“Garanti” fino al 2013 e anche dopo. Ma Napolitano e Monti si sbagliano

di Lucio Fero
Pubblicato il 12 Febbraio 2012 - 15:18 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “I partiti politici non rovesceranno il tavolo…”. Né la prossima settimana in Parlamento segando gamba a gamba il tavolino delle liberalizzazioni su cui il governo ha adagiato il suo decreto, e neanche nei prossimi mesi svitando o rifiutandosi di avvitare il tavolone della riforma del mercato e dei contratti di lavoro, articolo 18 compreso. E neanche dopo le elezioni amministrative di primavera faranno di calcolo a chi conviene e chi no cominciare a sbullonare il governo stesso. Parola e parole di Giorgio Napolitano che estende la sua “garanzia” a tutto il 2012 e a tutto quel che nel 2012 potrà accadere. Garanzia che il capo dello Stato imbusta e spedisce all’Europa, alla Merkel e soprattutto ai mercati finanziari.

“I governi politici che verranno dopo le elezioni del 2013 in Italia non torneranno indietro sulle riforme fatte dal mio governo…”. Parola e parole di Mario Monti pronunciate a risposta ad esplicita domanda dei governi stranieri e dei mercati internazionali. Se le troveranno già fatte quelle riforme e troveranno comodo e conveniente non smontarle, anzi approfondirle: questa la valutazione dell’attuale premier che estende ancor di più la “garanzia”, al 2013 e agli anni della prossima legislatura.

Napolitano e Monti garantiscono e si comprende perché lo fanno: la rinnovata fiducia nell’Italia, il suo “non essere la Grecia” è un dato di fatto nelle valutazioni internazionali. Ma non si estende al “non sarà mai la Grecia”, anzi il dubbio, se non la diffidenza, su cosa potrà avvenire subito prima, durante e subito dopo un’Italia “elettorale” sono diffusi e per nulla fugati. Quindi Napolitano e Monti “garantiscono” e non sono soli: con loro gran parte degli osservatori e commentatori politici italiani. Con discreto sostegno degli economisti, entrambe le categorie concordi nel sostenere che tanto brutta sarebbe l’alternativa, tanto carica di guai da poterla escludere dalle cose possibili.

Ma Napolitano e Monti si sbagliano o almeno vendono la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Garantiscono quel che non può essere garantito. Una crisi di governo in Italia nella primavera-estate 2012 è altamente improbabile, ma una reazione di rigetto del “montismo” nel corso dell’anno, reazione di rigetto politica e sociale, è nelle cose. Non assemblata, ma in formazione. Non scontata ma possibile. Ce ne sono tutti gli elementi, due su tutti.

Il primo: la fatica, l’enorme fatica della pubblica opinione a “cambiare modo di vivere”, non a caso la condizione posta dallo stesso Monti perché, ancora una volta parole sue, “le riforme non siano effimere”. Giusto o sbagliato che sia, l’84 per cento dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni preferisce un “lavoro sicuro anche se meno redditizio” e solo il 15 per cento opta per un “lavoro meno sicuro ma con più prospettive di reddito”. E tre giovani su quattro della stessa età bocciano la flessibilità, la flessibilità non la precarietà, come pericolosa e inquietante per il lavoro e per la vita stessa. I risultati del sondaggio di Renato Mannhemeir pubblicati sul Corriere della Sera sono comprensibili in un momento di ansia e incertezza sull’occupazione, sul reddito, sul risparmio. Ma il sondaggio del 2012 ricalca più o meno fedelmente i risultati dei sondaggi di altre stagioni sociali ed economiche. Come e più dei loro fratelli e sorelle maggiori e dei loro genitori i giovani italiani riflettono la voglia di stare fermi, la paura di cambiare, l’aspirazione a “rimbalzare” nel mondo che c’era. Il “modo di pensare” non cambia e la volontà, il desiderio sono quelli di adeguare il “modo di vivere” a quel pensiero, il pensiero di ieri, il pensiero di sempre.

Il secondo elemento, quello politico-elettorale. Non hanno voglia di una campagna elettorale qui e adesso né il Pdl né il Pd perché sanno che sarebbero costretti, se vogliono voti, a portare in campagna elettorale promesse e impegni in contrasto con quel che il governo bene o male sta facendo. Ma prima o poi campagna elettorale sarà e sarà percorsa da fremiti anti Merkel, anti Europa, anti “dittatura della finanza e del debito”. L’Italia non è la Grecia, “una faccia, una razza” è solo un mezzo proverbio. Però gli elettorati di tutti i paesi rispondono a logiche analoghe e non è solo “greca” la circostanza per cui il candidato a vincere le prossime elezioni greche è il partito di Nuova Democrazia, quello che ha truccato i conti, nascosto il deficit, mentito dichiarandolo al sei per cento mentre era al quindici, dilapidato i soldi delle Olimpiadi, consentito la più alta evasione fiscale del continente, arruolato 750mila dipendenti pubblici su undici milioni di abitanti.

Napolitano e Monti garantiscono, forse ci credono davvero, forse garantiscono solo perché è doveroso farlo e non potrebbero fare altrimenti. Se ci credono davvero, se sono davvero sicuri, allora si sbagliano. Se invece garantiscono la “merce Italia” solo perché ci sperano che non sia deperibile, allora fanno il loro mestiere. Ma è una garanzia certa e inossidabile a sei-nove mesi e comunque non valida per ogni evenienza, assicurazione con discrete zona di “franchigia” a carico dell’assicurato. Chi la prende come garanzia al cento per cento e valida per cinque anni non ha letto tutte le cifre e la cifra della realtà italiana, quindi si sbaglia.