Imu incivile senza bollettino, tasse “piante” prima di pagarle

di Lucio Fero
Pubblicato il 18 Aprile 2012 - 14:16 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – In un paese civile dove la Pubblica Amministrazione non è congenitamente nemica del cittadino e del contribuente l’Imu si pagherebbe con un bollettino. Una striscia di carta, un bollettino che arriva a casa di ciascuno. Bollettino spedito dallo Stato o dal Comune, dall’Agenzia delle Entrate o dal Municipio. Spedito dalla Pubblica Amministrazione che incassa dopo che la Pubblica Amministrazione ha fatto la fatica minima e doverosa di calcolare, e quindi scrivere e stampare sul bollettino, quanto ciascuno deve. Sarebbe la condizione minima e doverosa in un paese civile, paese civile che non c’è e infatti non c’è neanche quel bollettino. L’Imu te la devi calcolare da solo oppure fartela calcolare, con relativo costo, dal commercialista. E se sbagli paghi anche sanzione.

Paghi cioè anche l’inadempienza, la sciatteria, l’incapacità e la pigrizia della Pubblica Amministrazione, dello Stato o del Comune che i soldi te le chiede. L’assenza di quel bollettino è autentico oltraggio civile al contribuente e la circostanza per cui nessuno o quasi rileva questa assenza è la prova di una generale assuefazione al peggio. Non risulta agli atti parlamentari nessun emendamento per l’introduzione obbligatoria di quel bollettino a domicilio, nessun partito ne ha fatto richiesta in nessun vertice o comizio. Nessuna opposizione sociale e politica, nemmeno la Cgil o Beppe Grillo, se lo sono fatto venire in mente. Trovi l’idea solo su un articolo del Corriere della Sera, in un post scriptum del testo firmato da Massimo Fracaro e Nicola Saldutti. L’ovvio, il doveroso, il minimo che lo Stato e i Comuni possano e debbano fare appare più o meno a tutti come sogno e chimera. Quel bollettino Imu che non c’è è l’indubitabile segno di un paese incivile.

Paese incivile che tratta in maniera incivile i suoi cittadini e contribuenti. Purtroppo però anche un paese isterico nei suoi comportamenti e lamenti. Sempre nello stesso articolo in prima pagina sul Corriere della Sera si legge che nessuno sa davvero e con precisione quanto dovrà pagare, non solo di Imu. Dovrà pagare, tutto declinato al futuro. Infatti l’Imu si paga a metà giugno, a metà settembre e a metà dicembre. Finora di Imu nessuno ha pagato un euro. La sovra tassa a carico di chi ha usufruito dello scudo fiscale si doveva pagare il 16 febbraio, pagamento slittato al 16 maggio e scivolato ancora al 16 luglio. Finora degli ex scudati nessuno ha pagato un euro. Come finora nessuno ha pagato un euro di tassa patrimoniale sui beni di lusso o sugli aerotaxi. E anche il conto in banca obbligatorio per i pensionati, il divieto di intascare la pensione in contanti sopra i mille euro, è slittato alla seconda metà dell’anno in corso. Gli unici che finora hanno pagato davvero tasse in più sono i pochissimi italiani, pensionati o pubblici dirigenti, che dichiarano redditi superiori agli 80mila euro annui, per loro l’aliquota Irpef più alta è salita dal 43 al 45 per cento. Qualcosa di più di tasse hanno pagato quelli che prima le tasse non le pagavano, gli evasori totali o parziali e certamente non tutti loro. Nessuno piange per i pensionati “d’oro” e non dovrebbero certo esserci lacrime da versare per i mezzi o tre quarti o totali evasori fiscali.

Eppure il paese, l’intero paese è tutto un lacrimatoio. Prima ancora di averle pagate le nuove tasse, che sono e restano tante, l’intero paese si comporta come se le avesse già pagate. L’intero paese chiede ed esige di essere alleviato e risarcito prima ancora di aver pagato, come se avesse già pagato. Avendo nella realtà già sborsato, sotto forma di un punto percentuale di aumento dell’Iva e di incremento delle accise sulla benzina circa cinque miliardi dei 60/70 complessivi da pagare come da “manovre” dei governi Berlusconi e Monti, l’intero paese grida: basta. E infatti fioriscono quelli che dicono: l’Imu una volta e basta (il Pdl). Oppure quelli che dicono: meno Iva e più tasse sui patrimoni (il Pd). Omettendo che le case sono il 60 per cento appunto dei patrimoni degli italiani. E tutti, proprio tutti, vogliono al più presto sgravi fiscali, sgravi da attuare rigorosamente senza toccare la spesa pubblica o toccando solo la spesa degli “altri”, mai la propria.

Non fa bene, è un segno malato di un paese malato questo lacrimatoio, questo teatro del pianto prima ancora di aver pagato. Dentro questo fiume di lacrime viaggiano tossine: l’idea che possa essere per poco tempo, che, questione di mesi, e poi le nuove tasse qualcuno le cancella, dissolve o almeno sminuzza. In un mondo dove si prestano a miliardi soldi alla Germania, dove si comprano a perdere e a rimetterci Bund tedeschi che rendono lo 0,14% per cento a fronte di una inflazione al due per cento, dove la paura che i soldi svaniscano portano appunto a farli diventare “tedeschi” per avere la sicurezza che non vadano in fumo, pagando di fatto di tasca proprio il Tesoro tedesco perché li custodisca, l’idea che un fiume, un’alluvione di lacrime si porti via le odiate tasse è “malattia” sociale prima ancora che finanziaria.

Non fa bene, è un segno malato di un paese malato questo lacrimatoio. In assoluta buona fede e in perfetta sintonia con il teatro delle lacrime il Censis annuncia che il valore delle case scenderà dal 20 al 50 per cento perché chi ha una seconda casa, di fronte al peso dell’Imu la venderà e forse svenderà. Imu sulla seconda casa, da duemila a quattromila euro annui di tassa su una casa che vale da 400 a 800mila euro. Quanti per non pagare duemila euro saranno indotti anzi costretti a vendere la casa che vale 400mila a 320mila o a 200mila euro? Quanti per non pagare quattromila euro saranno indotti anzi costretti a vendere la seconda casa che vale 800mila a 640mila o a 400mila? Quanti decideranno che vale la pena per risparmiare duemila di rimetterci 80mila e che sia un affare non pagare quattromila e rimetterci 160mila? Davvero la stragrande maggioranza delle famiglie italiane proprietarie di una seconda casa non può permettersi, pena la miseria, di pagare tremila euro di tasse l’anno e dovrà svendere la seconda casa? Davvero una tassa sulla casa deprime anzi abbatte il valore delle case? L’Ici c’è stata fino al 2008 e non risulta che nel decennio 1998/2008 il valore delle case sia diminuito, anzi è costantemente aumentato.

Ci piace piangere e non dopo aver sborsato, ci piace piangere addirittura prima di pagare. Piangere miseria anche dove miseria non c’è ma solo alta tassazione. Lacrime che non sono solo di giustificato dolore per il portafoglio, lacrime che sono il linguaggio di scena di un paese che, oltre e prima di non voler giustamente pagare il troppo, vuole pagare il nulla. Paese isterico trattato in maniera incivile dalla sua Pubblica Amministrazione, dal suo Stato, dai suoi Comuni, dal suo Fisco. La peggior combinazione possibile.