non sono state pagate negli anni in cui non c’era la crisi, ma adesso che la crisi c’è, abbonatele queste tasse. C’è il “genio teatrale” della recita, della narrazione e della sceneggiata. E intorno l’applauso e l’incitamento di chi prova a ficcarsi e cavarsela anche lui. C’è l’Italia che non vuole Stato, che ne diffida, che lo combatte. Salvo profittarne quando può e chiamarlo in soccorso quando serve.

E poi c’è l’anti Stato contemporaneo che nulla, proprio nulla ha a che vedere con il terrorismo degli anni di piombo. L’anti Stato che di quel terrorismo è l’antitesi. Allora il terrorismo immolò e sacrificò nel sangue. L’originale e drammatico peccato fu nella cultura per cui nulla valeva l’individuo di fronte alla Storia, l’individuo era sacrificabile alla dimensione collettiva. Ora l’anti Stato pensa e proclama che la Storia, lo Stato, la dimensione collettiva sono nulla a fronte dell’individuo e del suo bisogno immediato. E il bisogno immediato dell’io si fa santo e missionario, crociato e guerriero: per questo si marcia con un croce con indosso i feti, si assalta Equitalia, si disprezza Finmeccanica, cioè la Tav.  E’ molto contemporaneo questo anti Stato, anche se sembra di averlo già visto all’opera nella storica vicenda umana. Ma non è un demone, è solo l’umana, umanissima eterna Vandea che è nei geni di ogni società.