Expo, chi cercava il morto. Ma è nata gran voglia di andarla a vedere

di Lucio Fero
Pubblicato il 4 Maggio 2015 - 12:43 OLTRE 6 MESI FA
Expo, chi cercava il morto. Ma è nata gran voglia di andarla a vedere

Expo, chi cercava il morto. Ma è nata gran voglia di andarla a vedere

ROMA – Prima un dato di cronaca, cioè un segmento di vita reale, un’esperienza in vario modo comune a un sacco, proprio un sacco, di italiani in questi giorni, in queste ore. Una cronaca che non trovi sui giornali e neanche in televisione, ci vorrà tempo fino a che quel che sta accadendo a tanti diventi una “notizia”, il tempo che qualche autorità informativa ne faccia una sua dichiarazione: un sondaggio, una statistica, un politico, un ministro, una categoria professionale…

Allora e solo allora l’esperienza che moltissimi stanno vivendo diventerà notizia ufficiale, per ora è solo un dato di cronaca, un pezzetto di vita reale che moltissimi stanno sperimentando a cena in famiglia, in pizzeria con gli amici, giocando a tennis o a calcetto, discutendo del dove e come l’estate, viaggiando in treno, aereo e anche vagone di metro…L’esperienza del “magari ci vado a visitare l’Expo, mi è venuta voglia”.

Già, è venuta improvvisa una gran voglia di andarla a vedere l’Expo, è venuta improvvisa agli italiani. Non c’è bisogno di innaffiarla di retorica patriottarda questa voglia, potrebbe perfino fare l’effetto del troppa acqua sulla pianta. Motivi per questa sana voglia ce ne sono quanti se ne vuole. L’effetto Disneyland dei grandi e anche dei piccini, l’effetto giro del mondo in 8o padiglioni, la mirabile attrattiva del mangiare in un solo luogo come si mangia in tutto il mondo. Esotismo, curiosità, conoscenza, piacere…Come che sia, agli italiani è venuta voglia di andarla a vedere l’Expo e moltissimi stanno mettendo la gita Expo nei loro progetti/programmi/speranze tra giugno e ottobre.

E’ un fatto la gran voglia di andarla a vedere l’Expo. Voglia nata, forse per coincidenza o forse no, immediatamente dopo che intorno all’Expo, il primo giorno dell’Expo qualcuno cercava il morto. Il morto il primo giorno dell’Expo, il sangue al battesimo Expo, l’Expo sporca di sangue come prova del suo peccato originale. Un morto che qualcuno deve aver ordinato di evitare a tutti i costi. Qualcuno deve aver impartito l’ordine: prima cosa non ci sia il morto il giorno dell’inaugurazione dell’Expo.

La circostanza che questo ordine sia stato impartito in questo strano paese, o almeno nella politica e comunicazione strani e straniti di questo paese, ha sorpreso e lasciato perplessi e critici praticamente tutti i partiti che al governo non ci stanno e tutti i commentatori che in una piazza o in un corteo non ci sono mai andati in vita loro.

Nessuno al mondo, nessun governo al mondo avrebbe impartito ordine diverso. Neanche Putin se gli boicottassero la giornata inaugurale dei Mondiali di calcio darebbe ordine di zittire e fermare tutti anche a costo di fare il morto. L’ordine, la disposizione di evitare il sangue il primo di maggio a Milano sono stati tanto ovvi quanto saggi. Basta immaginare il resto del mondo che apprende: all’inaugurazione dell’Expo italiana vittime e sangue. Un disastro di dimensioni planetarie, un dramma politico e sociale, una tragedia umana ed economica.

Eppure più d’uno qui da noi ha storto il naso. Per tic politico secondo il quale qualunque cosa fa il governo è sempre sbagliata…e fin qui siamo al meno peggio. Il peggio è l’esibita, colossale, nociva incompetenza anche sul minimo, anche sulle basi minime del “mestiere”…qualunque sia il mestiere, quello del politico, del giornalista, dell’autonominatosi commentatore da web.

Prima circostanza ignorata: se dieci, cento o mille decidono di causare danni e scontri e si organizzano di conseguenza non c’è reparto di polizia in piazza che possa totalmente impedirlo. Se dieci, cento o mille decidono di rischiare nessuna disposizione di polizia può totalmente impedirgli di sfasciare. La garanzia totale, la protezione assoluta, il rischio zero nella realtà non esistono. Come dimostrano gli scontri di piazza in ogni luogo e tempo della storia.

Sì, è vero: esistono due modi per fermarli quei dieci, cento o mille. Uno: li arresti tutti prima. Due: gli spari addosso in piazza. L’impraticabilità di entrambi i modi è totale per le democrazie e sostanziale perfino per i regimi e le dittature. Quindi chi dice bisognava fermarli in realtà dice che non dovrebbero esistere. Quindi o non sa quel che dice per genuina ingenuità oppure è conta balle professionista.

Seconda circostanza ignorata: non è vero che mille cattivi rovinano ventimila buoni. E’ la tesi cara ai più: gran massa dei dimostranti pacifici e consistente ma assoluta minoranza di sfasciatori infami. E’ la tesi più diffusa e consolatoria, quasi un’ortodossia nei resoconti. Ed è la tesi con meno senso. Come sostenere che in un esercito i violenti sono solo le truppe d’assalto mentre tutto il resto dell’esercito che non partecipa direttamente allo scontro è fatto di pacifici soldati, magari in divisa ma pacifici.

Il corteo No Expo, quello dei buoni, ha coperto l’ingresso, la vestizione, l’occultamento e la fuga e la svestizione dei mille cattivi. A Milano il primo di maggio e ogni volta da sempre che un gruppo organizzato si stacca dai cortei per attaccare obiettivi quali che siano è perché una buona parte dei manifestanti delega e copre e non certo dissente o osteggia. Quando questo accade, e accade, chi manifesta sa come impedire, fermare. Se non lo fa è perché non o vuol fare.

Terza circostanza: molti di coloro che hanno lamentato il “lasciar fare” della polizia sono gli stessi che in caso la polizia avesse attaccato e picchiato avrebbero invaso cronache e sentimenti con la “brutalità” della polizia.

Quarta circostanza, da darsi ormai per scontata. Il bilancio finale dei danni è stato : 27 automobili incendiate o danneggiate, 13 sedi di banche assaltate, 12 negozi con vetrine infrante o peggio. Totale danni: circa due milioni di euro. Danni intollerabili per qualità e tipologia e per la loro gratuità, per essere stati inflitti con casuale eppure totale violenza.

Però 27 auto, 12 negozi e 13 sedi di banche e due milioni di danni non sono esattamente “Milano devastata”, “Milano a ferro e fuoco”, “Milano incendiata” che pure sono stati i titoli della comunicazione on time e anche off, fuori da ogni non diciamo obbligo di verifica dei fatti ma almeno plausibilità di ciò che si narra. Il sempre all’allerta ufficio gonfia titoli ha narrato un quartiere, anzi meno, di Milano attaccato dalla violenza come una città intera devastata. Inconsciamente, inconsapevolmente anche lui orfano del morto che non c’è stato?