Fabio Fazio e i suoi soldi in Rai, leggerlo e poi sentirsi grillino

di Lucio Fero
Pubblicato il 1 Aprile 2017 - 06:49 OLTRE 6 MESI FA
Fabio Fazio e i suoi soldi in Rai, leggerlo e poi sentirsi grillino

Fabio Fazio e i suoi soldi in Rai, leggerlo e poi sentirsi grillino

ROMA – Fabio Fazio corrucciato e scosso denuncia a La Repubblica “l’intrusione” molesta e ferale dei politici nella e sulla Rai. Leggi l’intervista, la prosa accorata e grave che Fazio consegna alle stampe e ti chiedi se il computer abbia sfornato lo scherzo bizzarro di risputare in rete un’intervista di qualche decennio fa, o di qualche anno fa o comunque concessa e redatta in un imprecisato ma di sicuro passato. I partiti che si occupano e occupano la Rai? Dove la notizia? E’ così da sempre e quasi per costituzione materiale della Rai. Che sta denunciando Fazio, che i giorni della settimana sono sette? Che vuole davvero, cosa lo angoscia davvero?

Leggere ancora un po’, appena un po’ e ci si arriva al dunque, al quid, al movente e motivo di tanta mobilitazione: i soldi, i contratti. La prende larga Fazio, comincia a raccontare che quando ha cominciato a lavorare praticamente “non prendeva una lira”.Già, è successo più o meno a tutti gli umani. E’ come segnalare di essere nati nudi e senza vestiti. Non è indizio di povertà e neanche primato morale, non è un titolo di merito e neanche un credito contratto con il futuro. Tutti all’inizio hanno lavorato gratis o quasi per un po’ di tempo, perché Fazio sente il bisogno di dipingere una sua infanzia lavorativa infelice e miserella?

Lacrimucce se se stesso giovane per sostenere il “me lo sono meritato”. Meritato il contratto milionario che ha con la Rai. E fin qui nulla da dire, a parte un certo fastidio per la retorica dello “ero un bimbo povero e senza casa…”. Fazio difende i suoi milioni di euro di retribuzione. Ci sta. Fazio pensa ai soldi e agli affari suoi. Ci sta. Nessuna condanna o critica per il fatto che Fazio voglia continuare a prendere i milioni che ha preso fin qui.

Però, però…incartare questa difesa dei soldi propri dentro la difesa della libertà niente meno dell’arte e dell’informazione, dentro l’involucro del “Pd che ha perso la strada”, dentro la confezione della “Rai che tradisce il mandato”, dentro i fiocchetti “dell’invadenza della politica da respingere”…Questo non è bello, non è elegante, ha l’inconfondibile aroma e tratto del “piangere e fottere”. Ha qualcosa, più di qualcosa di sgradevole e di non encomiabile e di non sincero il mascherare, travestire la comprensibile difesa dei soldi e cavoli propri niente meno che con l’interesse generale e i sacri principi e valori.

E in questo travestimento Fazio si impegna e alza come vessillo l’argomento caro a tutti quelli che sono pagati tanto in tv: non ci paga la Rai (o altro network su cui vanno in onda) ci paga la pubblicità. Sostengono tutti di portare in cassa con le loro trasmissioni più soldi di quanti non tirino fuori dalla cassa con le loro retribuzioni. E dicono: ecco qua, tanti milioni di pubblicità, li porto io, io faccio guadagnare. L’argomento convince molti, sembra solido e fondato. Ma è solo ben costruito e venduto.

Nel valore in pubblicità della trasmissione la quota da assegnare al brand del network è secondo i conduttori (mica solo Fazio, anche Vespa, Santoro, tutti…) zero, zero assoluto. Nei loro calcoli Che Tempo che fa trasmesso dalla Rai o messo in scena in piazza da una associazione di quartiere ha gli stessi ricavi pubblicitari. Nulla, nessun valore attribuito al network, ai suoi mezzi e aree di diffusione, al suo brand e perché no anche alla sua concessionaria che trova la pubblicità e vende gli spazi di palinsesto per le inserzioni. Nulla, tutto il valore in soldi della pubblicità è merito del conduttore. Come se un articolista di carta stampata sostenesse che i soldi della pubblicità che compare nella pagina dove è stampato il suo articolo sono “suoi” e che è lui a portarli al giornale.

I conduttori sostengono da tempo con ardore questa fesseria, le televisioni mostrano di crederci. Affari loro, contenti loro. Ma ancora una volta che c’entra la difesa dei propri soldi con l’autonomia niente meno che del servizio pubblico, l’onore aziendale, la deriva politica? Nulla, non c’entra nulla. Eppure Fazio si riempie letteralmente la bocca di paroloni per spiegarci che lui se difende i suoi milioni non lo fa tanto per se stesso quanto per gli altri, per noi.

Ecco questo è offensivo, insopportabile, molesto. Fazio vuole i soldi, tutti i soldi del suo contratto? E’ suo diritto, fatti suoi e lo dica così come è. Fazio ritiene che ventimila al mese lordi siano una miseria che umilia il suo talento e la sua arte? Calcoli e misure sue, legittimi.

Ma venirci a raccontare a mezzo intervista che il mantenimento dei suoi milioni è l’avamposto della libertà dell’arte, dell’informazione, del giornalismo e dell’azienda contro la barbarie di politici che occupano la Rai, no, questo no. I soldi non sono tutto né la misura di tutto. Ma alla prova dei soldi Fazio dimostra che la sua misura è quella standard. Nulla da rimproverargli se sta attaccato ai soldi, ma non ha nulla da dirci su interesse pubblico, servizio pubblico, cosa pubblica.

Se guadagna milioni buon per lui e pace. Ma se va in giro a dirci che i suoi milioni sono un presidio pubblico, un vantaggio per la collettività e il bene comune, allora diventa urticante, allora uno lo sente e lo legge un Fazio così e uno si sente d’improvviso grillino, gli viene una gran voglia di “vaffare”: i contratti milionari baluardi contro l’invadenza dei politici in Rai? Ventimila lordi al mese allora e non un euro di più e, se non vi basta cari Fazi che siete tanti, pedalare.