Lacrimogeni non sparati dal Ministero. Complotto! Dello Stato o del video?

di Lucio Fero
Pubblicato il 21 Novembre 2012 - 14:31 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La relazione dei Carabinieri che hanno indagato, i Carabinieri e non la stessa Polizia altrimenti era indagine su se stessi, dice che i lacrimogeni a Via Arenula a Roma il pomeriggio del 14 novembre non sono stati sparati dalle finestre del Ministero della Giustizia. Ripetere non e rileggere non. Non sono stati sparati da dove sembrava lo fossero stati in un video. Non sono stati sparati quindi a seguito di un agguato dei poliziotti agli studenti, poliziotti appostati come apaches sulle pareti dei canyons mentre sotto sfila l’inerme colonna…

Non è andata così dicono i Carabinieri, è andata come nei video si vede solo se guardi sapendo cosa guardare e hai competenza di balistica e di lacrimogeni. I Carabinieri hanno trovato, dicono, perfino, il punto di impatto del candelotto sulle mura esterne del Ministero, di qui il rimbalzo del candelotto che si divide in tre come da funzionamento standard del lacrimogeno, le tre scie che ai diffusori del video sono invece apparse come la prova dello “agguato di polizia”. Candelotto sparato dalla strada, anzi dal ponte dicono i Carabinieri e il ministro degli Interni archivia la questione: l’agguato di polizia non esiste e non è mai esistito.

Quindi deve esserci stato un complotto, anzi due o almeno uno dei due. O il complotto dei vertici della Polizia, d’accordo con la Cancellieri, d’intesa con i Carabinieri e che ha coinvolto tutti i dipendenti del Ministero di via Arenula interrogati che hanno mentito quando negavano fossero saliti quel giorno poliziotti a sparare candelotti dalle finestre…Coinvolte anche le telecamere del Ministero i cui nastri non registrano appostamenti, o meglio coinvolti altri, funzionari, agenti e tecnici, che hanno fatto sparire quei nastri o li hanno manomessi. E coinvolti pure ma non tanto i giornalisti al soldo del regime. Non tanto coinvolti però i giornalisti, infatti della relazione dei carabinieri è stata data notizia mille volte più bassa di quella più ghiotta dei “lacrimogeni sparati dal Ministero”. Comunque un complotto di Stato, solo così si spiega la relazione d’indagine che fa a pezzi il video e l’indignazione militante e civile che ha mobilitato.

Oppure un altro complotto può esserci stato, il complotto del video. Nel video non si vedono poliziotti “apaches” sulle colline. Ma è “sembrato” di vederli. E, si sa, ognuno in ottima fede vede soprattutto quel che vuole vedere. Manifestanti, studenti, qualche importante giornale in ottima fede voleva vedere quel che ha creduto di aver visto. Complotto involontario, perfino inconsapevole. Meno inconsapevole invece può essere stato il complotto sempre in atto, quella che possiamo chiamare la sopravvenuta sacralità, la religione del video e del web: inquadri qualcosa, lo metti in rete e quella “è” la realtà. Se poi la realtà non è quella deve esserci un complotto della realtà ai tuoi danni, oppure smetterla di inginocchiarsi dinanzi ad ogni video e twit come fossero realtà rivelata? Si può scegliere, la differenza è come sempre tra la ragione, faticosa, e la fede rasserenante.