Magistratura silura Sala e Raggi. Corruzione il sindaco d’Italia

di Lucio Fero
Pubblicato il 16 Dicembre 2016 - 10:05 OLTRE 6 MESI FA
Magistratura silura Sala e Raggi. Corruzione il sindaco d'Italia

Magistratura silura Sala e Raggi. Corruzione il sindaco d’Italia (foto Ansa)

ROMA – Magistratura si è mossa contro i sindaci di Milano e Roma. Giuseppe Sala risulta tra gli indagati per irregolarità nell’assegnazione degli appalti per la “piastra” dell’Expo. Da quel che si intuisce dall’indagine ancora in corso gli si addebita di aver avallato, in nome delle fretta a chiudere, procedure appunto sbrigative e non a norma.

Non c’è al momento traccia di tangenti o utilità personale per il sindaco ed ex Commissario Expo. Ma la posizione di Sala è scomoda perché riguardo al suo coinvolgimento la Magistratura ci ha pensato e ripensato e, dopo lungo pensare, ha deciso che sì, lui andava indagato. Quindi chi indaga non lo fa per atto formale o atto dovuto, lo fa perché vede reato, e lo dice pure di vederlo.

Ancora più pesante dal punto di vista politico e di immagine (ma anche di sostanza) è la posizione di Virginia Raggi sindaca di Roma. Nessuna indagine direttamente a suo carico. Per ora. E anche qui nessuna tangente o utilità personale per la sindaca (Sala e Raggi nessuno li accusa neanche lontanamente di aver preso soldi e sarebbe difficile credere ad un’accusa del genere in entrambi i casi). Però hanno arrestato per corruzione Raffaele Marra.

E chi è Raffaele Marra? Non certo solo il capo del personale del Campidoglio, carica schermo che attualmente ricopre. Marra non è segretario generale del Comune, carica a cui la Raggi lo aveva destinato, solo formalmente. Di fatto lo è. Proprio perché faceva tutto Marra la Raineri si dimise. Proprio perché comandava e comanda Marra altri “ministri” della Raggi, pur col timbro Casaleggio, se ne andarono.

E Marra è uno degli anelli di congiunzione della biografia della Raggi stessa. Marra è ai tempi Alemanno. E vicini ad Alemanno gli studi legali della prima formazione professionale della Raggi e le società che alla Raggi affidavano i primi incarichi. Altro anello di congiunzione con il mondo della destra romana la stessa Ama, o meglio il suo vertice, e, seguendo questa traccia, si arriva all’altra indagata, la Muraro.

Raggi, Marra, Muraro formano apertamente un gruppo stretto, unito e compatto talvolta impenetrabile anche allo stesso M5S romano e tra il gruppo dei tre e M5S della capitale non sono mancati scontri duri, soffocati da Grillo in persona. Grillo che ieri prima dell’arresto di Marra, di fronte alla perquisizione del Campidoglio, liquidava il tutto con un secco e quasi disperato “Tutte bufale”.

Dirà lo stesso di fronte a Marra arrestato per corruzione insieme a “palazzinari” romani? L’uomo di fiducia della Raggi che trafficava in case da prendere a prezzi stracciati, un classico della “casta” romana, come si spiega alla gente di M5S che è una “bufala”? Per spiegarlo occorrerebbe dire quello che sta accadendo a M5S da quando ha vinto le elezioni a Roma.

E’ accaduto che di tutto e di più è salito sul carro del vincitore. Di tutto, anzi soprattutto quello di sempre. Ed M5S versione Campidoglio Raggi ha accolto, eccome se ha accolto. E premiato: i Salvatore Romeo che da impiegato si “buttano in politica” e moltiplicano lo stipendio non sono solo uno, sono pattuglia e poi plotone. Sono le nomine (e gli stipendi) che la Magistratura ha messo sotto inchiesta. E prima ancora di sapere se c’è reato o no, di certo c’è malcostume: come quelli di prima assumono in campidoglio, guarda caso, “girandola di parenti, amici, cognati, mogli, fidanzate (Massimo Gramellini La Stampa)”. Ultimo caso Alessandra Manzin.

Dunque a Roma si spiega con la “società incivile” che si maschera e si fa grillina per salire sul carro portando con sè una corruzione praticamente endemica. E con una sindaca incapace di distinguere e molto, troppo intenta a crearsi un gruppo di comando di personale affidabilità pescando, purtroppo per lei, in quelli che conosceva meglio: i ragazzi cresciuti della destra, quelli che con Alemanno sindaco avevano fatto festa.

E a Milano si spiega non solo con la giusta fretta di realizzare in tempo le strutture di Expo. Si spiega con l’assoluta permeabilità da parte della corruzione di ogni appalto e spesa pubblica. Per cui chiunque e comunque mette mano a deliberazioni di spesa pubblica di fatto sempre e comunque entra in contatto con la corruzione.

Infine la Magistratura che silura sia il sindaco di Milano che quello di Roma. Silura, quasi affonda. Magistratura che fa il suo mestiere che è quello di indagare. E, quali che ne saranno le conclusioni, sia a Milano che a Roma materia di indagine c’è. Magistratura che non è responsabile delle conseguenze politiche dei suoi atti. Ma una domanda, gigantesca, politica e sociale, resta sospesa: è la corruzione il vero sindaco d’Italia?

Stamane La Repubblica pubblica indagine che scopre l’ovvio, il titolo è: “Corruzione, Comuni e Regioni sono l’habitat dei predatori”. Non c’è dubbio, i governi e le assemblee locali sono i maggiori centri di spesa e i più irresponsabili nella spesa. E non c’è dubbio che il ceto politico a livello locale sia, diciamo così, molto permeabile alla corruzione. E, a dirla tutta, anche la società civile (?) organizzata in gruppi questuanti denaro pubblica dà una mano alla corruzione e sa chiudere occhi e orecchie quando il soldo pubblico arriva sul suo “territorio”.

Se ne deve dedurre che l’attività stessa dell’amministrare la cosa pubblica è “criminogena”, cioè genera crimine? I magistrati fanno i magistrati e giustamente dicono di fermarsi lì. Ma fanno un po’ anche i Ponzio Pilato quando aprono indagini e poi le riaprono e poi le tengono aperte senza sentire l’obbligo sociale e civile di chiuderle in gran fretta quando si tratta di governo della cosa pubblica. Non possono non rendersi conto che rendere legittima la domanda se amministrare la cosa pubblica sia di per sé criminogeno demolisce, tiene in scacco la res pubblica, la stessa Repubblica italiana rispettivamente nelle fondamenta e istituzioni. A meno che non vi sia nella Magistratura un certo qual compiacimento professionale e una qualche concepita missione civile nel praticare quello scacco.