Irpef: zucchero prima della medicina, ma quando parte la maratona Monti?

di Lucio Fero
Pubblicato il 23 Novembre 2011 - 13:30 OLTRE 6 MESI FA

Mario Monti (Lapresse)

ROMA – La sorpresa: due miliardi e passa di tasse da pagare in meno. Almeno per qualche mese, da novembre 2011 a giugno 2012: il 17 per cento dello “Acconto Irpef” trasferito all’anno prossimo. Per Natale due miliardi e passa che restano, provvisoriamente, nelle famose tasche degli italiani. Lo zucchero prima della medicina, , un cucchiaino prima delle medicina tasse sulla casa, pensioni, tagli e forse patrimoniale. Zucchero a sorpresa, ma c’è un’altra cosa che comincia a sorprendere un po’: quando parte la maratona di Monti? “Maratona” l’ha chiamata Josè Manuel Barroso e Monti a Bruxelles assentiva soddisfatto di tanta pubblica comprensione europea. Maratona, disciplina per cui non si parte di scatto ma con passo lento e lungo. Ma era già più di una settimana fa e Monti l’aveva voluta chiamare “corsa”. Corsa o maratona che sia, il primo passo ritarda ancora.

Eppure c’era e c’è urgenza. Urgenza che è stata ed è la stessa ragion d’esistenza di un governo come quello di Monti. “Fate presto” è stato un titolo-manifesto del Sole 24 ore quotidiano della Confindustria. Fare presto è stata ed è la legittimazione vera, ultima e profonda del governo dei non politici. Ma presto ancora non si è fatto, il governo un po’ si specchia e un po’ fa tic-toc a centro campo e ancora non “tira in porta”. Ancora per qualche giorno, pochi, è questione di orologio. Poi può diventare, rischia di diventare, una questione insieme di metodo e sostanza.

Cosa sta aspettando Monti? Il completamento dei dossier sui conti? Le simulazioni sugli effetti delle leggi fiscali da varare? Il consenso dei partiti che lo votano in Parlamento? Per le prime due condizioni il tempo, un po’ di tempo era necessario. Ma, francamente, è scaduto. Per la terza condizione, aspettare il sì dei partiti e il consenso preventivo delle parti sociali, il tempo non c’è più e forse non c’è mai stato. Monti e suoi ministri stanno lì, sono loro governo e non altri proprio per non aspettare. Perché aspettare può essere una pessima idea.

Quel che il governo Monti è stato chiamato a fare è per definizione non solo immediatamente impopolare ma nel migliore dei casi a consenso ritardato. Verrà semmai poi il consenso, non ci può essere subito. Questo governo esiste perché i partiti politici e le parti sociali non erano in grado di fondersi  in alcun preventivo consenso. Se questo fosse stato possibile, perché allora un governo senza politici? E poi il consenso è una strana bestia: i sondaggi segnalano una disponibilità più o meno rassegnata e insieme speranzosa della pubblica opinione a pagare in cambio di un governo che fa.

Aspettare, anche solo qualche giorno in più, può diffondere il microscopico ma letale germe del “visto da vicino il diavolo non è poi così brutto”, parente del successivo “abbiamo scherzato”. Casa, pensioni, vendita patrimonio immobiliare pubblico, limiti ai pagamenti in contanti… Faccia subito il governo Monti, “tiri in porta”, non aspetti il permesso dell’arbitro e l’assenso dei guardalinee. Questi diranno sì solo se e dopo che abbia calciato subito e in fretta. Sia corsa o maratona, quello di Monti è comunque un cammino in bicicletta: se non pedala ogni giorno, proprio ogni giorno, casca.