Iva e benzina: se va male in Manovra maxi aumenti dal 2020

di Lucio Fero
Pubblicato il 21 Dicembre 2018 - 08:09 OLTRE 6 MESI FA
Iva e benzina: se va male in Manovra maxi aumenti dal 2020

Iva e benzina: se va male in Manovra maxi aumenti dal 2020

ROMA- Iva, imposta sul valore aggiunto, imposta sullo scambio di merci e servizi. La più evasa dagli italiani che la evadono più di tutti in Europa (l’Iva ce l’hanno tutti). Ogni governo italiano da circa un decennio vara le sue manovre di Bilancio a fine anno con una clausola-garanzia. Che suona più o meno così: se non ce la facciamo, se spendiamo troppo quest’anno, se incassiamo quest’anno meno del previsto, se l’economia non va come sperato, se insomma la manovra di Bilancio va male, allora l’anno prossimo aumentiamo l’Iva.

Lo faceva il governo Letta con dentro Forza Italia, lo faceva il governo Renzi, lo ha fatto il governo Gentiloni. Lo ha appena rifatto il governo Salvini-Di Maio-Conte. Uguale, proprio uguale. Anzi lo ha rifatto un po’ di più. I governi di prima avevano lasciato in pegno e in clausola-salvaguardia-garanzia una dozzina di miliardi di aumento dell’Iva per il 2020. Il governo M5S-Lega ha innalzato l’aumento dell’Iva a 23 miliardi nel 2020 e a circa 29 miliardi sia per il 2021 che il 2022.

Ha dovuto farlo il governo, altrimenti i conti della Manovra del popolo erano barzelletta. Nel 2020 e 2021 pensioni quota 100 e reddito cittadinanza non partono ad aprile, durano 12 mesi. E costano quindi miliardi in più. Almeno sei in più, se bastano. Nel 2020 i fantastici 18 miliardi di incassi da vendita patrimonio pubblico bisognerà metterli in cassa e non più solo su carta. Nel 2020 mandando più gente in pensione, tassando un po’ più le imprese e fornendo reddito assistenziale a milioni di persone l’economia dovrà farsi un bagno di salute secondo la teoria e la pratica di governo sovran-populista. Altrimenti, se va male, i conti oggi scritti sono una barzelletta. E quindi ci voleva la garanzia: se va male allora per Iva e accise (leggi benzina)  maxi aumenti dal 2020.

Sono scritti in manovra i maxi aumenti se va male. Non sono una stima avversa, è inchiostro del governo. Se va male, allora aliquota minima dell’Iva dal 10 al 13 per cento. Aliquota ordinaria dal 22 al 25/26 per cento.

I governi di prima, quando arrivava a scadenza la cambiale della clausola di salvaguardia, quando insomma dovevano davvero aumentare l’Iva poi non lo facevano mai. Ma il non aumento dell’Iva il sistema economico italiano lo pagava sotto forma di minor spesa pubblica per servizi e welfare. Ora il governo giallo verde in termini di spesa pubblica si è già speso tutto il possibile. Riusciranno i nostri eroi della Manovra che chiamano “espansiva” a non far pagare ad aziende e famiglie i 23 e poi i 29 miliardi in più di Iva e accise? 

Per ora in manovra fanno capolino alcune tasse, ultima in ordine di apparizione quella del 3 per cento sulle vendite on line. Fa più pop chiamarla web tax, ma è una tassa che si scaricherà su chi compra più che su chi vende sulle grandi piattaforme web. Poi forse c’è e forse no la tari nella bolletta elettrica. Di sicuro ci sono stati tra i 4 e i 6 miliardi di nuovo carico fiscale sul sistema del credito.

Piccoli e neanche tanto piccoli ma in fiondo assaggi di una rocciosa verità che neanche i maghi del volere del popolo riescono a scalfire: se spendi di più o sballi o tassi di più. Per ora il governo Salvini-Di Maio-Conte ha firmato pesanti cambiali. Ma al popolo non le sventola certo.