“I nostri meno ladri del Pdl”. Roma, An, Caste e soldi pubblici: la banda dei 4

di Lucio Fero
Pubblicato il 4 Dicembre 2014 - 16:12 OLTRE 6 MESI FA
“I nostri meno ladri del Pdl”. Roma, An, Caste e soldi pubblici: la banda dei 4

Salvatore Buzzi

ROMA – Salvatore Buzzi, l’ufficiale pagatore, si lascia sfuggire al telefono una constatazione: “I nostri so’ meno ladri del Pdl, lo so io che pago tutti”. I “nostri” per Buzzi e Carminati sono quelli che i magistrati inquirenti chiamano i “mafiosi della capitale”. E poiché quella di Buzzi è appunto pura e semplice constatazione fatta con cognizione di causa, agli atti di questa devastante e avvilente storia si può tranquillamente trascrivere che “il Pdl” a Roma è stato “più ladro” del crimine organizzato.

Ma solo il Pdl? Pdl a Roma è stato certamente il partito di Berlusconi, insomma Forza Italia. Ma soprattutto il Pdl a Roma è stato An, Alleanza Nazionale. E Alleanza Nazionale era ciò che discendeva dal Msi. Insomma la destra, l’estrema destra, il neofascismo, i “fasci” come appunto a Roma usa dire. Bene, anzi male, molto male. Il gruppo dirigente e i militanti della destra romana costruiscono intorno a sé per quasi 50 anni l’alone dei “dannati” ed “esclusi”. Fuori dal potere e incorrotti dal potere: così si vogliono e si raccontano. Ma non era vero come dimostreranno i fatti. Quando con Alemanno e intorno ad Alemanno conquistano il potere a Roma, il Campidoglio (e quando ebbero in mano la Regione con Storace), i “camerati” che venivano dal Msi e da An danno vita, allevano e sfamano una bestia famelica. famelica, ingorda e mai sazia di denaro pubblico.

La destra romana dà una volta al potere la peggior prova possibile: sia i militanti diventati professionisti, sia i picchiatori diventati manager, sia i dirigenti diventati onorevoli, assessori o sindaci allestiscono quello che per Buzzi e Carminati, due di loro, due che se ne intendono, è “più ladro dei nostri…”. Non c’è epitaffio migliore per la misera ma non povera storia della destra romana: “più ladri di noi…”. Quando il giorno dell’elezione a sindaco di Alemanno riempirono la scalinata del campidoglio di braccia tese nel saluto romano molti potevano temere, dubitare della loro tenuta democratica, si poteva pensare fosse quello il pericolo. Sbagliato: più che le braccia erano le mani ad essere tese. Pronte ad arraffare denaro pubblico. Era assedio e sarà poi saccheggio della cassa pubblica e non della democrazia o di chissà che. Saranno i camerati capaci di mangiare anche sugli immigrati, oltre che sui bus, sui rifiuti, sui parchi, sulle mense. Msi, An: il primo della banda dei quattro che saccheggiò Roma, o meglio che saccheggiò la pubblica cassa di Roma.

Il secondo membro della banda è…Roma stessa. La sua indolenza civile, la sua crescente volgarità civica. I “più ladri di tutti” non solo sono stati entusiasticamente votati da centinaia di migliaia di elettori, questo potrebbe anche essere l’ineliminabile errore di un momento, l’elettore potrebbe sempre accampare di essere stato tratto in inganno. Ma non di solo voto si tratta, si tratta di osmosi, condivisione, fusione. La società “civile”, gli imprenditori, i professionisti, gli impiegati, i dipendenti, i lavoratori autonomi…tutti per decenni attenti, svegli e pronti a fare cordata, clientela e famiglia e catena con i politici “più ladri di noi…” e, all’occorrenza, anche con quei “noi”. Quei “noi”, quella cupola criminale degli appalti che non è che fosse ignota e barricata in grotta. Stava sui giornali, andava ai convegni e alle feste, ostentava cariche pubbliche e pubblici poteri. Pura e semplice ipocrisia stupire oggi di indagini e rivelazioni.

Il terzo membro della banda sono le Caste cittadine e del “territorio”. Prima tra tutte e peggio di tutte la casta degli amministratori e politici locali. Quelli del Pd, il Pd ampiamente compreso. Pilotare, indirizzare, dirottare appalti e soldi pubblici è considerato da gran parte del ceto politico locale come naturale e inevitabile, preziosa e sacra missione. Sotto le spesso mentite spoglie della “spesa sociale”, con l’alibi del lavoro da procurare alle cooperative di cittadini, anche il Pd c’è stato, eccome se c’è stato. Ha ragione il grillino Di Battista quando dice che andrebbe “spezzato il ricatto del voto di scambio”. Solo che non è più nella coscienza collettiva un “ricatto”. Il voto di scambio la gente lo concepisce e vive come una opportunità. E quando l’opportunità sfuma magari vota M5S o Lega. Di questa forse irreversibile degenerazione etica, culturale, sociale in fondo anche umana è responsabile la retorica del Pd sulla spesa sociale sempre e comunque santa e la pratica del Pd, in concorso con l’intero ceto politico, del maneggio, fabbricazione e spaccio di soldi pubblici.

Il quarto e ultimo membro della banda è infine appunto il soldo pubblico. Appunto fabbricato e spacciato come fosse risorsa naturale ed inesauribile. Oggi il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, annuncia “indagine sugli appalti”. Sui grandi e piccoli appalti della capitale. Indagine per scoprire chi rubava, chi “ricaricava”, chi arraffava. Ma fino a che l’indagine non si spingerà a chi sprecava risorse, distribuiva contributi, comprava lavoro fittizio, fino a che illecito non dal punto di vista penale ma certamente dal punto di vista politico non sarà considerato la caccia e lo spaccio del denaro pubblico vissuto come selvaggina e stupefacente…Fino ad allora la banda dei quattro non si scioglierà.

Perché denaro pubblico come selvaggina e droga, caste che di denaro pubblico campano, politici che denaro pubblico rubano, funzionari che denaro pubblico deviano e sprecano, partiti che di denaro pubblico si ingozzano e lordano sono inscindibili. Sono la banda dei quattro e troveranno sempre una mala, una mafia, una cupola pronta ad ingaggiarli, arruolarli e pagarli. Magari poi per constatare: “I nostri, meno ladri di questi”.