Corona, liberatelo perché in carcere “non può gratificarsi con gli eccessi”

di Lucio Fero
Pubblicato il 23 Gennaio 2015 - 12:25 OLTRE 6 MESI FA
Fabrizio Corona

Fabrizio Corona

ROMA – La perizia del dottor Riccardo Pettorossi, presentata in Tribunale dagli avvocati Ivano Chiesa e Antonella Calcaterra difensori di Fabrizio Corona, dice molto della professione forense e moltissimo della cultura e dei valori che aleggiano intorno alla bilancia dei delitti e delle pene. Se Il Corriere della Sera a firma di Giuseppe Guastella riporta e sintetizza con correttezza, allora la lettura di perizia e correlata e conseguente istanza di uscita dal carcere per il detenuto Corona risulta fortemente istruttiva.

Vi si legge che Fabrizio Corona ha una personalità “narcistica” e “borderline” e fin qui bastavano le cronache a suffragare l’illustre e competente parere. “Il promo disturbo-il narcisismo-lo fa sentire superiore alle altre persone dalle quali ha bisogno di essere ammirato e per le quali non ha quasi alcuna sensibilità, il secondo-il borderline-gli fa provare emozioni eccessive e variabili.

Bene, racconta il Corriere della Sera che da queste ovvie e documentate premesse  lo specialista in psichiatria dell’Istituto di Medicina Legale di Milano (il dr. Pettorossi) e i due avvocati deducono che un siffatto Corona (siffatto per genetica e ambiente) “in cella non può gratificare se stesso con gli eccessi, la grandiosità e l’assenza di vincoli e controlli”. Da cui “disturbi d’ansia, attacchi di panico e depressione”. Per cui conclude il dottor Pettorossi: l’unica strada è”scollegare” Corona dal circuito carcerario, insomma mandarlo a casa.

Uno legge, un po’ stropiccia gli occhi per vedere se ha letto bene e poi rilegge: sì, ha letto giusto. Si chiede la scarcerazione di un detenuto notoriamente dedito “all’eccesso e abituato all’assenza di vincoli e controlli” in nome della incontrovertibile verità per cui in cella non sono consentiti “eccessi” e, guarda caso, ci sono anche “vincoli e controlli”. Insomma si dice che da detenuto Corona non può continuare a fare la vita che faceva prima e questo lo deprime. Quindi, con stretta logica, aprire le porte della cella.

Uno ci pensa un attimo e dice a se stesso: è come dire che un ladro in cella si deprime perché non può più rubare, un truffatore non può più truffare? Sì, è proprio come dire così. E che grazia, che tocco finale quello “scollegare” dal circuito carcerario. Uno, uno qualsiasi, non un professore e neanche un illustre avvocato, pensava che la detenzione limitata nel tempo per chi ha commesso reati servisse anche a “scollegarlo” per un po dalla società in modo che non potesse reiterare il danno. E invece no, se la carcerazione inibisce la tua personalità e per questo vai in depressione, allora devi uscire di cella.

Lettura molto istruttiva e principio da tenere a mente quello del diritto ad essere “scollegati” dal carcere se questo tarpa le ali alla tua personalità. Già si sapeva che non appena varcano la porta di un carcere tutti quelli con un buon reddito e un buon avvocato si scopre sono malati di malattie incompatibili con la detenzione. Ora si apprende che la cella è fastidiosa e nociva per la personalità.

Bene, una sola domanda, domanda da profano ignorante: non era più onesto e dignitoso chiedere per Corona i domiciliari in nome del fatto, probabilmente vero, della troppa galera comminatagli anche se troppi sono stati i suoi reiterati reati? Non era più vero, sì proprio vero, chiedere basta cella perché di cella Corona ne ha fatta e altri sei anni e otto mesi dietro le sbarre sembrano una dismisura rispetto alla durata di altre detenzioni per reati più “tosti” di quelli di Corona?

Ma noi non capiamo nulla di diritto. Però una cosa la avvertiamo precisamente: per tirare fuori dalla cella Corona è proprio necessario argomentare che truffa e spaccio di banconote false sono aspetti della personalità e avvalersi dell’urticante argomento per cui chi è dedito “all’eccesso e alla mancanza di vincoli e controlli” in cella non ci può stare per costituzione fisica e mentale? Qui il profano ignorante sente un’inconfondibile odore di presa per i fondelli, ai suoi danni e anche non poco a quelli della giustizia qualunque cosa essa sia nella realtà dei Tribunali.