Il fascista per sempre fratello delle SS. Storace: Bentivegna assassino

di Lucio Fero
Pubblicato il 4 Aprile 2012 - 15:33| Aggiornato il 17 Ottobre 2013 OLTRE 6 MESI FA
Francesco Storace (Lapresse)

ROMA – Un fascista è per sempre…”fratello dei camerati germanici” come era scritto sui manifesti murali ai tempi della guerra. Infatti a 68 anni dal 1944 Francesco Storace chiama “assassino” il partigiano Rosario Bentivegna che il 23 marzo di quell’anno, insime ad altri partigiani, uccise a Roma 33 militari del battaglione Bozen, altoatesini che avevano scelto la nazionalità tedesca e scelto anche di indossare l’uniforme delle SS, le squadre di sicurezza di Adolf Hitler. Rosario Bentivegna è morto a novanta anni e Francesco Storace, leader de La Destra, con piena coerenza di fascista per sempre fratello delle SS ha voluto far sapere: “Non è obbligatorio piangere se si stratta di un assassino, non verserò una lacrima”. Difficile che Bentivegna si aspettasse le lacrime di Storace, improbabile che le avrebbe gradite. Ovvio che Storace le sue lacrime le riservi per altri, magari per quegli italiani che al fianco delle SS combatterono.

E’ da 68 anni almeno che i fascisti italiani manifestano pubblico odio per il Gap, gruppo di azione partigiana, che operò in Via Rasella a Roma. Per tutto il dopoguerra alimentarono la favola, favola non priva di ascolto e successo, secondo la quale la rappresaglia nazista delle Fosse Ardeatine, 335 fucilati per vendetta, dieci ogni tedesco ucciso più 5 ammazzati per “abbondare”, non ci sarebbe stata se i partigiani si fossero auto denunciati e consegnati. Mai durante tutta la guerra e in tutta Europa i nazisti fermarono le loro vendette sulla popolazione civile a seguito di simili scambi, mai li chiesero, tanto meno a Roma nel 1944. Ai partigiani romani i fascisti italiani tentarono di accollare anche la morte di due civili in via Rasella a seguito dello scoppio della bomba nascosta in un carretto della spazzatura. Per i fascisti del 1944 e anche per quelli del 2012 i partigiani altro non erano e non sono che “banditi” in lotta armata contro la Repubblica di Salò e il Terzo Reich. Fino a che fu loro possibile i fascisti i “banditi” li rastrellarono, fucilarono, li appesero cadaveri sulla pubblica piazza con al collo il cartello “hanno sparato ai camerati germanici”. Quando non poterono più ucciderli, a guerra persa, i fascisti i partigiani hanno continuati ad odiarli. Perché erano e restavano la prova storica e vivente della loro sconfitta, militare ed umana.

Francesco Storace non è stato solo nel gridare “assassino” al defunto Bentivegna. Altrettanto hanno fatto i consiglieri Aubert, Casano e D’Alessandro del XVII municipio di Roma, difesi da Fabio Sabbatani Schiuma dell’esecutivo romano del Pdl. E al V municipio qualche fascista più “timido” ha accettato che vi fosse commemorazione di Bentivegna solo a patto di una “par condicio” dei defunti: omaggio contemporaneo al partigiano Bentivegna e al povero Giorgio Chinaglia calciatore della Lazio.

Familiari di vittime dei nazisti pregano alle Fosse Ardeatine (Lapresse)

Malgrado loro, malgrado i fascisti, l’Italia è un paese libero anche per loro, anche per i fascisti e il loro fascismo per sempre. Quindi il fascista Storace ha esercitato un suo diritto, il diritto di dirsi 68 anni dopo “fratello dei camerati germanici”. Tanto per ricordarlo a tutti, compresi i registi e il vasto pubblico di una relativamente recente revisione storiografica, quella di chi ha narrato i fascisti in armi come vittime e perseguitati. A giudicare dalla loro vitalità 68 anni dopo Via Rasella e 67 anni dopo il 25 aprile, non si direbbe.