Grecia. Draghi, Obama, Merkel, Tsipras: ciò che nascondono. Uno scheletro ognuno

di Lucio Fero
Pubblicato il 4 Febbraio 2015 - 13:27| Aggiornato il 21 Aprile 2020 OLTRE 6 MESI FA
Grecia. Draghi, Obama, Merkel, Tsipras: ciò che nascondono. Uno scheletro ognuno

Grecia. Draghi, Obama, Merkel, Tsipras: ciò che nascondono. Uno scheletro ognuno

ROMA – Si usa chiamarli con gergo noir “scheletri nell’armadio“: sono i peccati, le macchie che più o meno ciascuno ha e che tiene quindi ben chiusi appunto negli armadi. Solo che poi inevitabilmente qualcuno gli armadi li apre e gli scheletri, le indelebili tracce e residui di compiuti “delitti”, allora si vedono e fanno pure impressione.

Nella vicenda greca quasi tutti i protagonisti di scheletri nell’armadio ne hanno, eccome se ne hanno. Dispiace  per i tanti, tantissimi che amano la storia e la cronaca con i “buoni” di qua e i “cattivi” di là e vinca il più giusto. Nella realtà della storia, della cronaca e delle vicende umane raramente i “buoni” sono solo buoni e i “cattivi” solo cattivi. Ma appunto cronaca sia e non filosofia.

Bce, lo scheletro nell’armadio di Mario Draghi non è certo aver “affamato il popolo greco” come si racconta nelle piazze un po’ allucinate. La Bce alla Grecia ha prestato soldi a interessi molto bassi come riconosce anche il neo ministro delle Finanze Varoufakis, quello del “Non parlo più con la Troika”. Lo scheletro nell’armadio Bce sono gli interessi maturati sui quasi 28 miliardi di Titoli di Stato greci comprati da Francoforte tra il 2010 e il 2011. Comprando quei titoli la Bce salvava Atene dalla bancarotta. Ma poi ha realizzato anche una plusvalenza finanziaria. Come spiega Federico Fubini su La Repubblica, “aveva comprato spazzatura con rendimenti a doppia cifra”. E’ giusto, è soprattutto utile oggi che Bce tenga in cassa, insomma realizzi guadagno sul debito greco? Non sarebbe il caso di rimettere in circolo quelle somme, spalmarle sul tavolo della trattativa Grecia-Unione Europea come unguento e olio?

Lo scheletro nell’armadio ce l’ha anche Obama. Da Washington fa sapere e ammonisce: un paese debitore non si tira né per il collo né per la giacca, si aspetta che abbia risorse per pagare. Bene, ma perché Obama non lo dice anche al Fmi, di cui gli Usa sono i primi azionisti? Perché, spiega ancora Fubini, se Fmi non incassa ci rimette anche Tesoro Usa e questo piace poco, molto poco ai contribuenti americani, lo stesso poco, guarda caso, che piace ai contribuenti tedeschi se Atene non paga Bce o non ripaga gli altri Stati europei, Italia compresa, che hanno prestato e non poco alla Grecia (il 60% circa del 300 e passa miliardi di debito di Atene).

Lo scheletro nell’armadio di Angela Merkel sono le banche tedesche. Fosse saltata, fallita la Grecia nel 2010/2011 le banche tedesche ci avrebbero rimessi circa 45 miliardi. Aver prestato soldi a bassi interessi ad Atene ha consentito di non vedere quei 45 miliardi evaporare. Gentilmente la Merkel dovrebbe raccontarlo ai contribuenti tedeschi che hanno pagato, insieme ai contribuenti europei, per pagare non tanto e non solo i conti di Atene ma anche i conti correnti dei tedeschi nelle banche tedesche.

Lo scheletro nell’armadio di Tsipras è…la Grecia. Tsipras non ha mai ammesso ufficialmente che il governo e la classe dirigente del paese truccarono e truccavano i conti di bilancio e deficit. Tsipras non ha mai detto che la Pubblica Amministrazione greca è clientelare e inefficiente, che pagare le tasse in Grecia era un optional, in una parola che la Grecia di prima dell’austerità che affama era un paese corrotto, corroso e sbilenco. Tsipras non ha mai detto che alla Grecia di prima dell’austerità non si deve tornare perché è sbagliato e ingiusto. E non a caso non lo ha mai detto perché il suo scheletro nell’armadio consiste nella gran voglia di gran parte del suo elettorato di tornare a quella Grecia di prima. Infatti anche il governo greco dell’austerità, quello Samaras cacciato a suon di voti di riforme ne aveva un elenco di 14 e ne ha mancate 13. La Grecia vuole, il popolo greco vuole le riforme anche ammesso si allenti l’austerità? Rifiutare, svicolare questa domanda e relativa risposta è lo scheletro di Tsipras e Syriza.

Adesso tutti stanno trattando, Vanoufakis incontra Draghi e chiede in sostanza a Ue e Bce di aspettare giugno, aspettare continuando a finanziare e trattare su restituzione del debito lente o sine die. Ma il problema non è il debito, né per Atene né per Bruxelles. I tassi di interesse sui prestiti europei e Bce alla Grecia sono bassissimi e quasi inesistenti fino al 2023. Il problema è altro.

Anche ipotizzando un legame tra restituzione del debito e crescita del Pil greco, richiesta esplicita di Tsipras, la vera questione è: come si aumenta il Pil greco? Tsipras e Syriza da campagna elettorale hanno raccontato che il Pil si aumenta in deficit. Finanziando in deficit i connotati della economia, della società e del consenso in Grecia. Simmetricamente anche i più disposti, non fosse che per istinto di sopravvivenza, a tenere Grecia nell’euro e in Europa, anche quelli disposti di fatto a una moratoria del debito non sono però disposti a farsi raccontare la favola del deficit che si autorigenera per partenogenesi.

Alla Grecia si sta tentando di dire: e se pure ti congelassimo il debito, tu vuoi davvero riformare il tuo Stato, la tua Pubblica Amministrazione, il tuo fisco, i tuoi usi e costumi di spesa e gestione in modo da generare Pil o vuoi solo che sia il deficit, a rimborso debito bloccato, a generare Pil? Vuoi riassumere gli statali licenziati e tenerli come era prima, troppi, iper garantiti, organizzati in clientela e discretamente corrotti o vuoi riassumere quel che puoi e formarli e misurarli e pagarli i tuoi statali con criteri di efficienza, utilità, produttività?

Tsipras ha appena finito di dire: “Lavoriamo ad un accordo accettabile per tutti”. Può voler dire ancora tante, troppo cose. Alcune doverose, altre ottime, altre ancora inaccettabili e storte.